BASTIA MONDOVI’ (Cn). Chiesa di S. Fiorenzo, affreschi con “Vita di sant’Antonio abate”

La chiesa si trova fuori dell’abitato, vicino al cimitero, sulla strada che conduce a Niella Tanaro. https://goo.gl/maps/nJ9iBxGXrfgx3XfA8

 

Sulle pareti della chiesa, costituita da un’unica navata, gli affreschi sono suddivisi in 51 riquadri:
– sulla parete di controfacciata in nove riquadri sono rappresentati episodi della vita di Gesù, S. Lazzaro e una nobildonna;
– sulla parete di sinistra la passione di Gesù in 21 comparti;
– sulla parete di destra nove riquadri sono dedicati alla vita di S. Fiorenzo, altri 12 riquadri illustrano la vita di S. Antonio abate, mentre nella parte centrale sono affrescati il Paradiso con le opere di misericordia corporale, e l’Inferno con la Cavalcata dei Vizi.
Nel presbiterio sulla parete di fondo sono raffigurati al centro la Madonna in trono con il Bambino tra S. Martino e S. Fiorenzo, nel riquadro di sinistra il martirio di S. Sebastiano, in quello di destra S. Michele con S. Bartolomeo; nella parte superiore è affrescata la Crocifissione.
Sulla parete destra del presbiterio è rappresentato S. Giorgio, mentre sulla volta ci sono le immagini del Pantocratore e degli Evangelisti in trono.

Note storiche:
S. Fiorenzo, già parrocchia e ora cappella del cimitero, risale ai secoli XI-XII.
Venne riedificata verso la metà del XIII secolo (1220-1230) ed è stata in seguito ampliata ed affrescata con un nuovo ciclo pittorico coprendo, nel nucleo primitivo, antiche pitture bizantine ancora parzialmente visibili.
La chiesetta è stata ampliata nel corso del XV secolo grazie a Bonifacio della Torre, alla cui famiglia Bastia era stata affidata nel 1409 dai Savoia.
L’ampliamento della chiesa e la ricchezza dei cicli affrescati si spiegano con la sua collocazione su una delle più importanti vie del sale, tramite di commerci tra il mare e il Nord e percorsa da numerosi viaggiatori.
All’interno del riquadro con la morte di S. Antonio abate è leggibile la scritta: “MCCCCLXXII DIE XXIII MENSIS IUNII HOC OPUS FECIT FIERI FACIUS TURRINUS”.
Le attuali sacre rappresentazioni sono datate 24 giugno 1472 ed occupano una superficie di ben 326 mq.
La data del 1472 è forse riferibile solo al ciclo di S. Antonio abate, attribuito al monregalese Giovanni Mazzucco o ad un artista a lui vicino.
La decorazione della chiesa è dovuta probabilmente all’attività di pittori itineranti che operavano in Liguria e nel Monregalese e risente, accanto a echi jaqueriani, di influenze provenienti dalla Liguria e dalla Lombardia.
Negli affreschi si sono rilevati (Griseri) la presenza di un’arte popolare “entro l’onda suscitata da Jaquerio” e rapporti con il teatro popolare; l’influenza del pittore torinese è stata ravvisata soprattutto nelle scene della Passione e dell’Inferno.
Un precedente per gli affreschi di S. Fiorenzo è stato indicato nei dipinti della cappella di Missione di Villafranca Piemonte, dovuti ad Aimone Duce, pittore forse di origine pavese, la cui attività è testimoniata tra il 1403 e il 1461.

 

Bibliografia:
– A. GRISERI, Jaquerio e il realismo gotico in Piemonte, Torino 1965, pagg. 96 ss, 131-132 n. 115.
– P. GASCO, (a cura di), Antichi affreschi del Monregalese, Cuneo 1965, pagg. 49-54, Appendice a cura di G. RAINERI, pag. 4, 8.
– N. CARBONERI, Antologia artistica del Monregalese, Torino 1971, pagg. 20-23.
– A. GRISERI, Ritorno a Jaquerio, in E. CASTELNUOVO – G. ROMANO (a cura di), Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale, Palazzo Madama aprile – giugno 1979, Torino 1979, pagg. 15-21.
– S. BAIOCCO – S. CASTRONOVO – E. PAGELLA, Arte in Piemonte. Il Gotico, Ivrea 2003, pagg. 135 ss.
– A. ANTONIOLETTI BORATTO, San Fiorenzo di Bastia Mondovì, Il Portico editore, Villanova Monferrato (AL) 2004

Link: http://www.sanfiorenzo.org

Fruibilità:
La chiesa di San Fiorenzo è aperta al pubblico con visite guidate gratuite tutte le domeniche dalle ore 15 alle 19 dal mese di aprile a tutto il mese di ottobre.
Per visite contattare:  Associazione Culturale S. Fiorenzo O.n.l.u.s. – tel.338/4395585 Associazione Culturale S.Fiorenzo O.n.l.u.s.
Loc. Minetti Sottani, 17  – 12060  Bastia Mondovì
Telefono  0174/60125 – Cell  338/4395585 –  e-mail: info@sanfiorenzo.org
Associazione nata per far conoscere e valorizzare l’arte e le tradizioni di Bastia Mondovì (CN), con particolare riferimento alla chiesa di San Fiorenzo (visite guidate gratuite sono possibili tutte le domeniche e festivi nel periodo che va dal giorno di Pasquetta a fine ottobre, dalle ore 15.00 alle 19.00; per altri giorni o per gruppi è necessaria preventiva prenotazione ai recapiti sopra indicati per poter assicurare la presenza di una guida dell’Associazione).

Rilevatore: Maria Gabriella Longhetti, Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 28/11/2010

MELE (Ge). L’Oratorio di Sant’Antonio Abate – Scheda 2 – Cassa processionale

L’Oratorio settecentesco è composto da un insieme di edifici aggregatisi nel corso del tempo: la chiesa con la sacrestia (vedi https://www.santantonioabate.afom.it/mele-ge-oratorio-di-santantonio-abate-scheda-1/ ), le case dell’Oratorio, il sacello dove è custodita la Cassa di Sant’Antonio (scheda 2, vedi qui di seguito).
L’ingresso della chiesa è sul lato lungo della costruzione e dà accesso diretto alla navata unica che la compone.

La piccola CASSA processionale di SANT’ANTONIO IL VECCHIO
La piccola Cassa processionale è citata in un libro di conti della Confraternita per le aggiustature a cui viene sottoposta nel 1639.
Ciò ha portato la probabile datazione all’ultimo scorcio del XVI secolo.
Datazione confermata dal restauro che ha evidenziato, pur nella semplicità della rappresentazione, l’epoca e l’alta qualità del manufatto. Mentre la struttura fasciata di noce d’india è del 1718 come risulta dall’atto notarile di fabbricazione.
È stato rinvenuto, sotto lo strato delle ridipinture e degli stucchi, parti della doratura originale a racemi di Sant’Antonio e la particolare realizzazione della veste di S. Paolo fatta con canne palustri intrecciate proprio secondo la tradizione iconografica del Santo Anacoreta.
E proprio iconograficamente si rileva l’appartenenza dell’opera al secolo del Concilio di Trento: il Santo, pur nella gloria dell’immagine (particolare la coloritura degli incarnati, le dorature), è ponte e mediatore con la Grazia Divina. A tal proposito si confronti la grande cassa processionale del Maragliano con lo stesso soggetto che manifesta una corporeità da parata tipicamente barocca.
La disposizione delle statue non è l’originale in quanto ha subito molte modifiche nel corso dei secoli ma ne rispecchia molto l’ideale rappresentativo Controriformista.
Infine i due leoni (da notare le code in ferro battuto) in postura quasi araldica danno a tutta l’opera una forte caratterizzazione simbolica.

Note storiche:
Il SANT’ANTONIO ABATE del MARAGLIANO
La grande scultura in legno, realizzata secondo le più recenti indicazioni tra il 1703 e il 1710 e acquistata nel 1874 dalla Confraternita locale, rappresenta Sant’Antonio Abate contemplante il corpo di San Paolo Eremita con due leoni che scavano una fossa mentre l’anima sorretta da angeli s’invola al cielo.
Un piccolo angelo sorregge la mitra e il pastorale, vicino ci sono sia il maialino che il fuoco ardente simboli iconografici del Santo.
E’ una delle poche opere processionali del Maragliano dove l’evento è racchiuso in se stesso e non aperto in forma di rappresentazione devozionale.
Colpisce sia la grande base scolpita a rocce e decorata da verzure e piccoli animali che la rarefatta pacatezza dell’ambientazione e delle poche figure.
La prima, forse, unica libertà dell’esecutore; la seconda, forse, precisamente indicata dai committenti dell’opera: i confratelli dell’Oratorio (oggi distrutto) sotto il titolo del Santo in Strada Giulia, ora Via XX Settembre, detto “dei Birri” ossia la polizia dell’epoca.
Le figure dei santi sono grandi al vero. Sant’Antonio ha l’abito proprio del suo ordine monastico con il simbolo della Tau sulla spalla destra, San Paolo è vestito con una tunica di stuoia intrecciata tipica degli anacoreti (eremiti) della chiesa orientale dei primi secoli.
Solo gli angeli e il manto dell’anima hanno decori tipici delle stoffe genovesi del tempo.
Molto bella è la base rocciosa a cui si appoggia San Paolo e da cui si imposta il vorticoso girare di nuvole e angeli sorreggenti la figura, più piccola del vero, dell’anima in estasi.
E’ un grande esempio del Maragliano che unisce genialità artistica e maestria nel trattamento del legno, un capolavoro del barocco genovese.
L’opera è tuttora portata processionalmente, una volta l’anno il 15 agosto, da squadre di 16 uomini e il suo peso si stima in oltre 10 quintali.
Per tutti a Mele è “uno di famiglia” perché il Sant’Antonio Abate esprime l’identità collettiva e le tradizioni più amate e sentite dei melesi.

 

Questo tesoro dell’arte, tra il settembre 2009 e il maggio 2010, è stato sottoposto a complessi e delicati restauri realizzati nel laboratorio di Antonio Silvestri a Santa Maria in via Lata, che occupa gli stessi spazi dove aveva sede l’antica Confraternita genovese che per prima commissionò l’opera al Maragliano.
Prima degli interventi l’opera è stata sottoposta a una batteria diagnostica completa, a partire dagli esami radiografici per valutarne anche la staticità e verificarne l’anima metallica che aveva subito manomissioni, probabilmente in buona fede, che però ne hanno irrigidito la struttura e provocato fessurazioni.
Sono state verificate anche la qualità, l’essenza e la datazione del legno e con stratigrafie e prelievi colorimetrici l’originalità della struttura pittorica, di pregio assoluto ed ora riportata in luce.
E’ stato inoltre eliminato l’ingombrante bordo del basamento ligneo aggiunto successivamente perché, oltre ad appesantire l’estetica dell’opera ne aveva alterato il ritmo con l’asportazione delle decorazioni a ramarri, foglioline e fiori che sono state ricollocate nella posizione originale.
Il 5 giugno 2010 la maestosa cassa processionale lignea è stata montata in piazza a Mele e riconsegnata alla Confraternita tra grandi festeggiamenti.
“L’amore che circonda quest’opera d’arte – ha detto Giorgio Devoto – arricchisce la cassa processionale di Sant’Antonio Abate, un capolavoro assoluto, di un surplus di preziosità fatto degli sguardi, dell’affetto, delle ideali carezze di tutti i melesi. Sono felice e orgoglioso di poter partecipare con la Provincia a questa festa che raccoglie e celebra tutta la memoria del territorio.”
“Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno sostenuto, promosso e reso possibili i restauri – ha detto Benedetta Clio Ferrando – e la Confraternita per aver saputo conservare nei secoli questo gioiello per i melesi e il territorio. Ora contiamo i giorni che ci separano dal ritorno del Santo che arriverà a Mele il 4 giugno 2010, preceduto il 3 da un importante convegno di studi e al programma dei festeggiamenti partecipano anche i Comuni vicini, molte associazioni, e in modo collettivo e in ogni forma possibile tutti i nostri concittadini in ogni forma possibile.”

Tra l’originalità piena di luce del Theatrum Sacrum in piazza e magiche coreografie di Kyra con il fuoco, simbolo di ascesi e purificazione la sera del 4 giugno e con feste, danze, cori, esposizioni, visite guidate al Sant’Antonio fino al 13, il vero clou degli eventi è perciò “proprio il calore della comunità melese che festeggia l’emblema della sua storia e della sua devozione” chiosa l’assessore Ignazio Galella.
Il restauro della cassa processionale (con Sant’Antonio che assiste al trapasso di San Paolo Eremita, mentre la sua anima nelle sembianze di un giovane viene trasportata in cielo da tre angeli e due leoni scavano la tomba per le spoglie del pio Eremita) “è stata una sfida complessa ed eccezionale – ha detto Alessandra Cabella – come questa scultura realizzata in modo stupendo e raffinatissimo dal Maragliano”.

 

Link: http://www.comune.mele.ge.it/

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 23/08/2010

FELTRE (BL). Museo Diocesano di Arte Sacra – “Sant’Antonio abate” di Sebastiano Ricci

Il Museo Diocesano si trova nella Citta Alta, in Via Paradiso, 19 e dispone di un ampio parcheggio. E’ raggiungibile in auto, percorrendo dopo Porta Imperiale la Via Mezzaterra fino a Piazza Maggiore dalla quale si imbocca, subito a sinistra, Via Paradiso in direzione della Galleria Rizzarda.

 

La visita al Museo diocesano inizia normalmente nel salone che già nelle sua pareti presenta straordinari documenti di storia e di arte, dagli stemmi dei vescovi agli affreschi di scuola del Mantegna ricchi di riferimenti classici.
Il visitatore più illustre del palazzo è stato certamente l’imperatore Massimiliano d’Austria le cui armate, dicono gli storici, si sono precipitate subito nelle cantine che sono state ben presto svuotate.
E’ interessante iniziare la visita al palazzo proprio da queste ultime, suggestive anche perché ricavate nella roccia viva.
Davanti ad esse c’è il pluteo di Paderno, uno dei pezzi più antichi di arte cristiana del territorio, risalente al secolo VII o VIII e contrassegnato da una ricca simbologia.
Alcuni armigeri del XVII secolo, dipinti sulle pareti dello scalone principale, accompagnano il visitatore ai piani superiori.
La prima sorpresa che essi presentano è la stupenda Assunta di Andrea Brustolon, considerata il capolavoro dell’arte sacra dello scultore bellunese, in cirmolo, pervasa di dinamismo e di spiritualità.

LA SALA DELLA PITTURA
Il salone Gradenigo, degno di un palazzo veneziano soprattutto per il soffitto in legno decorato, contiene i dipinti che sono stati scelti secondo un criterio cronologico e stilistico.
Essi documentano come il territorio feltrino e bellunese sia stato aperto, dal 1400 al 1700, a molteplici influssi: da quello tedesco e nordico della tavola di San Gottardo a quello veneziano di Paris Bordon e di Jacopo Tintoretto, presente con un capolavoro firmato Tentor, da quello bizantino della icona cretese di Vedana a quello manieristico del centro Italia nella Madonna tra angeli, dolce e malinconica nelle suggestioni raffaellesche, da quello caravaggesco del Quo Vadis a quello napoletano di Luca Giordano per concludere in bellezza con i cinque capolavori di Sebastiano Ricci provenienti da Vedana, immersi in un mare di luce.
Nelle sale del Museo sono presentati due momenti fondamentali dell’attività bellunese di Sebastiano Ricci.
Il primo è costituito dalle opere realizzate intorno al 1704-1706 per la Certosa di Vedana e comprende le due grandi tele, provenienti dagli altari laterali, del Battesimo di Cristo e della Madonna con Bambino, Sant’Ugo di Grenoble e San Bruno di Colonia, due piccole tavole dello stesso periodo con un Santo monaco in preghiera e Sant’Antonio abate (fig.).

Un singolare dipinto su alabastro raffigura Cristo incontra i discepoli a Emmaus, è di attribuzione ancora incerta.
Il secondo nucleo, appositamente allestito nella saletta settecentesca del mezzanino, espone al pubblico, per la prima volta insieme, i quattro dipinti ovali della Cappella dedicata alla Sacra Famiglia della villa Fabris-Guarnieri di Tomo (Feltre), eseguiti tra 1719 e 1722.
Al Ricci appartengono l’Adorazione dei pastori e il Cristo nel tempio, mentre opera di Federico Bencovich è il Riposo nella fuga in Egitto e di Angelo Trevisani è il Transito di San Giuseppe.

LA CAPPELLA
La cappella del Vescovado contiene alcune dei pezzi di maggior pregio: dall’altare portatile del secolo XII, uno dei cinque esemplari presenti in Italia, alla Madonna gotica di S. Vittore, in alabastro e dal mantello a fiori di calle, al reliquiario in argento dorato di Antonio di Salvi, discepolo del Pollaiolo al Calice del Diacono Orso, di inestimabile valore storico e liturgico, in argento e del VI secolo, considerato il calice eucaristico pù antico dell’Occidente per concludere alla Croce postbizantina del 1542, in bosso, un vero capolavoro di microscultura, realizzata da un monaco del monte Athos, alta 40 centimetri con 52 scene evangeliche e quasi 500 personaggi.

LE SALE DELLA SCULTURA
Nelle due sale della scultura sono presenti opere di stile nordico, come la Pietà o Vesperbil, di stile rinascimentale come gli straordinari Dodici apostoli di San Gottardo. di stile barocco come i Quattro Evangelisti di Andrea Brustolon, di stile rococò come la Madonna del Piazzetta per terminare con il Besarel neoclassico.

I PARAMENTI E L’OREFICERIA
Uno dei paramenti più antichi della Diocesi è la pianeta del secolo XV in velluto ricamato. Accanto ad essa ci sono paramenti di vari stili, preziosi nei loro ricami in argento o in seta. Sono collocati di fronte alla saletta dell’oreficeria sacra. In quest’ultima si possono ammirare tre antichissime croci astili, rispettivamente di stile bizantino, gotico e rinascimentale, turiboli, calici, ostensori, ampolline, reliquiari, paci, vasi per fiori e per le offerte, crocifissi, carteglora. La maggior parte di questi pezzi sono in argento e provengono dalle botteghe veneziane che certificavano con punzoni la loro qualità.
La visita al Museo si può concludere con la visione di un breve filmato dedicato alla Croce postbizantina di Feltre.

 

Link:  https://www.museodiocesanobellunofeltre.it/

Fruibilità:
Il Museo è aperto venerdì, sabato e domenica di ogni settimana d’inverno (metà settembre – metà maggio) 9-13/14-18 e d’estate (metà maggio-metà settembre) 9.30-13/15-19.30).
Per visite guidate tel. 0439 – 844082).

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 28/07/2010


 Sebastiano Ricci dipinse diverse altre opere con soggetto “Tentazione di sant’Antonio abate”.

https://www.santantonioabate.afom.it/argelato-bo-quadreria-del-ritiro-san-pellegrino-tentazioni-di-s-antonio-abate-di-s-ricci-1706-7/

https://www.santantonioabate.afom.it/firenze-museo-bardini-galleria-corsi-tentazioni-di-santantonio-abate-di-s-ricci-1706/

https://www.santantonioabate.afom.it/francia-mulhouse-museo-delle-belle-arti-tentazione-di-santantonio-abate-di-s-ricci-xviii-secolo/

https://www.santantonioabate.afom.it/francia-parigi-museo-del-louvre-tentazione-di-santantonio-di-s-ricci-xviii-secolo/

https://www.santantonioabate.afom.it/germania-monaco-di-baviera-gemaldegalerie-tentazioni-di-s-antonio-abate-di-s-ricci-1700-24/

https://www.santantonioabate.afom.it/milano-castello-sforzesco-pinacoteca-tentazioni-di-s-antonio-abate-di-s-ricci-1694/

https://www.santantonioabate.afom.it/milano-collezione-porro-tentazione-di-s-antonio-di-s-ricci-1700-7/

https://www.santantonioabate.afom.it/russia-sanpietroburgo-museo-hermitage-tentazione-di-s-antonio-di-s-ricci-1706-7/

https://www.santantonioabate.afom.it/venezia-ca-rezzonico-le-tentazioni-di-s-antonio-abate-di-s-ricci/

https://www.santantonioabate.afom.it/collocazione-ignota-tentazioni-di-s-antonio-abate-di-s-ricci/

VIGO di Cadore (BL). Chiesa di San Martino, vetrata con sant’Antonio abate

 

La chiesa dedicata al vescovo di Tours, al centro della “cortina” (cimitero) di Vigo, è di antichissima istituzione, come testimonia una pergamena del 1186.

 

All’esterno, l’edificio offre una vista migliore dalla parte absidale ove risalta la posizione arroccata, la geometria dei volumi del corpo murato e della copertura a scandole.
L’attuale costruzione risale al 1559 e fu ampliata nel XVIII sec. con l’aggiunta delle navate laterali.
L’interno è a tre navate e tre campate scandite da pilastri a croce e archi a tutto sesto che definiscono uno spazio di gusto romanico.
Il soffitto a volte con nervature a stella evoca invece la cultura del gotico postumo.
Ricca la decorazione di opere pittoriche e scultoree: nel coro due grandi tele a olio (1880), capolavori del pittore Tomaso Da Rin Betta (1838-1922) nativo di Laggio; nella navata destra una pregevole pala lignea (1866) opera dell’intagliatore zoldano Valentino Panciera Besarèl (1829-1902).
L’organo fu realizzato nel 1757 da Antonio Barbini di Murano, modificato nel 1894 da Carlo Aletti ed infine restaurato nel 1997.

Da notare, in fondo alla navata destra, una vetrata con la raffigurazione di un Sant’Antonio Abate.

 

Note storiche:
Il 21 marzo 1208 Vigo fu, infatti, costituita al rango di ecclesia (insieme alle altre matrici del Cadore: Ampezzo, San Vito, Valle, Domegge, Auronzo, Santo Stefano) derivate dall’unica antica pieve di Pieve di Cadore, elevata già prima del 1247 ad Arcidiaconato, retto da un arcidiacono eletto tra il clero cadorino.
Nel 1347 il patriarca Bertrando di S. Genesio concesse il battistero alle 7 pievi. La circoscrizione ecclesiastica della pieve di S. Martino di Vigo comprendeva Lorenzago e Lozzo.

 

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 29/07/2010

VILLAFRANCA PIEMONTE (TO), fraz. San Giovanni. Cappella di Santa Maria di Missione, affresco di s. Antonio abate

Villafranca_missioneLa cappella di Missione è la chiesa più antica di Villafranca Piemonte, sorge sul luogo di una cappella già esistente nel 1037, quando venne donata dal vescovo di Torino Landolfo all’abbazia di Santa Maria di Cavour che la restituì nel 1315 e da allora rimase alla comunità.
Il nome di Missione compare in documenti del XIII secolo come toponimo, forse preromano, ma di oscuro significato. Di essa si hanno infatti notizie già in un documento del 1037, ma alla fine del Trecento è stata ricostruita ex novo e arricchita di pregevoli affreschi, sia all’interno che all’esterno.
Gli affreschi interni, databili intorno al 1430, sono in gran parte attribuiti all’opera di Aimone Duce (Dux Aymo).
Missione-4 s antonioLa successione degli affreschi interni si può suddividere in tre gruppi: quello principale, un ciclo mariano dipinto sulla parete absidale dietro l’altare; le opere presenti sulle due pareti laterali, con raffigurazioni di santi, tra i quali, nella parete sud – lato destro, affresco non attribuito, che raffigura sant’Antonio Abate.
Questa figura è particolarmente importante per collocare temporalmente gli affreschi perché quest’affresco reca in basso a destra l’unica data leggibile in tutta la chiesa: 1541.

La costruzione ha una facciata triangolare piuttosto rustica. All’esterno la facciata è interamente intonacata. È possibile che in origine la superficie fosse a mattoni a vista come le pareti laterali e infatti l’intonaco si va a sovrapporre all’affresco. Si tratta di una scena raffigurante l’Annunciazione, che sovrasta la porta d’ingresso, e di due Santi (ormai scomparsi) di cui uno è probabilmente San Rocco collocati a sinistra e destra della porta. Per questo dipinto si è ipotizzata la data del 1530 e l’attribuzione a Jacobino (Giacobino) Long. Una gigantesca figura di San Cristoforo (ormai appena visibile) si trova sulla parete sud dell’edificio e frammenti di decorazione a motivi geometrici sono attorno alla finestra e sotto lo spiovente del tetto.
La chiesa all’interno è a navata unica, divisa in due campate: nella prima le pareti e la volta, in origine, non erano decorate ma rifinite con un intonaco bianco, nella seconda invece tutte le superfici sono state dipinte.
Il ciclo di affreschi di Aimone Duce occupa la parete di fondo ed è composto da due scene: una Annunciazione sovrastante ed una Deposizione, o meglio un compianto sul Cristo morto, nella scena inferiore.
La lunetta della parete di sinistra è occupata dalla raffinata rappresentazione della processione delle virtù e dei vizi impersonati da figure femminili che sono intente all’attività che le caratterizza e sono (i vizi) diretti alla bocca dell’inferno (rappresentato da un grande pesce nella bocca del quale si intravedono i dannati) cavalcando animali che sono essi stessi simboli del peccato descritto e sospinte e accompagnate da demoni mostruosi.
Tutta la fascia bassa dell’affresco è occupato da una serie di dodici santi che sono (da destra a sinistra): san Michele Arcangelo, sant’Andrea Apostolo, san Bernardo, sant’Antonio Abate, san Costanzo, la Beata Margherita di Lovanio (?), san Chiaffredo, san Claudio Vescovo di Besançon, il Martirio di san Sebastiano, santa Caterina, san Valeriano, san Giovanni Battista.
La lunetta di destra è occupata dalla scena in cui il committente è presentato alla Vergine (con il Bambino in braccio) da San Giulio Vescovo suo protettore. A destra della Vergine vi è una figura di Santo militare non identificabile.
La restante parte dell’opera, della quale non si conosce l’autore ma solo il committente che ha lasciato il suo nome nel cartiglio (Giulio de Giuli), occupa la volta.

 

Info:
In frazione San Giovanni, località Graneri, in aperta campagna, vicino a un corso d’acqua.
Comune di Villafranca Piemonte, telefono 011.9807107, e-mail: info@comune.villafrancapiemonte.to.it
Altre notizie storiche sulla chiesa sono reperibili su :
http://www.comune.villafrancapiemonte.to.it
Vedi anche: http://www.jaquerio.afom.it/villafranca-piemonte-to-la-cappella-di-missione-a-villafranca/
http://archeocarta.org/villafranca-piemonte-to-cappella-missione/

Leggi anche l’allegato: Aymo Dux e Giacomo Jaquerio

Nome del rilevatore: Angela Crosta