BASILIANO (Ud), fraz. di Villaorba. Chiesa di Sant’Orsola con affresco di sant’Antonio abate

La chiesa campestre di Sant’Orsola sorge nella campagna a nord dell’abitato di Villaorba, lungo la strada che conduce a Mereto di Tomba, a circa un chilometro dal paese.

 

Fu eretta nel 1338 per volere di Federico da Castello, ricco feudatario del luogo che lasciò un campo affinché fosse costruita una chiesa da dedicare alla Vergine o ad un altro Santo a seconda del parere del Patriarca. L’allora Patriarca Bertrando di San Genesio fu inequivocabile: “Si dedichi tale chiesa alla Vergine Maria”.
Il luogo della costruzione fu scelto appositamente per la presenza di imponenti ruderi e rovine in stato di abbandono, materiale risalente al I sec d. C..
L’abbondanza di materiale in parte giustifica il fatto che la costruzione ebbe una volumetria inspiegabile per una modesta chiesa di campagna, presentando addirittura una lunghezza di quasi 19 m e 8 m di larghezza, superando sicuramente le misure assai più modeste della chiesa di San Tommaso che si trovava in paese a Villaorba. Inoltre, l’estrema semplicità e linearità dell’edificio (senza coro, né portico, né sacrestia) fanno pensare che esso fu costruito in breve tempo.

Gli affreschi
Circa trent’anni dopo la costruzione della chiesa, si diede corso alla realizzazione di un ciclo di affreschi sulla parete sud e altri alla fine del 1300 sulla parete nord.
Gli affreschi della parete sud sono i meglio conservati, ma presentano anche i segni delle violente martellate subite per far aderire la calce usata per disinfettare il luogo in seguito alle numerose pestilenze, in particolare all’epidemia di peste del 1511 che seguì al devastante terremoto di quello stesso anno. In questa parete si può ammirare la figura di Sant’Antonio abate che con la mano protegge Federico da Castello e suo figlio Articone, raffigurati alla destra del Santo e altri santi riconoscibili o dalla dall’indicazione scritta o dalla simbologia che li accompagna. Questi affreschi presentano un tipo di pittura tardo gotica con forti accenti altoatesini, ma con un tipo di modellatura popolare assai in uso nelle terre settentrionali del Patriarcato di Aquileia.
Sulla parete nord si evidenzia in particolare la presenza di un affresco raffigurante la Madonna in trono alla maniera senese, di stile tardo gotico, con limitato cromatismo pittorico e con un ornato pressoché inesistente. Ai lati di questo affresco, collocato al centro della parete, si possono osservare la scena della Natività di Gesù, la visita dei Magi e figure di vari santi e profeti.

Ristrutturazione della facciata e apertura di una grande finestra sul lato sud verso l’anno 1520
Tra il 1520 e il 1530 tutta la facciata venne rimaneggiata e le due finestre furono ingrandite e riquadrate con stipiti in pietra e protette con robuste inferriate.
Il portale centrale fu arricchito con due pilastri in pietra portanti un’architrave con scolpito al centro un bassorilievo contenente un’immagine della Madonna in trono, con bambino sulle ginocchia; questa, per la somiglianza ad altre simili esistenti in zona, può essere attribuita alla mano di Giovanni Antonio Pilacorte o di qualche suo diretto allievo.
Passaggio dal vecchio titolo della chiesa di Santa Maria a quello di Sant’Orsola
Verso il 1500 la chiesa perse il titolo di originario di Santa Maria e assunse quello di Sant’Orsola; probabilmente ciò fu dovuto al fatto che attorno al 1530 apparve nell’edificio una tela dipinta alla fine del Quattrocento, da un pittore di scuola tedesca o austriaca, paesi dove il culto di Sant’Orsola e delle dieci compagne martiri era assai diffuso. La devozione verso questa Santa, invocata per ottenere una buona morte, divenne tale che, un po’ alla volta, l’edificio stesso incominciò ad essere chiamato chiesa di Sant’Orsola, dimenticando completamente la dedica originaria voluta dal patriarca Bertrando.

 

Bibliografia:
– A. TAM, Monumenti antichi della fede cristiana in Villaorba, Amm Comunale di Basiliano, 2000.
– C. MATIZ (a cura di), Chiesa campestre di Sant’Orsola a Villaorba, in http://www.picmediofriuli.it/enciclopedia/pdf/2.1.12.pdf

Rilevatore: Silvia Cattivello, Società Friulana di Archeologia onlus

Data ultima verifica sul campo: 02/01/2015

LESEGNO (Cn), fraz. Prata. Cappella di Santa Maria del Lucchinetto, affresco raff. Sant’ Antonio abate

La cappella cimiteriale di Santa Maria, detta “Madonna del Lucchinetto”, è nell’attuale Cimitero in frazione Prata, verso il comune di Niella Tanaro lungo la S.S. n. 28

Descrizione:

L’abitato di Lesegno è costituito da due nuclei importanti, situati uno di fronte all’altro sui rilievi della valle in cui scorre il torrente Mongia. Villa è la borgata dove ha sede il comune, le scuole, la parrocchiale ed il settecentesco castello. Prata è l’altra frazione, anch’essa di origini molto antiche.

La Chiesa ha pianta rettangolare, lunga circa 20 m, quindi più grande delle chiese all’epoca sparse nel contado.
L’interno è spoglio, intonacato con qualche piccolo frammento di pittura mal conservata, coperta con tetto a vista e conclusa da un’abside rotonda, che è la parte più antica dell’edificio, costruita con pietre squadrate in corsi ordinati in vista all’esterno. L’abside è voltata con un catino sferico e coperta di lastre di pietra; presenta tre finestre a feritoia con doppia strombatura. Il pavimento absidale rivela che il piano originario era molto più basso.
Nella parete meridionale sono murati tre archi ogivali in cotto che si impostano su pilastri poligonali immorsati nella parete con rustici capitelli di pietra che recano tracce di decorazione. Non vi è accordo tra gli studiosi sull’originaria funzione di questi archi: archi di ingresso, portici, o resti di una chiesa più grande.
All’interno restano frammenti di affreschi del XV secolo, forse in parte opera del pittore che affrescò anche il Santuario della Madonna dei boschi di Boves.

Nell’interno vi è un affresco di epoca non molto avanzata che raffigura Gesù deposto attorniato dalla Vergine, San Giovanni Battista, Sant’Antonio abate e una Pia Donna, come sfondo il Calvario.

Note storiche:
Nel X secolo risulta che il villaggio di Lesegno appartenesse alla contea di Andrate, posseduta dai marchesi di Susa. Passato al vescovo di Asti fu da questi ceduto ai marchesi di Ceva che vi ebbero giurisdizione fino al sec. XVII. Dopo alterne vicende venne eretto in marchesato nel 1790 ed assegnato a Cesare Gaspare, marchese di Ceva e di Lesegno.
Gravi danni subì durante l’occupazione spagnola del 1649 e più tardi nel 1796 per il saccheggio delle truppe napoleoniche.
La parrocchiale era la chiesa romanica detta “Madonna del Lucchinetto”, il cui nome deriva probabilmente da “lucus” bosco di castagni, che si presume risalga al X sec. Oggi si trova al centro del cimitero costruito nel 1822 in loc. Prata.
Negli Statuti di Lesegno la chiesa è citata nel 1302, ma è di costruzione anteriore essendo situata fra i borghi molto antichi delle Casette e della Prata. Quindi si presume risalga al secolo X poiché una cappella dedicata a Santa Maria è pure menzionata in un documento del 1013 nel quale il marchese di Susa, Olderico Manfredi, vendette il castello di Lesegno con le sue pertinenze, un ampio tenimento e due cappelle, dedicate l’una a S. Maria e l’altra aS. Nazario/Lazzaro (“cum tenimento, foxato circumdato, et capellas duos foris eodem castro recenter edificatas, innomine Sanctae Mariae et Sanctii Lazarii”), al prete Alfredo o Sigifredo. Però l’attuale chiesa presenta archi ogivaliche fanno ritenere che sia stata rimaneggiata nel XIII secolo.

Bibliografia:
– AA.VV., Il santuario della Madonna dei Boschi di Boves, Primalpe, CN, 2004
– RAINERI G., Antichi affreschi del Monregalese, vol.II, Rotary Club Mondovì, Mondovì CN, 1979
– BERTONE L., Arte nel Monregalese, L’Artistica Editrice, Savigliano CN, 2002

Link:

http://www.fungoceva.it/vallate_paesi/LESEGNOcimitero.htm

Fruibilità:

La cappella è visibile su prenotazione, rivolgendosi alla Parrocchia di Lesegno, tel. 0174.77036.

Rilevatore: Angela Crosta

Data ultima verifica sul campo:
14/03/2014.

CERTALDO (Fi). Chiesa dei Santi Tommaso e Prospero, affresco con sant’Antonio abate

Via Boccaccio – alla destra del palazzo Ducale o Pretorio

L’affresco sulla parete sinistra della Chiesa è una teoria di santi, dipinto del secolo XIV, di gusto popolare, ove vi sono ritratti molti santi tra cui Sant’Antonio Abate.

 

Materiale informativo ed illustrativo:
Una targa all’esterno.

Note storiche:
Le più antiche testimonianze di questa chiesa si trovano murate nell’edificio stesso e si tratta di due iscrizioni recanti le date 1215 e 1366.
Nel 1415, dopo che era stato costruito il palazzo Pretorio, ne divenne l’oratorio.
Nel XV secolo il patronato spettava alla famiglia Gianfigliazzi.
In seguito nel 1575, in occasione di una visita apostolica la chiesa ormai in precarie condizioni statiche: Quoad fabrica Ecclesiae minatur ruinam versus altare maius, unde indiget festina reparatione.
Nel 1589 risulterebbe che nella chiesa vi fosse già stato collocato il sepolcro di Giovanni Boccaccio e nel 1654, all’interno della chiesa, erano collocate altre sepolture.
Fin dal XVI secolo il terreno retrostante il fabbricato iniziò a smottare a valle, causando anche il successivo crollo dell’abside.
Nel XVIII secolo il borgo sorto nella piana sottostante era cresciuto di popolazione e nel 1757 il titolo di San Tommaso venne trasferito alla chiesa di Sant’Andrea a Certaldo; il 19 aprile 1788 la chiesa fu soppressa, sconsacrata e in seguito abbandonata per poi essere affittata ad un mercante di terraglie.
Nel 1898 la chiesa era usata come deposito di fascine ma nel 1903 venne acquistata dal comune di Certaldo che a sua volta la cedette al pievano.
Nel 1938 la casa canonica fu trasformata in un ristorante.
Nel 1946 la chiesa venne finalmente restaurata e nel 1962 gli affreschi tre-quattrocenteschi vennero consolidati. Oggi la chiesa viene usata come sede espositiva e come sala convegni.

Bibliografia:
 – Emanuele Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico del Granducato di Toscana, Firenze, 1833-1846.
– Luigi Santoni, Raccolta di notizie storiche riguardanti le chiese dell’ Arci Diocesi di Firenze, Firenze, Tipografia Arcivescovile, 1847.
– Attilio Zuccagni-Orlandini, Indicatore topografico della Toscana Granducale, Firenze, Tipografia Polverini, 1857.
– Luigi del Moro, Atti per la conservazione dei monumenti della Toscana compiuti dal 1 luglio 1893 al 30 giugno 1894. Relazione a S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione, Firenze, Tipografia Minori corrigendi, 1895.
– Guido Carocci, Opere d’arte e ricordi storici di Castelfiorentino e Certaldo, Miscellanea Storica della Valdelsa, 1895.
– Michele Cioni, Elenco di varie costruzioni monumentali in Valdelsa e notizie di pubblicazioni, Miscellanea Storica della Valdelsa, 1903.
– Michele Cioni, La Valdelsa: guida storico-artistica, Firenze, Lumachi, 1911.
– Mario Salmi, Architettura romanica in Toscana, Milano-Roma, Bestetti&Tumminelli, 1927.
– Italo Moretti, Renato Stopani, Chiese gotiche del contado fiorentino, Firenze, UPI, 1969.
– Italo Moretti, Renato Stopani, Architettura romanica religiosa nel contado fiorentino, Firenze, Salimbeni, 1974.
– Francesca Allegri, Massimo Tosi, Certaldo. Guida storico-artistica., Certaldo, Tipografia Nidiaci, 1978.
– AA. VV., Toscana paese per paese, Firenze, Bonechi, 1980.
– Renato Stopani, Storia e cultura della strada in Valdelsa nel medioevo, Poggibonsi, Centro Studi Romei, 1986.
– Renato Stopani, La Via Francigena. Una strada europea nell’Italia del medioevo, Firenze, Le Lettere, 1988.
– Vittorio Cirri, Giulio Villani, La Chiesa Fiorentina. Storia Arte Vita pastorale, Firenze, LEF, 1993.
– AA. VV., Chiese medievali della Valdelsa. I territori della via Francigena tra Firenze, Lucca e Volterra, Empoli, Editori dell’Acero, 1995, ISBN 88-86975-18-X.
– Marco Frati, Chiesa romaniche della campagna fiorentina. Pievi, abbazie e chiese rurali tra l’Arno e il Chianti, Empoli, Editori dell’Acero, 1997, ISBN 88-86975-10-4.
– Rosanna Caterina Proto Pisani, Anna Benvenuti Papi, Empoli, il Valdarno inferiore e la Valdelsa fiorentina, Volume 14 di I luoghi della fede, Milano, Mondadori, 1999, ISBN 88-04-46788-6.
– AA. VV., Firenze, Milano, Touring Club Italiano, 2001, ISBN 88-365-1932-6.
– Francesca Allegri, Massimo Tosi, Certaldo poesia del Medioevo, Certaldo, Federighi Editore, 2002, ISBN 88-900705-4-4.

Rilevatore: Valter Bonello

Data ultima verifica sul campo: 04/10/2014

 

SALBERTRAND (To). Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista, affreschi con Sant’Antonio abate

La chiesa parrocchiale si trova nella piazza principale del paese, P.zza Martiri della Libertà.

 

Note storiche:
La chiesa viene già citata nel 1057 poi in seguito rimaneggiata (XVI-XVIII sec.). Al suo esterno si possono osservare degli interessanti affreschi raffiguranti il ciclo dei Vizi e delle Virtù (XVI sec.).
Al suo interno nella navata destra, sono visibili gli affreschi che si riferiscono alla vita e alle tentazioni di Sant’Antonio Abate e altri santi.
Gli affreschi sono opera del pittore Johanne Dideri di Avigliana che li realizzò nel 1508.

 

Link: http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/salbertrand/chiesa-di-san-giovanni-battista

Fruibilità:
La chiesa è aperta durante le funzioni o su appuntamento.
Il monumento è descritto con pannelli illustrativi all’esterno ed all’interno della chiesa.

Rilevatore: Valter Bonello

Data ultima verifica sul campo: 20/09/2014

ZUGLIO (Ud). Pieve di San Pietro di Carnia, altare di Sant’Antonio abate

A circa 3 km. a nord-ovest di Zuglio, sulla strada per Fiélis, si trova la pieve di San Pietro di Carnia, a m. 749 slm, ritenuta la più antica chiesa della regione, sede-rifugio per il vescovo di Zuglio durante il sec. VII; è ricordata dall’808, quando venne probabilmente a sostituire la basilica distrutta dagli Avari nel sec. VIII.

Descrizione:
Ancona lignea racchiusa tra due incorniciature barocche del 1600 e del 1700 opera attribuita a Gian Domenico Dall’Occhio di San Vito al Tagliamento, in stile rinascimentale (1550).
Si notano i santi Antonio Abate, Pietro e Battista, in cima l’Eterno Padre e l’Annunciazione, ai piedi tre quadretti dipinti. Le due cornici sono di G. Paolino da Formeaso quella più piccola e di G. Comuzzo da Gemona del Friuli quella più grande.
L’ancona è stata qui posta nel 1965; in precedenza il luogo era occupato dall’ancona di Domenico da Tolmezzo rinchiusa nell’incorniciatura più grande del Comuzzo.
La tela o il cuoio stampato del paliotto manca perché rubati in epoca recente.
Dietro l’altare sono visibili la finestrella romanica e le sinopie della parete.

 

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 07/09/2014