BORGO SAN DALMAZZO (Cn). Abbazia di San Dalmazzo di Pedona, altare già di Sant’Antonio abate.

Abbazia-Parrocchiale di Borgo San Dalmazzo, nei pressi di Cuneo.

 

Le testimonianze più antiche di insediamento nell’area di Borgo San Dalmazzo, interessata in età romana da una necropoli, sono costituite dalle strutture murarie in parte messe in luce dallo scavo archeologico eseguito negli anni Cinquanta del secolo scorso.
Il corpo di fabbrica in questione, rinvenuto sotto la sacrestia settecentesca e sotto quella attuale e nel portico adiacente, ha fondazioni profonde a seguire il ripido pendio, che venne terrazzato con filari di grandi ciottoli, ed altre strutture collegate ad una stratificazione in situ che autorizzano l’identificazione dei resti di un edificio residenziale di epoca tardoromana, che venne solo parzialmente demolito al momento dell’edificazione di una prima chiesa, della quale si è individuata l’abside di sei metri di diametro, che sfruttò come muro di catena dell’arco trionfale un tratto delle strutture tardoromane, con un intervento attribuibile al tardo VI secolo.
Esse vennero riutilizzate anche in altri punti del terrazzamento, come attesta una grande tomba a cassa in lastre di bardiglio di Valdieri, inserita in un angolo dell’antico edificio: si tratta di una sepoltura privilegiata anche se non la più importante del sito per la sua posizione. A questa è forse accostabile anche un frammento di lastra decorata con croce gemmata e lettere apocalittiche, rinvenuta negli anno Ottanta del secolo scorso nel sagrato.
Una seconda ampia abside, evidenziata durante i lavori per la creazione di un’intercapedine di risanamento all’esterno della cripta, pare disporsi sul prolungamento di un breve tratto di muro orientato est-ovest, addossato e forse sovrapposto alla chiesa più antica.
A questo nuovo edificio di culto potrebbe riferirsi l’importante arredo architettonico altomedievale in pietra databile all’VIII secolo ed attribuito all’attività di una bottega di artigiani operanti sui due versanti delle Alpi Marittime.
La chiesa romanica nelle linee generali è quella ancor oggi esistente, riplasmata all’interno in forme decorative barocche, ma conservata nella pianta e nell’elevato.
All’XI-XII secolo sono pure riconducibili alcuni resti pittorici e frammenti di stucchi rintracciati su queste parti ora restaurate.
La costruzione della cappella gotica destinata alle reliquie di San Dalmazzo venne attribuita in un’attestazione degli anziani di Borgo del 1594 alla regina Giovanna d’Angiò.
Dopo la riduzione della chiesa ad ospedale militare ed ad altre vicende locali, si pose mano ai primi restauri della chiesa nel 1835, con riparazione di tetti e strutture e con interventi decorativi e pittorici. Dalla fine Ottocento, periodo in cui terminarono gli interventi di recupero, la chiesa ha mantenuto fino ad oggi la sua fisionomia.

Nel presbiterio si trovano gli elementi su cui gravitano i segni centrali della celebrazione eucaristica.
Sulle pareti laterali dello stesso campeggiano due tele secentesche raffiguranti l’Adorazione dei pastori e l’Ultima Cena, attribuite al pittore cuneese Lelio Scassa (XVII sec.).

 

Note storiche:
Con il riordino generale effettuato nel 1703, gli altari secondari, sorti nel tempo in maniera disordinata all’interno della chiesa, presero posto nelle cappelle ricavate in ogni campata esterna, sei per lato, concesse a famiglie o a sodalizi religiosi, e chiuse con cancelli metallici.
L’altare dedicato a Sant’Antonio abate pare uno dei più antichi come titolo, con legati di messe risalenti al 1546, spettante già ai Luperia, nel 1583 risulta agli Arlotto e poi ai Canubi, che vi istituirono una cappellania nel 1674.
Nel 1805 i conti Canubi accettarono la proposta di cambio di sede con la Compagnia del Suffragio e trasferirono il titolo di Sant’Antonio al terzo altare meridionale.
Il patronato si perse a fine Ottocento e l‘altare nel 1935 circa venne dedicato a santa Teresina del Bambin Gesù, come risulta dal cartiglio con scritta dedicatoria a questa santa.
Nella nicchia si trova ora la statua di san Dalmazzo evangelizzatore.
La vetrata del 1960 raffigura Santa Teresina con Gesù e il santissimo Sacramento.

 

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 27/07/2008

 

VETRALLA (Vt). La Parrocchiale dei Ss. Filippo e Giacomo, già di S. Antonio abate – scheda 1 (affreschi absidali).

Chiesa che si trova nell’alberata Piazza Marconi e con all’interno, a due navate, opere provenienti dalla vicina chiesa del Carmine che venne demolita nel 1909 e dalla chiesa Santi Filippo e Giacomo che fu colpita durante il bombardamento del 1944. E’ possibile, pertanto, trovare in questa chiesetta gli arredi ed alcune opere provenienti da altri edifici.


La struttura venne realizzata in epoche diverse a partire dalla prima metà del Settecento a cui è ascrivibile la parte che reca una decorazione più scura nei pressi della zona presbiterale.
Nel 1715, infatti, come riferisce una visita pastorale, i possidenti di bestiame di Vetralla decisero, per un voto a S. Antonio, di ingrandire la Cappella dedicata al santo. La chiesa fu quindi allungata ed il soffitto in quell’occasione venne interamente dipinto.
Successivamente, nel 1909 venne inserita la cappella dedicata alla Madonna del Carmelo dopo che la vicina chiesa dei Carmelitani dovette essere demolita. Anche in questa occasione la chiesa subì un ampliamento: venne prolungata la navata con conseguente allungamento del soffitto.
Questa nuova parte, più chiara rispetto alla precedente, venne dipinta dal pittore Giulio De Simoni nel 1925-27 il quale realizzò anche l’attuale decorazione della Cappella dedicata alla Madonna del Carmelo.
Il pavimento è realizzato con lastre di pregevoli marmi di prima scelta e varie pezzature accuratamente allettate con malta fine di calce e pozzolana e giunti connessi con malte cementizie bianche o colorate.
Si evidenzia la particolare cura adottata nel taglio dei conci, negli incastri in corrispondenza delle antiche mura e nella arrotatura e levigatura finale dell’insieme.
L’intero pavimento è composto da due guide di cui, una più grande, in corrispondenza della navata principale e l’altra, più piccola, nella Cappella della Madonna del Carmelo e da un decoro di carattere modulare.
Il disegno è composto da una serie di riquadri in pregevoli lastre di marmo Verde Guatemala, incorniciate da conci in marmo Bianco di Carrara e Bardiglio Imperiale.
Sottili ricorsi in marmo Rosso di Verona, tra loro ortogonali e intersecantisi nei centri dei riquadri principali, conferiscono all’intera pavimentazione una visione d’insieme gradevolmente policroma e coesiva e perfettamente armonizzata con il sovrastante cassettonato ligneo.


Il ciclo di affreschi
Dal punto di vista pittorico la chiesa attuale presenta una decorazione limitata. La parte inferiore dell’abside è stata realizzata nel 1563 da un non meglio identificato Maestro Claudio Pittore, mentre il catino absidale risale al secolo successivo. Sono invece scomparsi gli affreschi della navata, scalpellati e distrutti nel 1715 per far posto agli attuali medaglioni dipinti. Completano l’arredo artistico della chiesa alcune tele ed un affresco staccato.

La nostra analisi iconografica sarà dedicata esclusivamente alle raffigurazioni di S. Antonio abate. La devozione a questo santo iniziò quando l’originaria chiesetta di Santa Maria del Popolo fu affidata alla Compagnia di S. Antonio per l’Arte del Bestiame.

Scheda 1   –  AFFRESCHI ABSIDALI 

Nell’abside viene rappresentato sul trono S. Antonio abate con l’abito monacale ed i canonici attributi del pastorale e della campanella, infilata nella mano benedicente e simbolo delle tentazioni cacciate. Il volto benevolo è quello di un vecchio, la tradizione narra infatti che morì ultracentenario. ( immagini in basso).
Il personaggio è raffigurato assiso su di un trono ai cui lati sono stati rappresentate delle sfingi alate. Nell’antico Egitto erano simbolo di vigilanza ed erano rappresentate con un corpo di leone e con la testa umana. Successivamente, nell’arte greca, le vennero attribuite ali, mammelle e testa femminile. In questa forma appaiono nell’arte rinascimentale e nell’epoca successiva come simbolo di sapienza. E’ possibile, dunque, ascrivere le caratteristiche di vigilanza e sapienza alla figura di S. Antonio: sapienza per lo studio che fece delle Sacre Scritture e vigilanza sul Maligno.
Dietro di lui s’intravede il muso di un animale simile ad un maiale, tradizionale attributo del Santo, che, ad una più attenta analisi, risulta essere quello di un cinghiale. Quest’ultimo è stato il primo animale che venne accostato in Francia  alla figura di Antonio, diventato poi maiale per estirpare il ricordo dell’antica cultura celtica.
L’Abate è affiancato da due figure di Santi: si tratta di San Lorenzo e S. Alberto degli Abati.
Il primo è raffigurato con il libro dei Salmi e la graticola, strumento con cui gli fu imposto il martirio. Indossa la dalmatica, tradizionale veste liturgica dei diaconi. La presenza di questa figura accanto a S. Antonio potrebbe essere dovuta ad una associazione di attributi in quanto, anche se in maniera molto diversa, il fuoco caratterizza i due personaggi. Ma S. Lorenzo è anche il santo dedicatario della cattedrale di Viterbo, si è voluto così sottolineare il legame di Vetralla con la sua Diocesi.
L’altro personaggio è S. Alberto degli Abati, vissuto nel XIII secolo, raffigurato con l’abito dei monaci carmelitani. Regge in mano un libro e il giglio, simbolo di purezza e della vittoria riportata nella lotta sui sensi. Ai suoi piedi si trova un demone, simbolo del male sconfitto. Ma cosa ha indotto la committenza a far raffigurare Alberto degli Abati accanto a S. Antonio? Questi fu tra i primi santi carmelitani venerati nell’ordine del quale più tardi fu considerato il patrono. S. Alberto fu raffigurato probabilmente un ventennio prima della realizzazione della chiesa della Madonna del Carmine, con annesso il convento dei carmelitani, a testimonianza del fatto che già esisteva una particolare devozione per la Madonna del Carmelo.
Tutti i personaggi si trovano collocati su di un paesaggio raffigurato approssimativamente, tuttavia vengono contestualizzati nell’ambiente in cui si trova la chiesa: cioè il paesaggio ha l’intento di raffigurare realmente la campagna circostante l’edificio, che quando fu eretto si trovava fuori dalle mura cittadine.

Catino absidale.
Gli affreschi realizzati nel catino absidale sono più tardi rispetto a quelli sottostanti e realizzati su di una seconda struttura più bassa rispetto a quella originaria. E’ possibile datarli intorno alla metà del Seicento, data la differenza stilistica con quelli sottostanti sicuramente più pregiati.
Nel catino viene raffigurata la Madonna del Popolo nell’atto di proteggere i fedeli cingendoli con il manto. Il personaggio con la veste verde ed il mantello marrone guarda verso lo spettatore: potrebbe trattarsi di qualche notabile del paese che finanziò parte della spesa di questo affresco.
La raffigurazione di questo gruppo di figure è dovuta alla presenza dell’originaria cappelletta preesistente alla chiesa e dedicata proprio alla Madonna del Popolo.
Anche questo affresco è collocato su di uno sfondo naturalistico: in lontananza si intravedono la chiesa S. Antonio Abate e la chiesa del Carmine.


Scheda 2  Gli ovali settecenteschi, per approfondimenti e immagini vedi: https://www.santantonioabate.afom.it/vetralla-vt-la-parrocchiale-dei-ss-filippo-e-giacomo-gia-di-s-antonio-abate-scheda-2/

La chiesa S. Antonio abate subì vari ampliamenti dopo i rifacimenti settecenteschi. Il primo avvenne nel 1909 quando fu allungata la navata centrale con relativo prolungamento del soffitto a cassettoni. Qui ancora oggi è possibile notare la differenza tra le decorazioni pittoriche originarie e quelle realizzate in epoca recente.
Sempre in questa data fu realizzata una cappella laterale dedicata alla Madonna del Carmine, dove fu collocata un’immagine proveniente dalla chiesa delle Murelle già demolita.
Nel 1925 vennero iniziati i lavori per la costruzione dell’attuale cappella della Madonna del Carmelo. Quest’ultimo ampliamento causò la distruzione di tre medaglioni realizzati durante il Settecento che rappresentavano il “Ciclo delle storie di S. Antonio”, che attualmente ci appare dunque incompleto.
E’ possibile ipotizzare che l’inizio delle raffigurazioni sacre avesse inizio proprio dalle porzioni di parete demolite, analogamente a quanto avviene nella disposizione in sequenza delle Viae Crucis. Analizzando la tradizionale iconografia del santo è fondato supporre che i tre affreschi scomparsi rappresentassero:
1 – S. Antonio vende i propri beni terreni per condurre vita ascetica. 2 – Le tentazioni di S. Antonio. 3 – S. Antonio si reca ad Alessandria per sostenere i cristiani perseguitati da Massimino Daia.
Nei cinque ovali superstiti la storia del Santo continua con:
4 – S. Antonio consegna la regola monastica ai suoi primi monaci. 5 – S. Antonio, vicino alla sorgente dove aveva preso dimora, accoglie due monaci che volevano vivere come lui.  6 – S. Antonio combatte l’eresia di Ario istruendo e confortando i cristiani d’Alessandria. 7 – S. Antonio fa visita a S. Paolo Eremita.  8 – S. Antonio sconfigge il drago simbolo del demonio. Quest’ultimo ovale rappresenta l’epilogo del “Ciclo delle storie di S. Antonio”.
I medaglioni sono tutti inquadrati da motivi ornamentali in stucco dorato opera di Giovan Francesco Giliotti abitante in Vetralla che,
Confronto iconografico tra due epoche
A conclusione di questo capitolo dedicato a S. Antonio è opportuno fare un confronto tra la rappresentazione tardo-rinascimentale, così come appare nell’abside, e le raffigurazioni settecentesche degli ovali, che mostrano un’iconografia che continua ad essere usata ancora oggi.
Nell’epoca più antica veniva dato risalto al ruolo di teologo, asceta e difensore della fede: il santo viene ieraticamente rappresentato in cattedra con l’attributo delle sfingi, simbolo di sapienza, e con un ricco pastorale da Abate.
Negli ovali settecenteschi il personaggio, pur mantenendo ancora il suo ruolo di difensore della fede, non è più proposto nella veste del dotto abate, viene invece messo in risalto il ruolo di frate taumaturgo, tendenza che si è poi accentuata nell’iconografia ottocentesca. Il teologo, cui sempre si era votato il popolo delle campagne, diventa così il povero frate che oggi conosciamo.



Link:
http://www.sfeg.it/index.htm

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 02/08/2008

VETRALLA (Vt). La Parrocchiale dei Ss. Filippo e Giacomo, già di S. Antonio abate – scheda 2 (ovali settecenteschi)

Chiesa che si trova nell’alberata Piazza Marconi e con all’interno, a due navate, opere provenienti dalla vicina chiesa del Carmine che venne demolita nel 1909 e dalla chiesa Santi Filippo e Giacomo che fu colpita durante il bombardamento del 1944. E’ possibile, pertanto, trovare in questa chiesetta gli arredi ed alcune opere provenienti da altri edifici.


La struttura venne realizzata in epoche diverse a partire dalla prima metà del Settecento a cui è ascrivibile la parte che reca una decorazione più scura nei pressi della zona presbiterale.
Nel 1715, infatti, come riferisce una visita pastorale, i possidenti di bestiame di Vetralla decisero, per un voto a S. Antonio, di ingrandire la Cappella dedicata al santo. La chiesa fu quindi allungata ed il soffitto in quell’occasione venne interamente dipinto.
Successivamente, nel 1909 venne inserita la cappella dedicata alla Madonna del Carmelo dopo che la vicina chiesa dei Carmelitani dovette essere demolita. Anche in questa occasione la chiesa subì un ampliamento: venne prolungata la navata con conseguente allungamento del soffitto.
Questa nuova parte, più chiara rispetto alla precedente, venne dipinta dal pittore Giulio De Simoni nel 1925-27 il quale realizzò anche l’attuale decorazione della Cappella dedicata alla Madonna del Carmelo.
Il pavimento è realizzato con lastre di pregevoli marmi di prima scelta e varie pezzature accuratamente allettate con malta fine di calce e pozzolana e giunti connessi con malte cementizie bianche o colorate.
Si evidenzia la particolare cura adottata nel taglio dei conci, negli incastri in corrispondenza delle antiche mura e nella arrotatura e levigatura finale dell’insieme.
L’intero pavimento è composto da due guide di cui, una più grande, in corrispondenza della navata principale e l’altra, più piccola, nella Cappella della Madonna del Carmelo e da un decoro di carattere modulare.
Il disegno è composto da una serie di riquadri in pregevoli lastre di marmo Verde Guatemala, incorniciate da conci in marmo Bianco di Carrara e Bardiglio Imperiale.
Sottili ricorsi in marmo Rosso di Verona, tra loro ortogonali e intersecantisi nei centri dei riquadri principali, conferiscono all’intera pavimentazione una visione d’insieme gradevolmente policroma e coesiva e perfettamente armonizzata con il sovrastante cassettonato ligneo.

Il ciclo di affreschi
Dal punto di vista pittorico la chiesa attuale presenta una decorazione limitata. La parte inferiore dell’abside è stata realizzata nel 1563 da un non meglio identificato Maestro Claudio Pittore, mentre il catino absidale risale al secolo successivo. Sono invece scomparsi gli affreschi della navata, scalpellati e distrutti nel 1715 per far posto agli attuali medaglioni dipinti. Completano l’arredo artistico della chiesa alcune tele ed un affresco staccato.

La nostra analisi iconografica sarà dedicata esclusivamente alle raffigurazioni di S. Antonio Abate. La devozione a questo Santo iniziò quando l’originaria chiesetta di Santa Maria del Popolo fu affidata alla Compagnia di S. Antonio per l’Arte del Bestiame.

Scheda 1  – Affreschi del Catino absidale, per approfondimenti e immagini vedi:
https://www.santantonioabate.afom.it/vetralla-vt-la-parrocchiale-dei-ss-filippo-e-giacomo-gia-di-s-antonio-abate-scheda-1/.
Nell’abside viene rappresentato sul trono S. Antonio abate

 

Scheda 2  – GLI  OVALI  SETTECENTESCHI  nella navata
La chiesa S. Antonio abate subì vari ampliamenti dopo i rifacimenti settecenteschi. Il primo avvenne nel 1909 quando fu allungata la navata centrale con relativo prolungamento del soffitto a cassettoni. Qui ancora oggi è possibile notare la differenza tra le decorazioni pittoriche originarie e quelle realizzate in epoca recente.
Sempre in questa data fu realizzata una cappella laterale dedicata alla Madonna del Carmine, dove fu collocata un’immagine proveniente dalla chiesa delle Murelle già demolita.
Nel 1925 vennero iniziati i lavori per la costruzione dell’attuale cappella della Madonna del Carmelo. Quest’ultimo ampliamento causò la distruzione di tre medaglioni realizzati durante il Settecento che rappresentavano il “Ciclo delle storie di S. Antonio”, che attualmente ci appare dunque incompleto.
E’ possibile ipotizzare che l’inizio delle raffigurazioni sacre avesse inizio proprio dalle porzioni di parete demolite, analogamente a quanto avviene nella disposizione in sequenza delle Viae Crucis. Analizzando la tradizionale iconografia del santo è fondato supporre che i tre affreschi scomparsi rappresentassero:
1 – S. Antonio vende i propri beni terreni per condurre vita ascetica. E’ l’inizio della vita spirituale del santo, come era accaduto per san Francesco.
2 – Le tentazioni di S. Antonio. Scena assai frequente nelle rappresentazioni della vita del santo, le tentazioni possono assumere due forme: l’assalto dei demoni e le visioni erotiche. I demoni lo assalgono nella sua cella, ma vengono messi in fuga dall’Eterno. La tentazione che più di ogni altra ha stimolato l’immaginazione degli artisti è però quella rappresentata dalla lussuria. Nel Medioevo e nel Rinascimento le figure femminili erano per lo più vestite, ma a partire dal XVI secolo sono generalmente rappresentate nude. Il santo le scaccia con il Crocifisso o con la preghiera
3 – S. Antonio si reca ad Alessandria per sostenere i cristiani perseguitati da Massimino Daia.

Nei cinque ovali superstiti la storia del Santo continua con :
4 – (immagine in alto e prima in basso) S. Antonio consegna la regola monastica ai suoi primi monaci.  Il Santo è considerato il padre del monachesimo. La scena avviene probabilmente nella navata di una chiesa, sullo sfondo è possibile vedere l’abside e l’altare maggiore, di fronte al santo si trovano tre frati inginocchiati che ricevono la regola della vita monastica.
5 –  (immagine in basso) S. Antonio, vicino alla sorgente dove aveva preso dimora, accoglie due monaci che volevano vivere come lui. Il Santo fondò varie comunità anacoretiche in Egitto, in questa scena è seguito da due frati che aveva accolto con lui, conficca il proprio bastone a forma di Tau a terra e  miracolosamente sgorga una sorgente, gesto non dissimile da Ercole che conficca la clava dando origine al Lago di Vico.
6 – S. Antonio combatte l’eresia di Ario istruendo e confortando i cristiani d’Alessandria. Antonio fu impegnato nella confutazione dell’eresia promossa da Ario. L’arianesimo scosse profondamente la chiesa nella sua ortodossia dottrinale e per le molte interferenze politiche createsi intorno (fu indetto, infatti, il Concilio di Nicea, 325).
La dottrina di Ario negava il dogma della Trinità; riconosceva, sì, l’esistenza delle tre persone, ma affermava che solo il Padre è veramente Dio, che il Figlio non è veramente Dio, ma è una creatura eccellente, da lui creata, per essere intermediaria fra Dio e il mondo. Lo Spirito Santo è considerato una creatura molto al di sotto del Verbo.
S. Antonio dunque in questo ovale viene raffigurato nell’atto di istruire dei personaggi vestiti all’orientale, particolare che si deduce dai copricapi. La scena avviene in un loggiato dove è possibile notare la balaustra.
7 – (immagine in basso) S. Antonio fa visita a S. Paolo eremita. Insieme alla tentazioni, è una delle scene più rappresentate nei cicli dedicati al santo ed è tratta dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. L’Abate, ormai novantenne, si recò a far visita a Paolo l’Eremita, che aveva centodieci anni ed aveva trascorso gran parte della sua vita in solitudine. Trovatisi, i due vecchi si abbracciarono ed ecco un corvo scese dal cielo portando un pane. Paolo, coperto solo da foglie e rappresentato con barba bianca e dei capelli canuti e lunghissimi, disse all’ospite che l’uccello gli portava mezzo pane al giorno da quarant’anni. Quel giorno ne aveva portato uno affinché i due uomini se lo dividessero.
In questa raffigurazione non accade, ma in altre scene, sullo sfondo, è di solito rappresentato il seguito della storia. Quando Paolo morì, Antonio non aveva le energie per scavargli la fossa. Gli andarono in soccorso due leoni che scavarono con le zampe una tomba nel terreno.
8 – (immagine in basso) S. Antonio sconfigge il drago simbolo del demonio. E’ la scena finale del ciclo, non a caso dedicata alla vittoria del Santo sul Demonio. Per simboleggiare la sconfitta del Male, Antonio viene raffigurato nell’atto di cavalcare, dunque di sottomettere, una creatura mostruosa: un drago simbolo di Satana. Non a caso il termine latino draco significa sia drago sia serpente, perciò le due immagini possono essere intercambiabili.
Quest’ultimo ovale rappresenta l’epilogo del “Ciclo delle storie di S. Antonio”.

I medaglioni sono tutti inquadrati da motivi ornamentali in stucco dorato opera di Giovan Francesco Giliotti abitante in Vetralla che, nel 1726 eseguì lavori molti simili a Villa S. Giovanni in Tuscia.
In tutte le raffigurazioni il santo è perfettamente riconoscibile grazie agli attributi iconografici: è raffigurato come un monaco anziano con barba bianca, vestito della tonaca da frate col cappuccio, nella sua funzione di padre del monachesimo. Regge in due scene il tradizionale bastone a forma di stampella, con il manico a T (tau). Una T  bianca compare anche sulla sua tonaca all’altezza della spalla destra.

Confronto iconografico tra due epoche
A conclusione di questo capitolo dedicato a S. Antonio è opportuno fare un confronto tra la rappresentazione tardo-rinascimentale, così come appare nell’abside, e le raffigurazioni settecentesche degli ovali, che mostrano un’iconografia che continua ad essere usata ancora oggi.
Nell’epoca più antica veniva dato risalto al ruolo di teologo, asceta e difensore della fede: il santo viene ieraticamente rappresentato in cattedra con l’attributo delle sfingi, simbolo di sapienza, e con un ricco pastorale da Abate.
Negli ovali settecenteschi il personaggio, pur mantenendo ancora il suo ruolo di difensore della fede, non è più proposto nella veste del dotto abate, viene invece messo in risalto il ruolo di frate taumaturgo, tendenza che si è poi accentuata nell’iconografia ottocentesca. Il teologo, cui sempre si era votato il popolo delle campagne, diventa così il povero frate che oggi conosciamo.

 

Link: http://www.sfeg.it/index.htm

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 02/08/2008

OULX (To), fraz. Savoulx. Parrocchiale di S. Gregorio Magno, affreschi con storie di s. Antonio abate

 

In Valle di Susa, si arriva a Savoulx (altitudine m 1124) percorrendo l’autostrada che da Torino conduce al traforo del Fréjus e uscendo al casello di Savoulx, oppure seguendo la statale 335 di Bardonecchia dopo aver lasciato la statale 24 del Monginevro circa 4 chilometri dopo Salbertrand.
La parrocchiale di S. Gregorio Magno si trova ad un’estremità dell’abitato, in posizione isolata.

 

La chiesa è preceduta da un arco, che dà accesso al sagrato. Nella facciata a capanna si apre un portale con cornice lapidea, opera di Matteo Rode; sull’architrave sono scolpite le iniziali di San Gregorio e ai lati la data 1532.
Sopra il portale una lunetta è affrescata con la Pietà; i pannelli superiori recano incisi gli stemmi di Francia e del Delfinato, insieme a delfini e cornucopie.
Il campanile, collocato sul fianco sinistro della chiesa, è costruito in stile romanico delfinale; nei due livelli superiori presenta finestre rispettivamente a bifora e trifora, e culmina con una cuspide ottagonale in pietra e con quattro acroteri. L’interno è strutturato in due navate, coperte da volte a crociera, e in un presbiterio; le campate della navata minore sono rette da colonne in pietra con capitelli scolpiti.

 Affreschi
Sulle pareti della navata minore sono presenti affreschi che raffigurano alcuni santi, Dio Padre e le Storie della Vergine. In particolare sulla parete di fondo sono affrescate le storie di S. Antonio Abate, suddivise in sette riquadri: in alto S. Antonio, in seguito all’ascolto della messa, sceglie la vita monastica; nei tre riquadri intermedi, il Santo dona i suoi averi ai poveri, indossa il saio e si avvia a trovare san Paolo eremita, guidato da un centauro.
Nella fascia inferiore sono rappresentati i due Santi in preghiera, un velario e le tentazioni di s. Antonio nel deserto.

Gli affreschi sono stati liberati dall’intonaco che li ricopriva e mostrano ancora i segni delle picchiettature per far aderire l’intonaco. Sono da notare inoltre la cantoria e il leggio lignei e l’acquasantiera in pietra.

Fase cronologica:
Il possesso della valle di Susa a monte di Gravere da parte dei conti del Delfinato spiega la presenza degli stemmi di Francia e del Delfinato sul portale; solo nel 1713 l’alta valle di Susa passò ai Savoia.
L’inizio della costruzione della chiesa (l’anno 1451) segna la separazione della comunità di Savoulx dalla parrocchia di Oulx.
La costruzione della chiesa è stata iniziata nel 1451 e terminata nel 1454; l’abside è stata ampliata nel 1662.
Sull’altar maggiore è collocato un retable, sovrastato da un retable minore che ha ai lati due angioletti; le colonne sono ornate con tralci di vite e con elaborate volute (gli aillerons). La tela del retable rappresenta il santo titolare della chiesa. Il retable, attribuito a Jacques Jesse, fu donato da Charles Allois, parente del vicario di Oulx Jean Allois, e risale agli anni tra il 1669 e il 1673; il nuovo tabernacolo, non pertinente alla costruzione del retable, venne acquistato a Grenoble nel 1673. La tela del retable è già testimoniata in una visita pastorale del 1673.
Gli affreschi della navata minore, opera di un anonimo autore denominato Maestro di Savoulx, risalgono ai primi anni del Cinquecento. Il pittore ha probabilmente lavorato anche nella cappella di S. Sisto a Melezet e nella parrocchiale di Rochemolles.
La cantoria lignea è del 1555 e il leggio del Seicento.
La chiesa è stata costruita nel XV secolo, l’ampliamento dell’abside è stato eseguito nel XVII secolo.
Gli affreschi e la cantoria risalgono al XVI secolo.
Il retable, la tela, il tabernacolo e il leggio sono del XVII secolo.
La chiesa è stata sottoposta ad un restauro nel 2004.

 

Bibliografia:
 – N. BARTOLOMASI – S. SAVI – F. VILLA, Storia Arte attualità della Chiesa in Valsusa, pag. 104, Cuneo 1972.
– B. DEBERNARDI, Una Diocesi alpina, pag. 127, Savigliano 1991.
– G. GENTILE, Documenti per la storia della cultura figurativa in Valle di Susa, in G. ROMANO (a cura di), Valle di Susa. Arte e storia dall’XI al XVIII secolo, Catalogo della mostra (Torino 12 marzo – 8 maggio 1977), pag. 56, 59, 70 e n. 153, 74, Torino 1977.
– C. BERTOLOTTO, Le stagioni della pittura Murale, in AA. VV., Il patrimonio artistico della Valle di Susa, pagg. 182-183, Torino 2005.
G. GENTILE, Immagini scolpite e arredi lignee, in AA. VV., Il patrimonio artistico della Valle di Susa, pag. 231, Torino 2005.
S. DAMIANO – F. NOVELLI – A. ZONATO (a cura di), Itinerari di Arte Religiosa Alpina – Valle di Susa, pagg. 117-118, Centro Culturale Diocesano, Susa 2007.
– –  Chiesa parrocchiale di S. Gregorio a Savoulx – Oulx, estratto da Itinerari di arte religiosa alpina – Valle di Susa, a cura del Centro Culturale Diocesano di Susa.

Link: http://www.centroculturalediocesano.it
http://archeocarta.org/oulx-savoulx-to-chiesa-san-gregorio-magno/

Fruibilità:
La chiesa è aperta durante la celebrazione della messa.
Per le visite ci si può rivolgere al Centro Culturale Diocesano, via Mazzini 1 – 10059 Susa (To) – tel. e fax 0122 622640. Email: museo@centroculturalediocesano.it

Rilevatore: Maria Gabriella Longhetti

Data ultima verifica sul campo: 30 giugno 2008

TORINO, Museo Civico d’Arte Antica, Palazzo Madama, Vetrata con Sant’Antonio abate.

Il Museo Civico d’Arte Antica occupa con le sue collezioni gli ambienti di Palazzo Madama, situato al centro della Piazza Castello, nel cuore della città.

 

La vetrata – in vetro colorato in pasta e a grisaille. rappresenta Sant’Antonio abate e il donatore Antonietto Barutelli. Misura 144 x 54 cm.
Inventario numero: 0304/VD. Datato al 1510.
In basso reca la scritta: “HOC OPUS FECIT FIERI ANTHONIETUS BARUTELLI DE GRULIASCHO M.O QUING.O X.O ”.

Il Santo è raffigurato con una fluente barba bianca, la mano destra benedicente e la mano sinistra recante un libro e appoggiata all’impugnatura di un bastone, foggiata a Tau; da questa pendono due campanelli. In basso a destra, in ginocchio, in atteggiamento orante, è posto il donatore . In basso a sinistra è raffigurato un irsuto porcellino.

“E’ verosimile che nello spiccato risalto cromatico dei vetri colorati in pasta e nella ben individuata carica espressiva dei volti sia ancora attivo il magistero del grande maestro vetrario Antoine de Lohny”.  G. Romano 1996.

 

Note storiche:
La vetrata, insieme ad altra analoga raffigurante San Pietro, proviene dalla parete di fondo del presbiterio della Pieve di San Pietro a Pianezza (Torino).
Le due vetrate erano collocate nelle due finestre ivi situate “presumibilmente fino al momento dei restauri della Pieve del 1885” (G. Romano 1996).
Per un certo tempo hanno decorato lo scalone della cripta dei sepolcri sabaudi nella basilica di Superga.
Sono state donate al Museo da Vittorio Emanuele III nel 1914.

 

Bibliografia:
E. Olivero, L’antica Pieve di Pianezza. Ricerche storico artistiche, Torino 1922.

L. Mallé, Museo Civico di Torino. Vetri, Vetrate, Giade, Cristalli di rocca e Pietre dure, Torino 1971.

S. Pettenati, G. Romano, (a cura di), Il tesoro della Città. Opere d’arte e Oggetti preziosi di Palazzo Madama, Torino 1996. (Scheda).

Link: https://www.palazzomadamatorino.it/en/node/21953

Note:
Restauri:
1914, Ditta Albano e Maccario, Torino
1934 – 1935 Ditta Janni , Torino
1993, A. Purcaro, Roma.

Fruibilità:
La vetrata fa parte delle collezioni permanenti situate al piano terra del Museo, ove sono raccolte sculture, dipinti e oggetti preziosi databili dal XIII al XVI secolo. E’ visibile negli orari di apertura del museo (vedi sito internet).

Rilevatore: Paola Codegone

Data ultima verifica sul campo: 26/05/2008