PORRETTA TERME (Bo). Chiesa di Santa Maria Maddalena, tela con Sant’Antonio abate di Pietro Maria Massari

La storia ultramillenaria della stazione termale di Porretta è vastissima e molto articolata. Per quanto riguarda l’epoca antica la maggior parte delle informazioni si desume indirettamente da scritti e resoconti di studiosi che nei secoli precedenti si sono occupati del problema.
Abbiamo però anche una fonte diretta a testimonianza dell’esistenza di sorgenti termali almeno dall’età romana: si tratta del famoso mascherone raffigurante il volto di un leone, oggi simbolo delle Terme di Porretta. Questa effigie di marmo recuperata nel 1888 lungo il greto del Rio Maggiore viene fatta risalire al primo secolo della nostra era.


Le terme erano frequentate da un pubblico scelto, rappresentato dalla classe dirigente dell’epoca, la società borghese che vedeva nella cittadina termale, oltre a un’occasione di cura, anche un luogo di svago e villeggiatura. Per i Bagni della Porretta questo secolo rappresentò l’apice, con un afflusso di bagnanti mai realizzatosi nel passato.
L’Ottocento coincise con un periodo di grande sviluppo delle terme e di Porretta stessa, determinato, e a sua volta determinante per una serie di fenomeni: costruzione di nuove strade, ferrovie, nuovi stabilimenti, accresciuta collaborazione con la Facoltà di Medicina dell’Università di Bologna …
La parte più antica di Porretta è quella disposta parallelamente al corso del Rio Maggiore, che risulta l’elemento urbanisticamente più rilevante nella formazione dell’antico nucleo porrettano.
L’espansione dell’abitato lungo l’asse fluviale del Reno iniziò nella seconda metà del secolo scorso, dopo l’apertura della strada provinciale porrettana. Fanno invece parte della zona più antica del paese le caratteristiche Via Falcone, Via Ranuzzi (con il bel voltone del Crocefisso) e Via Terme, che hanno mantenuto quasi integralmente il loro aspetto di un tempo.

La Chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena, di stile neoclassico, è di notevole ampiezza: poco più di 12 metri di larghezza e 43 di lunghezza.
L’edificio, posto in luogo elevato, ben visibile, che quasi domina Porretta dall’alto, è costruito sui ruderi di un antico fortilizio. Fu edificato in pietra su pianta a croce latina ad una sola navata, negli anni che vanno dal 1600 al 1690, ad opera degli architetti bolognesi Giuseppe Antonio Torri e Giuseppe Borelli.
La facciata è semplicemente monocuspidata e priva di ornamenti.
Fra le cose più interessanti e di maggior pregio ricordiamo inoltre: sul terzo altare a destra un crocifisso ligneo del 1630 scolpito da Fra Innocenzo da Petralia Soprana; sul quarto altare a destra un dipinto di S. Anna con Maria bambina, attribuito ad Alessandro Guadassoni, buon pittore bolognese dell’Ottocento; la pala dell’altare maggiore “NOLI ME TANGERE” di Dionigio Calvaert, il maestro di Guido Reni;
sopra la cantoria di sinistra un dipinto di S. Antonio abate del 1589, opera di Pier Maria Massari il Porrettano, ed una Madonna con Santi da attribuirsi al Tiarini.

 

Note storiche:
Pietro Maria Massari, detto il Porretano perché originario di Porretta Terme, le cui poche opere costituiscono la vera sorpresa per chi visita queste zone.
Le scarse notizie storiografiche relative a Pietro Maria, che non risulta esser stato parente del più noto pittore bolognese Lucio Massari – e neppure di un Mario d’Antonio Maria Massari (o Massai), immatricolato all’Accademia fiorentina del Disegno sullo scorcio del Cinquecento – sono contenute in poche righe della Bologna perlustrata di Antonio Masini, edita nel 1666, e furono riprese, in modo più o meno pedissequo ma senza ulteriori aggiunte, dagli storiografi successivi, quali ad esempio Carlo Cesare Malvasia, Marcello Oretti, Luigi Lanzi, ed altri.

Il Masini disse che l’artista era stato allievo del Carracci ed era morto in giovane età, e gli attribuì due opere, entrambe conservate nella parrocchiale di Santa Maria Maddalena a Porretta Terme: una Presentazione della Vergine al Tempio e un Sant’Antonio abate, del quale precisò che la data di esecuzione all’anno 1600 senza però giustificare il motivo dell’asserzione, e che da ulteriori indagini risulta, come vedremo, eseguito in un momento diverso.
Il quadro è stato ritenuto eseguito nel 1600, mentre rivela invece la sua vera datazione scritta alla rovescia sul libro in primo piano , seguita probabilmente quel che resta di una firma. Attualmente il dipinto si trova in sacrestia, poiché nel corso del Novecento, l’altare della cappella di Sant’Antonio Abate aveva un aspetto assai ricco e comprendeva anche una nicchia ospitante una statua di San Rocco; venne rifatto e vi fu esposto un altro quadro.
Unitamente alla Presentazione, i due dipinti rivelano una personalità artistica già perfettamente formata e matura, dotata di uno stile pittorico fortemente chiaroscurato, di piena caratterizzazione accademica, sebbene propensa talvolta ad accensioni cromatiche ancora di stampo manieristico e ad aperture di suggestiva impronta naturalistica, ad esempio nella splendida ambientazione paesaggistica del Sant’Antonio abate.

 

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 30/07/2012


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