APRICALE (Im). Chiesa di Sant’Antonio abate e Oratorio di San Bartolomeo con tavola dipinta raffigurante sant’Antonio abate

Le origini di Apricale si perdono nella notte dei tempi come testimonia il ritrovamento di tumuli sepolcrali con riferimenti religiosi risalenti al periodo mesolitico (5500 a.C.) rinvenuti in località ” Cian de u Re ” e poco lontano con le “Carsete d’Arnadun”.
La presenza di manufatti dall’età del bronzo sino all’epoca romana scoperti in tutta la zona stanno a significare come il territorio fosse molto frequentato probabilmente per il clima mite e per la presenza di cacciagione abbondante.
Il nome sembrerebbe derivare dal latino “apricus” cioè esposto al sole. C’è da dire che, sempre pensando al latino, “apri callis” si potrebbe tradurre “sentiero di cinghiale” e la zona di Apricale è molto frequentata da questi animali. Comunque la prima citazione storica ritrovata su un documento del 1092 parla di Avrigallus.
Nino Lamboglia, fondatore dell’Istituto di Studi Liguri ha sostenuto che dal toponimo “Ento”, presente nel territorio come primo insediamento di una comunità religiosa con la chiesa (forse convento benedettino) di San Pietro in Ento, derivi dal nome dei Liguri Intemeli fondatori di Albium Intemelium, l’attuale Ventimiglia.
Il borgo che conserva ancora la sua struttura medioevale fu eretto a partire dal IX secolo intorno al Castello dei Conti di Ventimiglia e dal 1270 in poi appartenne ai Doria di Dolceacqua.
I suoi statuti comunali risalgono al 1267 come prima stesura e risultano fra i più antichi della Liguria, oggetto di studio per molti storici ed appassionati.
Essi proverebbero come i Conti di Ventimiglia e poi i Doria concedessero una certa autonomia comunale agli abitanti del borgo permettendo l’elezione di consoli e l’emanazione di leggi. I “capitula” in un misto di diritto romano e longobardo regolavano la vita quotidiana e dovevano essere osservati da tutti con differenze nelle pene tra gli abitanti e i forestieri. Si tratta di una conquista eccezionale per l’epoca ed Apricale è il primo paese della Liguria occidentale a raggiungerla.
Nei secoli successivi il borgo segue le vicissitudini del feudo di Dolceacqua negli alti e bassi e nelle lotte anche fratricide che la potente famiglia genovese dei Doria ebbe con i nemici di turno. Di particolare rilievo storico è la dominazione, durata solo qualche anno, dei Grimaldi di Monaco.
Si era in un periodo di relativo benessere agli inizi del XVI secolo quando Bartolomeo Doria, figlio di Enrichetto, pensò di potersi impossessare del territorio monegasco uccidendo il proprio zio, fratello di sua madre, Luciano Grimaldi, signore del luogo. La partecipazione complice di Andrea Doria che, con la sua potente flotta, stava davanti al porto, dà all’avvenimento un’importanza notevole.
Ma, quando il 22 agosto 1523 Bartolomeo uccide lo zio a pugnalate, i genovesi non intervengono e l’assassinio non ottiene i risultati sperati, anzi la vendetta di Agostino Grimaldi, fratello dell’ucciso e vescovo di Grasse è terribile.
Egli invade tutto il territorio e cinge d’assedio Apricale e il suo castello dove si è rifugiato Bartolomeo per la sua posizione strategica quale ultimo baluardo difensivo. Le operazioni militari si protraggono e gli abitanti ne subiscono le conseguenze. Alla fine si trovano con il castello ed il borgo distrutti e con l’onere di rimediare con gabelle e diritti feudali nei confronti dei Grimaldi. L’abilità politica del grande ammiraglio genovese rimette però le cose a posto in poco tempo e i Doria ritornano sui loro territori con un personaggio come Stefano, cresciuto alla corte di Carlo V e compagno d’armi di Emanuele Filiberto che sposando Apollonia Grimaldi ristabilirà la pace tra le famiglie. E’ di questo periodo l’inizio dell’influenza sabauda sul Marchesato e la sua contrapposizione a Genova che con alterne vicende durerà sino alla Rivoluzione Francese.
Nonostante le guerre, le carestie, le invasioni, i morbi, le pestilenze che decimavano la popolazione, Apricale, forse anche per la sua posizione geografica, arriva con una popolazione abbastanza omogenea al periodo giacobino che, con l’obbligo del servizio militare che privava la terra di braccia giovanili nel duro lavoro dei campi e nella pastorizia, portò estrema povertà…

La chiesa di S. Maria degli Angeli all’inizio del paese presenta affreschi che risalgono al XV sec. e che coprono le pareti e la volta; da studiare anche da un punto di vista iconografico.

 


 

La chiesa intitolata a Sant’Antonio abate è sita presso il cimitero, Via C. Benso conte di Cavour, 60,  https://maps.app.goo.gl/wEY92wvrg9wiCk7AA.
Conserva l’abside che risale al XIII secolo; l’affresco absidale che rappresenta il Cristo nella “mandorla mistica” e gli Evangelisti e interessanti quadri probabilmente settecenteschi posti alle pareti laterali.

 

 


Nell’oratorio dedicato a San Bartolomeo (Via San Bartolomeo, 1, sopra la fontana) sono presenti due opere molto interessanti: una tavola dipinta ad olio raffigurante S. Antonio abate di buona scuola pittorica risalente al XVI sec. (immagine in alto) ed un polittico datato 1544 raffigurante la Madonna della Neve (contitolare della cappella) con ai lati S. Bartolomeo e S. Lorenzo.

 

 

Fonti: Comune di Apricale

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant%27Antonio_(Apricale)

https://leterredelponenteligure.it/it/cultura/itinerari-culturali/62-itinerario-culturale-n-11/149-apricale.html


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