EXILLES (TO), fraz. Cels, borgata Ruinas. Cappella di S. Antonio abate e S. Antonio di Padova

 

Exilles (altitudine m 880), che dista  circa 6 chilometri da Chiomonte, è situata ai piedi dell’imponente forte, ora sede museale.
Per raggiungere Ruinas (altitudine m 950 circa), all’altezza del forte di Exilles  occorre abbandonare la statale del Monginevro e svoltare a destra su di una strada (indicazione Cels), che in poche centinaia di metri conduce all’inizio della frazione Cels; seguendo una deviazione sulla destra, in breve si giunge alla borgata Ruinas.

La cappella è situata in una piazzetta al centro dell’abitato. Frazione Cels Ruinas, 34.  https://goo.gl/maps/GHvirKAG7KETnBre9 

 

La cappella, coperta con lose, ha una porta con cornici lapidee sormontata da una piccola apertura, e una cella campanaria sul lato sinistro del tetto.
L’interno ha una sola navata; a destra dell’ingresso è collocata un’acquasantiera,  parzialmente inglobata dentro la parete.

Ai lati dell’altare si trovano a sinistra una statua di S. Antonio Abate, e a destra, dentro una nicchia, una statua di S. Antonio da Padova. Il quadro sull’altare rappresenta in alto la Madonna con il Bambino circondata da angeli, in basso a sinistra S. Rocco, al centro S. Michele Arcangelo e a destra S. Antonio Abate.
Il santo, che indossa un saio chiaro ed un mantello nero, si appoggia a un bastone con la mano destra e appare intento a leggere un libro, che tiene nella mano sinistra.

La statua rappresenta S. Antonio Abate vestito del saio francescano e di un mantello grigio con cappuccio; nella mano destra tiene un libro e con la sinistra regge il bastone con la campanella, ai suoi piedi si trova il maialino.

 

Note storiche:
Sull’acquasantiera sono visibili le prime due cifre della data 15…, il resto non è leggibile; probabilmente l’acquasantiera appartiene alla costruzione originaria, e nel corso di un rifacimento è stata inserita nella muratura.

Fase cronologica:
La data sull’acquasantiera testimonia l’esistenza della cappella nel XVI secolo; l’aspetto odierno sembra però risalire a un rifacimento successivo, probabilmente del XVII secolo, conformemente a quanto si è verificato in altre chiese della valle.

L’acquasantiera è del XVI secolo; la struttura dell’edificio e il quadro sembrano risalire al XVII secolo, forse nella seconda metà; mentre la statua è databile al XX secolo.

 

Link:
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=8405

Fruibilità:
Per visitare la cappella occorre rivolgersi a una signora che risiede poco distante.

Rilevatore: Rosanna Fenoglio e Maria Gabriella Longhetti

Data ultima verifica sul campo: 25/07/2007

ARCO (Tn), fraz. Chiarano. Chiesa di Sant’Antonio abate

Nella parte alta del paese di Chiarano, in Piazza Sant’Antonio,  si trova la chiesa dedicata a Sant’Antonio abate. https://goo.gl/maps/miQTWraWKATvsqH38

Si tratta di una chiesa molto antica, di cui abbiamo notizia da Ambrogio Franco agli inizi del Seicento, ma la chiesa è sicuramente precedente.


Gli affreschi all’esterno sono databili intorno al XV secolo: uno raffigura una Madonna con Bambino, con ai lati Sant’Agostino e, probabilmente, San Bernardino; sul lato destro dell’affresco, una iscrizione in latino ricorda un’indulgenza e porta la data del 1481.
Sotto l’iscrizione vi sono due quadri con figure di Santi. A destra dell’ingresso invece un grande affresco con la figura di San Cristoforo che reca sulle spalle il Bambino Gesù.

L’interno della chiesa, un’unica navata, ha tre campate con soffitto ad avvolto a crociera, tutti affrescati; l’avvolto del presbiterio in particolare presenta l’effigie dei quattro Evangelisti  con gli animali simbolici e con figure di putti. L’altare ligneo custodisce una tela, che raffigura San Fabiano papa e Sant’Agostino ed una Madonna nella lunetta superiore, ed una statua, sempre, in legno, che rappresenta Sant’Antonio abate.

Alla base dell’arco santo, altre due immagini di santi affrescate (San Cristoforo e San Francesco) con particolare maestria; sull’arco una iscrizione che descrive l’Annunciazione. Oltre a queste, sempre nel presbiterio, ci sono due iscrizioni, una di fronte all’altra: la prima (a nord) riporta alcuni lasciti donati alla chiesa e la seconda dà notizia di un intervento di restauro nel 1917 a cura di militari austriaci

Nell’aula, che doveva essere completamente affrescata con storie della vita di Sant’Antonio, solo alcuni stralci di affresco sono leggibili, fra cui Sant’Antonio tentato dal demonio e San Paolo con la spada ed il libro.

 

Cronologia: XV secolo

Note:
Una bella descrizione della chiesa è stata lasciata da Rainer Maria Rilke, ospite per due volte ad Arco: “… sulle ragazze e sulle donne, sedute in quell’ora dentro sulle panche, pioveva un vivo bagliore diffuso in molte piccole luci che dai capelli ricadevano sulle spalle e quivi aderivano proprio come i petali di una grande rosa che a poco a poco si sfogli. […] Non sono più andato a Chiarano, nel timore di non ritrovar più questa piccola chiesa.”

Fruibilità:
Non è stato possibile visitarne l’interno in quanto chiusa.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 03/11/2007

 

ARCO (Tn). Chiesa di Sant’Apollinare, affreschi con sant’Antonio abate

Chiesetta in località Prabi.  https://goo.gl/maps/2do48RGDbJ2oMpw3A
Nei pressi del ponte sul Sarca, una strada, sulla destra, conduce in località Prabi, verso il campeggio di Arco, la piscina, la parete artificiale di free-climbing, il percorso vita ai piedi del Monte Collodri. Due presenze si segnalano all’attenzione di chi percorre questa strada, e soprattutto di chi sa apprezzare l’arte medioevale: sono la chiesa di S. Apollinare e l’eremo di S. Paolo.


La chiesa di Sant’Apollinare ha la pianta rettangolare che si conclude con un’abside semicircolare, quasi una nicchia, che chiude verso Est l’aula.
L’altare in pietra rossa presenta tracce di affresco; tre strette finestre a strombo illuminano la sacra mensa. Nel catino dell’abside ben visibile è il volto del Cristo Pantocratore; ai lati dell’arco santo è raffigurata, quasi certamente, l’Annunciazione.

Le pareti Nord e Sud sono completamente affrescate, su due registri.
La parete Sud presenta, nel livello più alto, la Madonna con il Bambino, circondata da figure di santi (riconoscibile S. Antonio abate con il bastone a gruccia ed il campanello), la deposizione di Cristo nel sepolcro e la Natività.
Nella fascia inferiore è raffigurato il martirio di S. Agata seguito da una serie di santi: S. Chiara, S. Francesco, S. Martino, San Nicola, Maddalena, San Giovanni Evangelista, Sant’Antonio abate. 

Nella parete a Nord, nel registro superiore, troviamo il martirio di S. Lorenzo, la Madonna che allatta Gesù Bambino, Crocefissione, Santa Margherita, Sant’Antonio abate ed altri santi.

 

Sotto, altre figure di santi, tra cui S. Apollinare, vescovo benedicente, S. Paolo con la spada ed il libro,  S. Anna e Maria bambina, S. Caterina d’Alessandria con accanto la ruota, simbolo del suo martirio, San Giovanni, Sant’Elena, San Gottardo, Sant’Antonio abate.
La raffigurazione di S. Antonio abate e di S. Apollinare è presente in più punti.

La parete su cui si apre l’ingresso principale era tutta affrescata, ma ora sono poche le tracce rimaste leggibili. Si notano due persone attorno ad un fuoco, una regge un campanello. In basso vi è una figura di vescovo e, sulla destra, è rappresentata quasi certamente la bottega di falegname di S. Giuseppe. Sugli affreschi sono state incise, in più parti della chiesa, numerose scritte secondo una pratica che si ritrova più evidente nella chiesa di S. Rocco a Caneve di Arco.

All’esterno, la parete Nord del pronao presenta la raffigurazione dell’Ultima Cena;  undici apostoli fanno ala a Gesù. Giovanni ha il busto reclinato sulla mensa, Pietro lo fissa in modo severo, mentre gli altri discepoli, a coppie, intrattengono un dialogo fatto di sguardi e di semplici gesti; ai piedi di Gesù, sul lato opposto del tavolo, una figura inginocchiata alza le grandi mani in gesto di preghiera. Sulla sinistra una scritta in colore rosso ricorda che “Villelmo… venit huc prima et terza Junii...”.
Sotto l’Ultima Cena si intuisce la raffigurazione dell’Adorazione dei Magi.
Accanto si erge la figura di S. Apollinare; sul lato Est la Crocifissione sostituisce l’ancona sopra il semplice altare in pietra.

Questi ultimi affreschi risalgono ad epoca successiva rispetto a quelli interni alla chiesa, che sono attribuibili invece alla scuola del maestro Federico del fu Bonanno Oddone da Riva ed in particolare a Giacomo e Giorgio (rispettivamente figlio e nipote di Federico), operanti in Trentino nella seconda metà del Trecento.

 

Note storiche:
Notizie certe in merito alla chiesa dedicata a S. Apollinare, primo vescovo di Ravenna vissuto tra il primo ed il secondo secoli (la sua festa si celebra il 23 luglio), risalgono al XIV secolo, ma si ritiene che la chiesa possa essere sorta intorno al VII secolo.
Collocata fuori delle mura che un tempo cingevano Arco, lontana da abitazioni, aveva probabilmente anche lo scopo di accogliere viandanti e pellegrini. Ciò spiegherebbe la presenza di un ampio pronao, laterale all’ingresso principale, aspetto architettonico singolare fra le chiese dell’archese.
Nel Trecento essa era al servizio di un vicino monastero; fu poi dimora di vari eremiti, conservando sempre la stessa caratteristica di offrire ospitalità a viandanti e pellegrini che percorrevano la strada romana verso Trento.
E’ una delle chiese eremitiche più ricche di pitture del Trentino, la Bibbia dei poveri. Ha conosciuto momenti di notorietà ed altri di decadenza.
Si sa che verso la fine del XIV secolo officiavano nella chiesa di S. Apollinare ben dieci chierici; nel 1473, il papa Sisto V aggregò, con bolla pontificia del 29 maggio, la chiesa, quale priorato, alla Collegiata di Arco.
Nel 1580, un visitatore la trova “aperta e trasformata quasi in una stalla per animali”.
Nel 1648, viene restaurata per iniziativa dell’arciprete di Arco, don Zanoni.
A partire dal Settecento, la chiesa conobbe, come altre del luogo, un progressivo abbandono.
Nel 1734, venne affidata al monaco Lorenzo Benedetti.
Nel 1782, Giuseppe II diede ordine di chiuderla al culto e rimase così in balia dei vagabondi.
Nel 1795, venne restaurata dall’arciprete di Arco, don Morandi.
Nel 1866, la Curia di Trento ne ordinò la demolizione “per togliere ulteriore profanazione”.
Solo verso la fine dell’Ottocento ed in questo secolo lavori di salvaguardia e di restauro evitarono la completa distruzione della chiesa di S. Apollinare. Nel 1884, infatti, l’arciprete di Arco, don Chini, la restaurò e la riconsacrò.
Nel 1916, una granata, dal Monte Baldo, danneggiò il tetto e parte dell’abside.
Gli ultimi interventi sono stati compiuti nel 1983; essi hanno ridato leggibilità agli affreschi presenti sulle pareti interne e del pronao.

 

Cronologia: XIV secolo

Fruibilità:
Nei mesi di luglio e agosto, tutte le domeniche, Santa Messa alle ore 10,30.

La chiesa non si è potuta visitare in quanto chiusa.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 03/11/2007

 

TUSCANIA (Vt). Chiesa di San Pietro, affresco con sant’Antonio abate.

M. 166 slm, situata su una collina di tufo, tra profondi burroni, al margine meridionale dei M. Volsini, è una cittadina agricola che ancora conserva l’impianto medioevale e, ai margini dell’abitato, monumenti religiosi di grande interesse.

La città è tutta costruita in tufo e conserva un buon tratto delle mura urbiche ancora munite di torri cilindriche, quadrate e poligonali.

 

San Pietro è uno dei più interessanti monumenti del Medioevo italiano ed è una magnifica chiesa romanico-lombarda che rivela, pur conservando un ammirabile equilibrio di linee, influenze cosmatesche, umbre e pisane; innalzata nel sec. VIII per opera di maestri comacini venuti da Roma, venne ricostruita nella parte anteriore, nel sec. XII e compiuta, con l’erezione della splendida facciata, nella prima metà del sec. XIII.
Il primitivo edificio venne eretto nel sec. VIII dopo che Tuscania venne donata da Carlo Magno alla chiesa.
Passata la città di nuovo agli imperatori e, nel sec. XII, ancora ai papi, fu rifatta anteriormente e venne iniziata la facciata che fu conclusa, con il pavimento musivo, nel primo scorcio del secolo seguente.
La chiesa subì in seguito manomissioni e restauri.

L’interno conserva quasi integralmente l’aspetto della costruzione del sec. VIII, opera dei maestri comacini, venuti da Roma. E’ diviso in tre navate da basse colonne e pilastri incorporanti semicolonne sormontati da capitelli romani e medievali di varie forme; essi reggono archi a tutto sesto.

Nell’ampia cripta a 9 navate su 28 colonne, provenienti anch’essi da edifici romani e reggenti volte a crociera, un’absidiola con Madonna tra Santi (fra cui un Sant’Antonio Abate).

 

Note storiche:
La localizzazione di un vasto sepolcreto arcaico ad incinerazione ed inumazione, scoperto a due chilometri dall’attuale abitato, in località Scalette, permette di far risalire agli albori del sec. VII a.C. il primo stanziamento organizzato della popolazione.
Divenuto dal sec. IV a.C. notevole centro etrusco, possedette persino un proprio porto nel Tirreno, nei pressi dell’odierna Montalto, chiamato Regas, in località oggi detta “Le Murelle“.
Tombe a camera vastissime, ipogei, tumuli e cunicoli, risalenti per lo più al IV e III sec. a.C., sono sparsi nella campagna circostante.
Il punto su cui sorge San Pietro coincide probabilmente con la zona dell’acropoli etrusca.
Le fortune della città continuarono dopo l’occupazione romana della regione avvenuta nel sec. III a.C. Appartenne alla tribù Stellatina e dopo la guerra sociale (90 a.C.) venne eretta a Municipio.
Nell’alto Medioevo venne contesa tra Longobardi, Chiesa e Bizantini. Agli albori del Medioevo soggiacque alle irruzioni barbariche e fu dominata dagli Eruli, dai Goti e, nel 569, dai Longobardi.
Si costituì più tardi in Comune, quindi venne dominata dagli Anguillara (967-1066) e dagli Aldobrandeschi (dal 1080 in poi) sino al 1337, quando, ormai in decadenza, se ne impadronì la chiesa.
Bonifacio VIII, per punirla di un tentativo di ribellione, ne mutò il nome in Toscanella.
Martino V la dichiarò contea investendone nel 1421 Angelo di Lavello Tartaglia, fatto decapitare nello stesso anno da Attendolo Sforza.
Per punire una delle sue ribellioni il cardinale Vitelleschi fece demolire, un’ampia parte della sua cinta muraria.
Assalita da Carlo VIII nel 1495, venne saccheggiata.

 

Cronologia: XIII sec.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 12/10/2007

SORANO (GR), fraz. Sovana. Chiesa di Santa Maria Maggiore, affreschi con s. Antonio abate

M. 291, villaggio medievale su un pianoro tra le gole dei Fossi Folonia e Calesina. Fu abitato etrusco ed occupava il sito del villaggio odierno.
Chiesa di Santa Maria Maggiore, situata in piazza del Pretorio a Sovana. https://goo.gl/maps/iNr7Uue5gPpsbjNf8

 

La chiesetta di Santa Maria, romanica (sec. XII), con rozzo campanile a vela, del sec. XVIII, pare risalire al XII secolo, ma ha subito varie ristrutturazioni nel corso dei secoli. Saccheggiata dai senesi nel 1410 e dai pitiglianesi nel 1434, fu consistentemente modificata nel XVI secolo.
Interno a tre navatelle divise da pilastroni ottagonali, con tetto a capriate e presbiterio leggermente sopraelevato.
La parete destra è decorata da due affreschi dovuti allo stesso pittore di Montemerano (ignoto seguace di Andrea di Niccolò).
All’interno sono custodite altre opere di notevole interesse: affresco della Crocifissione, entro nicchia, con Cristo tra Maria e San Giovanni,  a fianco  i Ss. Antonio abate  e Lorenzo (1527); e della Madonna col Bambino in trono tra le sante Barbara e Lucia e san Sebastiano e san Mamiliano (1508); un dipinto con i quattro Evangelisti e l’Eterno benedicente (XVI secolo); una frammentaria Madonna col Bambino e i santi Raffaele e Tobiolo, Mamiliano, Antonio da Padova e Lucia (XVI secolo).
Un’altra Crocifissione con sant’Antonio abate e papa Gregorio VII (XV secolo); un interessantissimo ciborio con quattro colonne rastremate e baldacchino decorato del IX secolo.

Note storiche:
Florida nel sec. VII e VI a.C., in seguito decadde: riconquistò importanza dopo la conquista romana, dalla metà del sec. III a.C.
Fu municipio, quindi, con l’instaurazione del Cristianesimo, sede vescovile.
Più tardi cadde in potere dei Longobardi (592-605).
Fu poi degli Aldobrandeschi, che la portarono al massimo splendore. Nel 1274 gli Aldobrandeschi si scissero in due rami: al ramo di S. Flora toccarono Alcidosso, Selvena, Roccastrada, Campagnàtico e Castiglione d’Orcia, e d al ramo di Sovana andarono, oltre a Sovana stessa, Pitigliano, Orbetello, la Marsdigliana, Vitozzo, Sorano.
Alla fine del ‘200 passò agli Orsini, e cominciò allora la decadenza, cui si aggiunsero le lotte con Siena, che se ne impadronì nel 1410.
Gli abitanti ripararono a Pitigliano; a Sovana ne rimasero 96, cui più tardi si aggiunsero 75 famiglie allettate dalle esenzioni fiscali accordate da Siena.
La malaria la prostrò; i granduchi vi fecero acquedotti e fogne, restaurarono le case, nel 1660 (in quello stesso anno la sede vescovile veniva trasferita a Pitigliano) la ripopolarono con una colonia di Mainotti profughi, nel 1749 vi mandarono una colonia di Lorenesi.

Cronologia: XV sec.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 11/10/2007