RUFFANO (Le). Grotta del Crocefisso, affreschi con sant’Antonio abate

Situata in aperta campagna, al confine con il comune di Casarano, la grotta carsica del Crocefisso o di Santa Costantina, nonostante ricada in territorio ruffanese e sotto la giurisdizione ecclesiale della Chiesa Madre di Ruffano,  è stata da sempre ritenuta parte integrante della città di Casarano per via della lontananza dal centro abitato.
Sul colle detto Serra, l’ambiente ipogeo naturale fui trasformato in luogo di culto dai bizantini nell’XI secolo; appartenne ai Benedettini e poi agli Olivetani di San Pietro di Galatina.

Nella parte più larga dell’ambiente ipogeo è stato realizzato un altare.

Tra gli affreschi si nota un San Paolo eremita, Sant’Elena, Sant’Antonio abate, una Crocefissione a palinsesto con la Vergine e San Giovanni Battista.
Accanto vi sono un Battista, San Domenico, un riquadro datato 1516 con Sant’Antonio abate, un pannello con Adamo ed Eva; seguono, ancora, pannelli del tardo Cinquecento con una Santa martire e Sant’Eligio con il simbolo dei cavalli quale protettore dei maniscalchi.

La Grotta fu abbandonata nel XVII sec.
Rimane solo il Santuario – ove permane il culto – ed una serie di pannelli dipinti apposti sulle pareti della grotta naturale.

 

Bibliografia:
Franco Dell’Aquila, Puglia e Matera – Insediamenti rupestri, Mario Adda Editore, Bari 2010

Link:
https://www.salentoacolory.it/la-grotta-cripta-del-crocifisso-ruffano/

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 07-07-2010

PECETTO TORINESE (To). Chiesa di San Sebastiano – “Le Tentazioni di Sant’Antonio abate” (affreschi di pittore di scuola jaqueriana).

 

All’estremità meridionale dell’abitato attuale, presso il  cimitero,  https://goo.gl/maps/zCHuAZoC7sBjPj6XA  si trova la chiesa romanico-lombarda di San Sebastiano, parrocchiale “ad antiquo“, dalla facciata spoglia, incentrata su un oculo ed un portale ogivale, che evidenzia lo spazio della nave centrale.

 

Il luogo è legato alla storia territoriale di Chieri.
A S dell’abitato, nell’area oggi compresa tra la chiesa di San Sebastiano e la frazione di San Pietro, era l’insediamento di “Covacium“. menzionato nel 1064 tra i beni dell’abbazia di Nonantola, nel 1159 tra quelli dell’abbazia di San Solutore, quindi possesso dei Biandrate.
Nel 1224 gli uomini di “Covacio” furono aggregati alla comunità di Chieri: la creazione nel 1227 di Pecetto quale borgofranco, con una torre di difesa, segnò la completa affermazione di Chieri contro i vescovi di Torino ed i conti di Biandrate, cui seguì il prevalore del nuovo insediamento sul precedente (testimoniato dall’elezione a pieve nel 1386).
Il borgo con opere difensive e ricetto passò nel 1542 sotto Torino.

 

Note storiche:
L’interno a tre navate – con abside rivolta a est e sistema costolonato ad archi ogivali e volte a crociera – è adorno di affreschi illustranti episodi della vita di San Sebastiano e di altri santi, di scuola lombardo-piemontese dei sec. XV e XVI; tra i primi, importante è la Natività di Jacopino Longo (1508) sulla controfacciata.
Alla parete destra, Madonna del Rosario, santi e devoti (1608).
Nel presbiterio, a sinistra dell’altare, Madonna col Bambino e santi (1681); sulla parete di fondo, grande Crocefissione (c. metà del sec. XV).

Sulla volta del presbiterio, affreschi di Guglielmetto Fantini (storie di San Sebastiano e di Sant’Antonio Abate, Evangelisti), pittore formatosi sugli esempi di Giacomo Jaquerio).
Nelle quattro vele della volta del presbiterio altrettanti affreschi raffigurano rispettivamente: l’Incoronazione della Vergine; i Quattro Evangelisti; il Martirio di S. Sebastiano e le Tentazioni di S. Antonio  (vedi fig.).
Scrive Claudio Bertolotto che tali “affreschi sono opera di un pittore formatosi sugli esempi di Giacomo Jaquerio” e aggiunge “Le scene affrescate a Pecetto ci mostrano un pittore dallo stile ormai maturo e inconfondibile,… ma che si adattano anche a temi di vario genere, sempre volgendoli in chiave drammatica.”

La quarta vela illustra le Tentazioni di S. Antonio, ovvero il massimo della pornografia permessa al tempo in quanto la diavolessa tenta il santo mostrandogli un ginocchio. In questa figura Guglielmetto Fantini, più che ispirarsi a Jaquerio sembra caricaturare l’analoga scena jaqueriana a S. Antonio di Ranverso in cui la tentatrice rivela ben maggiori probabilità di successo essendo notevolmente più attraente.
Di diretta derivazione jaqueriana sono invece le figure diaboliche che ricordano insetti ripugnanti simili a quelle presenti a S. Antonio di Ranverso.
Claudio Bertolotto commenta inoltre: “Più aderente al modello jaqueriano è invece l’altra scena affrescata nella stessa vela, dove S. Antonio è preso a randellate da una banda di demoni. Questi ultimi derivano senza dubbio da quelli di Ranverso, nei torsi come squartati e internamente vuoti, che fanno risaltare le mostruose appendici tra le gambe….”

 

Cronologia: XV – XVI sec.

Fruibilità:
Chiavi presso il Comune, tel. 0118609218)

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 25/01/2010

CAVALLERMAGGIORE (CN). Chiesa di San Pietro, affresco raffigurante sant’Antonio abate

Via San Pietro – Cavallermaggiore (Cn)

L’edificio era situato all’esterno della cinta muraria medievale, e pare che nell’anno 969 fosse stato donato da Arduino il Glabro al monastero benedettino della Novalesa.
Nel secolo XI fu ricostruita con parziale reimpiego di materiali di epoca romana.
In epoca medievale, ebbe il titolo di parrocchia fino a quando, nel XVI secolo, venne soppiantata dalla nuova chiesa di San Michele eretta nel 1511.
Citata nel testamento di Ajmone di Acaja del 1398. Era molto più lunga, ma fu ridotta nel XVIII secolo per ampliare il cimitero.
Sulla facciata si può osservare una data impressa in cifre arabe: 1021.
Il 1021, considerando le caratteristiche della struttura, si potrebbe, comunque, riferire verosimilmente alla data di costruzione o di riedificazione della chiesa.

La  Chiesa di San Pietro, antico priorato dipendente dall’abbazia della Novalesa e poi di Breme, è in stile romanico ed è formata da tre navate che terminano con absidi.
All’interno AFFRESCHI del XV- XVI secolo.
La decorazione dell’abside sinistra è attribuita ad Hans Clemer (e alla sua scuola) che la eseguì nel 1490-1500.
Nel catino absidale è affrescata l’Incoronazione della Vergine, sormontata, all’esterno dell’arco, dall’Annunciazione. Parasta tra abside maggior e di destra: una mediocre figura di san Pietro. Muro dell’arco di trionfo : Crocifissione in cattive condizioni di conservazione.
Abside centrale: Madonna col Bambino tra i santi Nicola e Giovanni Battista forse del 1470 ad opera del Turcotto. In basso figure di santi: un ecclesiastico non identificato, san Sebastiano di mano di un ignoto pittore che risente di influssi francesi.
L’absidiola sinistra è opera di un artista tardogotico, forse tra il 1460 e il 1500. Le opere hanno sofferto di ridipinture e raffigurano: nel catino, Cristo in una mandorla dai colori dell’arcobaleno dona le chiavi a Pietro; nel semicilindro, da destra san Cristoforo, san Giovanni Battista, Cristo dolente, Petronilla vestita alla romana con un libro (era la figlia spirituale di san Pietro).
Invece opera di un artista di scuola monregalese del XV secolo è una Madonna in trono in una cornice a bande bianche e rosse col Bambino ritto sulle ginocchia; alla base graffiti antichi.

Sulla parete di destra, da sinistra, a figura intera, i santi: Giovanni Evangelista, Maurizio (di incerta interpretazione), Benedetto, Giovanni Battista, Antonio abate.

 

Bibliografia:
 – Carità G.; Genta E., Percorsi storici: studi sulla città di Cavallermaggiore, Edizioni del Comitato permanente per la tutela del patrimonio culturale, Cavallermaggiore CN, 1990
– Galante Garrone G. (a cura di), Hans Clemer, il Maestro di Elva, Ed. C.R.T. Torino, 2002

Link: http://www.comune.cavallermaggiore.cn.it
http://archeocarta.org/cavallermaggiore-cn-chiesa-di-san-pietro/

Fruibilità:
Orari di apertura:
tel. 0172.381055, Comune – e-mail: info@comune.cavallermaggiore.cn.it

Rilevatore: Valter Bonello

Data ultima verifica sul campo: 20/09/2009

VARISELLA (To). Chiesa parrocchiale, affresco di “Madonna in trono con s. Antonio abate” strappato dalla Cappella di S. Biagio

Chiesa Parrocchiale di San Nicola, Via Don Giocondo Cabodi, 5 / Via Fiano, 39


La chiesa conserva, dal 2000,  un affresco  del XV secolo rappresentante la Madonna in trono con sant’Antonio abate, staccato per motivi conservativi dalla Cappella di San Biagio  – che era la chiesa del castello di Baratonia, vedi info sotto.

Degli affreschi che decoravano le pareti laterali si sono potuti salvare pochi frammenti di una Madonna in trono con Bambino, probabilmente seduta in braccio a Sant’Anna (di quest’ultima si intravede una mano che stringe delicatamente a sé la Madonna), secondo l’iconografia della Sant’Anna Metterza ossia messa in terzo piano dietro la Vergine e il bambino Gesù e, accanto ad essi, Sant’Antonio abate tormentato da un diavolo  (immagine confrontabile con quella dello stesso Santo affrescata in San Giuliano a Rubbianetta opera dello stesso pittore).
Il pittore, detto “maestro di Rubbianetta” per gli affreschi di San Giuliano a Rubbianetta, è un maestro ancora legato alla tradizione pittorica formatasi sugli esempi di Jaquerio e di Ajmone Dux, pur con timidi aggiornamenti “rinascimentali” (C. Bertolotto, Gli affreschi del “maestro di Rubbianetta”, in Boschi e Castelli, Itinerari medievali nelle terre dei Visconti di Baratonia, Gruppo Archeologico Torinese e Ecomuseo Val Ceronda, Nichelino 2007).

 


 

CAPPELLA DI SAN BIAGIO
Situata ai piedi dei ruderi del Castello di Baratonia, a poco più di 3 km dalla Parrocchiale di S. Nicola. https://goo.gl/maps/KY1dwtPBHGdpYyFU9

Info: www.comune.varisella.to.it/

La struttura romanica originaria fu ampliata nel 1904 rovesciandone la facciata e demolendo l’abside: andarono perduti gli affreschi del ‘400, che però per fortuna erano stati fotografati nel 1893 dall’avvocato Secondo Pia, autore di una ricchissima serie di immagini di monumenti medievali piemontesi.
La chiesetta è immersa in un suggestivo ambiente naturale, tra boschi ed una fitta vegetazione. Antica parrocchiale, è diventata col tempo una cappella votiva. La festa del 3 febbraio è molto partecipata da tutti i dintorni.
Nel 1994 nella chiesa fu rinvenuto l’unico affresco del ‘400 superstite, oggi conservato nella chiesa parrocchiale di San Nicola.

 

 

Bibliografia:
C. Bertolotto, Madonna in trono con S. Antonio Abate, in Gli affreschi quattrocenteschi della chiesa di San Biagio di Baratonia, Varisella 2001.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 14/07/2009

Varisella. Parrocchiale San Nicola

DRUENTO (To). Cappella di San Giuliano, affresco rappresentante sant’Antonio abate

 

La cappella di San Giuliano si trova all’interno del Parco Regionale della Mandria, in territorio di Druento, in prossimità della cascina Rubbianetta, oltre il rio Torto, lungo la strada del Galiasso che da qui parte.


Fu edificata intorno al 1263 quale cappella benedettina dedicata a San Giuliano e successivamente ricostruita nel XV secolo.
Al suo interno sono conservati affreschi coevi, mentre la facciata, molto semplice, è di epoca seicentesca.

La chiesetta sorgeva ai piedi del castello che i Signori di Druento eressero a metà del XV secolo sull’area di un antico ricetto di cui si intravedono i resti sull’altura tra gli alberi. Nel luogo detto “Rubbianetta” esisteva un borgo eretto in comunità indipendente appartenente al viscontado di Baratonia con una popolazione dedita soprattutto all’agricoltura e al commercio del legname di cui erano ricchi i boschi circostanti.
Secondo Monsignor Della Chiesa, scrittore di Patrie Storie nonché vescovo di Saluzzo, il nome Rubbianetta deriverebbe da un’antichissima famiglia detta “Rubineta”, ma non è da escludere che possa derivare dal latino Robur – roboris, cioè rovere, e che quindi volesse indicare un territorio coperto da boschi di querce, gli stessi che ancora oggi crescono folti nei suoi pressi.
Il borgo Rubbianetta fu posto sotto la protezione di San Giuliano martire in onore del quale fu edificata la Chiesa omonima.
Nel 1594 la giurisdizione religiosa su San Giuliano fu affidata alla parrocchia di Druent: da allora il parroco di Druento ebbe la totale amministrazione della parrocchia di Rubbianetta e si chiamò Prevosto di Druent e Curato di Rubbianetta; la nuova parrocchia, unione delle due, si chiamò parrocchia di Santa Maria della Stella e S. Giuliano in Rubbianetta e portò questo nome fino al 1986, anno in cui l’Ordinario Diocesano di Torino decretò che si sarebbe chiamata solamente più Santa Maria della Stella.
Gli anni dal ‘500 all’inizio del ‘600 furono caratterizzati da liti e pendenze su questioni legate ai confini tra i territori di Druent e quelli di Rubbianetta; dopo la grave pestilenza del 1612 che decimò la popolazione e una lite con i signori Provana legata alla onerosità delle imposizioni fiscali iniziò una lenta e irreversibile decadenza della Comunità della Rubbianetta i cui abitanti si spostarono oltre il Ceronda per dare vita all’attuale paese di Druento.
L’utilizzo stesso della chiesa diminuì ma si mantennero gli appuntamenti tradizionali del 28 agosto, giorno di San Giuliano, e del 18 aprile, annuario della consacrazione della chiesa. Una piccola ma significativa ripresa dell’attività religiosa coincide con la costruzione della cascina Emanuella, l’attuale Rubbianetta, dedicata da Vittorio Emanuele II al figlio Emanuele Alberto avuto dalla Rosa Vercellana.

L’impianto tardoromanico originario della Cappella di San Giuliano, risalente alla fine del XII secolo, ha subito trasformazioni ed ampliamenti a partire dalla metà del secolo tredicesimo.
In un periodo che si pone intorno al 1440 viene realizzata l’abside poligonale in laterizio contestualmente all’arco trionfale a sesto acuto che separa il transetto dalla navata e ai due tratti di muro che congiungono i punti di innesto dell’abside con le pareti laterali.
Gli interventi secenteschi riguardano l’erezione della facciata barocca, tripartita e cadenzata sull’impianto architettonico e il modesto controsoffitto ligneo a doghe di pioppo, poi ripreso nel Novecento, in sostituzione del soffitto a cassettoni che nel Quattrocento completava la navata.

L’opera di restauro
Nel corso del 2003, sono stati eseguiti interventi di restauro su incarico dell’Ente Parco che  ne affida la progettazione all’architetto Gianfranco Gritella di Torino. Vengono eseguiti interventi di restauro e consolidamento strutturale per opera dell’impresa Zumaglini & Gallina di Torino e, per gli affreschi, della ditta Nicola Restauri di Torino.
I lavori consistono nel ripristino puntale delle parti ammalorate e nella sostituzione dove necessario di alcune di esse: si è proceduto al rifacimento del tetto, al risanamento statico-strutturale del fabbricato e delle sue pertinenze murarie (l’antico perimetro di Cinta del Ricetto), al restauro delle superfici interne e alla revisione dei pavimenti.
Sono stati inoltre restaurati gli arredi della cappella, la Pala dell’Icona (tela dipinta a olio della metà del XVII secolo), l’altare ligneo, l’acquasantiera in pietra, la trave lignea decorata, le panche e le superfici pittoriche affrescate con eliminazione parziale degli intonaci ottocenteschi in modo da valorizzare l’impianto pittorico quattrocentesco enucleandolo dal contesto circostante che ripropone l’originale superficie muraria in ciottoli e laterizi.
E’ stata quindi realizzata e posizionata nella cappella una copia dell’antico crocifisso ligneo.
L’impiego della luce artificiale debitamente indirizzata mira ad accentuare il risalto delle scene pittoriche facendole emergere con forte contrasto cromatico dall’intorno circostante mantenuto prevalentemente in oscurità.

Gli affreschi.
Alla fine del secolo XV, alcuni a firma di Giovanni Marcheto, sono databili gli affreschi interni della Cappella; sono riconoscibili S. Antonio abate, S. Francesco, Sant’Anna, il Beato Antonio Neirotti da Rivoli, S. Friolo, S. Michele, S. Sebastiano, S. Andrea, S. Domenico, S. Pietro, S. Antonio, S. Giovanni Battista, S. Giacomo, S. Grato.
I resti purtroppo molto rovinati di affreschi presenti sulle pareti dell’abside risalgono alla seconda metà del 1600 e sostituiscono dipinti precedenti, forse cinquecenteschi.
La trave lignea porta un crocefisso dipinto su tavola di sapore iconografico bizantino (periodo Tre-Quattrocentesco), superstite di un trittico ligneo di cui sono andate perdute le parti laterali.

 

Bibliografia:
 – Claudio BERTOLOTTO, Gli affreschi del “maestro di Rubbianetta”, in Boschi & Castelli, Itinerari medievali nelle terre dei Visconti di Baratonia, Gruppo Archeologico Torinese – Ecomuseo Val Ceronda, Nichelino 2007, pp. 95-100.

Note:
da C. Bertolotto (vedi sopra):
“… Sant’Antonio Abate è rappresentato con ai piedi un maialino, sul tratto di parete alla base dell’arco absidale, accanto alla raffigurazione di San Pietro.
La scelta di una posizione di particolare rilievo per la figura di Sant’Antonio, ben visibile dalla navata della chiesa, a lato dell’altare, si può spiegare col fatto che il promotore della campagna di affreschi fu probabilmente il frate antoniano Marcellino de Thebanis di Pianezza, eletto nel 1489 primo parroco della parrocchia di San Giuliano di Rubbianetta…”

 

Fruibilità:
Da molti anni la chiesa è chiusa al culto e viene riaperta ogni anno per celebrare la messa solo in occasione della festa di San Giuliano a fine agosto.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 10/07/2009