SEZZADIO (Al). Chiesa di Santo Stefano di Sezzè o Santa Maria di Banno di Sezzè, due affreschi con sant’Antonio abate

Chiesa del cimitero, fuori il paese.

Fra le prime attestazioni dell’esistenza della chiesa, particolarmente significativa è la Bolla di Innocenzo III, datata 16 giugno 1135, in cui Santo Stefano di Sezzadio viene annoverata fra i possessi del monastero di Santo Stefano di Genova.
Tale possesso viene riconfermato dalle bolle successive di Eugenio III (18 agosto 1145), Urbano III (4 febbraio 1180) e Celestino III (13 febbraio 1193).
– 3 gennaio 1235 – Con duplice atto, vengono effettuate la donazione della chiesa e la vendita della grangia alle monache cistercensi di Santa Maria di Banno di Tagliolo, di cui è badessa Giacoma Canefri.
– 16 aprile 1244 – Approvazione vescovile della vendita e autorizzazione alle monache a prendere possesso del monastero. Da allora, Santo Stefano di Sezzè cambia nome in Santa Maria di Banno di Sezzè.
– 24 luglio 1469 – Le Monache, delle  quali all’epoca è badessa Brigida di Coronata, si trasferiscono da Tagliolo a Sezzadio e provvedono a far affrescare la chiesa.
– 25 agosto 1512 – Il monastero passa dalle monache cistercensi alla congregazione lateranense dell’ordine di Sant’Agostino.
– 22 maggio 1517 – Il monastero viene ceduto ai canonici lateranensi del convento di Santa Maria di Castello di Alessandria.
– 15 luglio 1649 – Il monastero ritorna alla congregazione lateranense dell’ordine di Sant’Agostino, che provvede ad assegnarla al convento di San Teodoro di Genova.
– Fine del XVIII secolo – L’antica chiesa di Santo Stefano per le leggi napoleoniche viene incamerato dalla civica amministrazione del Demanio, come bene pubblico.
– 1817 – La chiesa passa al Comune di Sezzadio, e diviene cappella del cimitero che il Comune stesso ha realizzato nell’orto annesso all’edificio sacro. Nell’orto hanno sepoltura i sezzadiesi, mentre in un sotterraneo della chiesa viene riservato il posto per la sepoltura dei sacerdoti.
– 1863 – La tenuta di Santo Stefano, con i suoi beni, ammontanti a 139 ettari, 68 are e 78 centiare, viene posto all’asta dal Regio Demanio e passa alla famiglia Frascara assieme a Santa Giustina.
– Anni Trenta del ‘900 – La chiesa di Santo Stefano, con annessi fabbricati viene ceduta al sezzadiese Angeleri Paolo, capomastro.
– 9 dicembre 1988 – Con atto di donazione, Alessandro Angeleri, figlio di Paolo, dona al Comune di Sezzadio la chiesa di Santo Stefano e il relativo cortiletto
– Anni Novanta – Primi restauri sull’edificio sacro: un primo intervento viene gestito direttamente dalla Soprintendenza, un secondo è coordinato dal Comune. Entrambi gli interventi, si legge in una nota scritta del sindaco dell’epoca Giuseppe Ricci (primo cittadino del paese dalla metà degli anni Ottanta fino al 2004) vengono eseguiti al fine del recupero dell’edificio alla celebrazione liturgica.
La storia recente
Nel riassunto dei fatti possiamo partire proprio dalla decisione del sindaco, Giuseppe Ricci (lo stesso che aveva accolto la donazione della chiesa e che era alla guida del paese negli anni dei primi due interventi di restauro), e del suo vice Giovanni Battista Sardi (a sua volta sindaco dal 2004 al 2009), di procedere con il recupero della chiesa, in parte grazie a contributi richiesti alla Soprintendenza regionale, in parte con spese di Amministrazione comunale.
In nuove elezioni locali, il testimone di sindaco passa nelle mani di Giovanni Battista Sardi che, tra fine 2007 e inizio 2008, decide «di destinare alcune antiche pietre, di proprietà del Comune e da tempo inutilizzate, alla costruzione di un altare da collocare in Santo Stefano».
«La nostra intenzione, e non è un mistero, era quella di riaprire la chiesa al culto, con il benestare del Parroco e Vescovo. Ne avevamo anche parlato con lui, in occasione della sua visita pastorale del dicembre 2004, incontrando da parte sua un vivo apprezzamento», spiega Sardi, e il racconto da lui fornito circa le pietre destinate a diventare il nuovo altare trovano conferma da parte di Ireneo Pagella, un sezzadiese che ricorda di essersi «recato di persona, insieme a Sergio Garrone, proprio ad Incisa, per prendere visione del lavoro. Grazie alla collaborazione di Ugo Tonello, titolare di una ditta di movimento terra, le pietre ormai levigate furono riportate a Sezzadio e poste nella chiesa per venire poi benedette dal Vescovo».
Della chiesa ormai restaurata prende visione, nel maggio 2009, anche il parroco, don Luciano Cavatore, che ricorda: «Chiamato dal sindaco Sardi, mi recai in Santo Stefano, per osservare i progressi compiuti. Devo dire che rimasi favorevolmente impressionato ed espressi un notevole apprezzamento proprio per l’altare, che rispondeva pienamente alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II. In quell’occasione, il Sindaco mi chiese cosa servisse per far sì che la chiesa potesse nuovamente essere utilizzata per celebrare messa».
L’allestimento, peraltro, doveva già essere a buon punto, visto che già all’inizio del 2009 si era provveduto all’acquisto di 22 sedie e un ambone il leggio per le letture e le prediche. Si noti che, secondo la liturgia rinnovata, gli spazi celebrativi necessari per la celebrazione sono l’altare, l’ambone e la sede, ovvero il luogo da cui il sacerdote presiede l’assemblea.
Il 7 giugno 2009, il colpo di scena: il sindaco Sardi perde le elezioni, vinte dall’attuale primo cittadino Pier Luigi Arnera; il cambio di amministrazione porta con sé un drastico cambiamento nelle scelte relative alla destinazione della chiesa di Santo Stefano, fino ai fatti delle ultime settimane.

Affreschi.
La maggior parte degli affreschi è databile tra il 1469 e il 1483, tra essi quello in cui è raffigurato sant’Antonio abate con sant’Apollonia, subito a sinistra entrando nell’edificio.

Invece l’affresco che segue sulla stessa parete (dopo un Santo a cavallo e san Sebastiano) è un sant’Antonio abate con san  Defendente, che risale alle soglie del Cinquecento.

 

Bibliografia:
 – F. GASPARDO, Memorie storiche di Sezzé Alessandrino: l’abbazia di S. Giustina, il monastero di S. Stefano o S. Maria di Banno, I, Alessandria 1912, pp. 203-305;
– E. PODESTÀ, Il monastero di S. Maria di Banno, in “Novi Nostra”, XXIV (1984), pp. 83-98;
L. TACCHELLA, Insediamenti monastici delle Valli Scrivia, Borbera, Lemme, Orba e Stura, Novi Ligure 1985, pp. 68-70.

Note: Si attende la conclusione di questa lunga vicenda.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 30/06/2012 – aggiorn. 14  dicembre 2021


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Regione Piemonte