PRATO. Ex chiesa di Sant’Jacopo con affresco di s. Antonio abate di Pietro di Miniato, inizi XV secolo

Nella ex-chiesa si conservano alcuni frammenti di un affresco con storie di s. Antonio abate; ben visibile è la scena della Tentazione dell’oro [II]: sullo sfondo di un paesaggio desertico, il Santo si ritrae davanti ad una montagnola d’oro che gli è stata posta davanti da Satana per tentarlo; in calce si trova un’iscrizione in lettere capitali,“COME . S(AN)C(T)O . ANTONIO . FUGGI I[…] / . IL MONTE . DELLORO”. In alto è ben leggibile quella relativa ad una perduta scena dell’Elemosina ai poveri [I]: “COME . S(AN)C(T)O . ANTONIO . DA . IL CIBO(?) / A POVERI . P(ER) LAMORE . DI DIO”.
In basso un frammento di un’altra scena mostra sant’Antonio che bussa alla porta della cella di san Paolo eremita[III]. Oltre ad alcuni frammenti di cornici geometriche, si conserva un lacerto del panneggio della figura centrale di sant’Antonio abate a destra, rispetto alla quale le storie superstiti costituivano la serie di sinistra, probabilmente composta da tre episodi. L’affresco in origine doveva prevedere altrettante scene a destra, forse le stesse dell’opera omologa in San Bartolomeo in via Cava, vedi scheda.

L’affresco di sant’Antonio è stato rinvenuto in epoca probabilmente recente, ma non meglio precisata, sotto uno scialbo che risaliva forse agli interventi di ammodernamento dell’edificio attuati tra XVII e XVIII secolo
Isabella Lapi Ballerini ricorda il frammentario in relazione all’affresco con Sant’Antonio abate nell’oratorio di San Bartolomeo in via Cava, attribuendolo come questo, seppur con qualche dubbio, a Pietro di Miniato. Claudio Cerretelli assegna il Sant’Antonio all’inizio del XV secolo, ritenendolo avvicinabile alla mano di Arrigo di Niccolò o Pietro di Miniato. Le notevoli affinità formali e stilistiche della scena della Tentazione dell’oro con l’analogo soggetto nella chiesa di via Cava consentono di concordare con Isabella Lapi riguardo alla paternità di Pietro di Miniato anche per l’affresco di San Jacopo.
È possibile che questa tipologia decorativa fosse riprodotta spesso dalla bottega di Pietro e Antonio di Miniato, tenuto anche conto della replica in diverso formato nel convento di San Francesco sempre a Prato.

La Chiesa, costruita intorno al 1140 nei pressi dell’antica porta della città, chiamata Porta Nuova, fu soppressa e sconsacrata nel 1783 e quindi venduta a privati. Conserva il paramento esterno in pietra alberese, soprelevato nell’Ottocento, con un portale architravato con un ampio arco di scarico soprastante.
Oggi l’edificio è adibito in parte ad abitazioni e all’interno dell’ex chiesa conserva notevoli resti di affreschi dal primo Trecento al Quattrocento. Talvolta l’aula viene usata per esposizioni.

 

Testo tratto da:
Matteuzzi Nicoletta, Affreschi agiografici iconico-narrativi in Toscana (1320-1490), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, AA 2010-2012, pp. 153-54

Immagine da:
https://www.artemiaprato.it/events/la-chiesa-di-san-jacopo-a-prato/

SERAVEZZA (LU), frazione Cerreta. Chiesa di Sant’Antonio abate

All’inizio del paese, Via Cerreta Sant’Antonio, 1
https://goo.gl/maps/jovZhFdt8n4UiTCL7

 

La prima attestazione della chiesa di Sant’Antonio in Cerreta è contenuta in un estimo del 1320. L’esistenza di un oratorio e di una compagnia intitolata a Sant’Antonio abate è documentata nel 1576.
La chiesa attuale fu edificata dal 1590 e consacrata il 6 maggio 1603 da Giovanni Battista Selvago, vescovo di Luni e Sarzana dal 1590 al 1632. Nel 1683 la chiesa fu dotata di fonte battesimale. Intorno al 1798 passò dalla diocesi di Luni-Sarzana a quella di Pisa.
Dipendente dalla chiesa di Vallecchia, la chiesa di Sant’Antonio abate fu eretta a parrocchia nel 1805 dall’Arcivescovo di Pisa mons. Angelo Franceschi.
Il campanile fu costruito durante i lavori di ampliamento che interessarono la chiesa nella seconda metà del XIX secolo. In seguito, per volontà di don Luca Garfagnini, la torre fu restaurata fra il 1907 e il 1915.
Nella seconda metà del XIX secolo, la chiesa fu sottoposta a lavori di ampliamento e di restauro: furono aggiunte la navatella di sinistra, le due cappelle laterali e la cantoria per l’organo che fu inaugurato nel 1902.
Negli anni Settanta del Novecento il paese fu collegato alla strada carrozzabile che sostituì il sistema di mulattiere che univa tra loro i paesi di Cerreta, Basati, Ruosina e Minazzana. Nel 1988 la chiesa di Sant’Antonio in Cerreta fu unita alla parrocchia di Ruosina.
Nel 2009 furono eseguiti i lavori di risanamento degli intonaci interni ed esterni della Cappella della Madonna.

La strada principale che attraversa l’abitato costeggia il fianco della chiesa, mentre un piccolo sagrato, cinto da abitazioni private, introduce la facciata a capanna intonacata e priva di decorazioni. Al centro si apre il portone principale, profilato da una cornice liscia in marmo bianco, mentre al vertice il prospetto è coronato da un frontone triangolare. Il fianco destro dell’edificio presenta quattro finestre rettangolari e una porta adibita ad accesso secondario, mentre quello sinistro è dotato di due aperture, una rettangolare e una a forma di lunetta. Il campanile si erge nella zona tergale della chiesa, sul lato destro, parzialmente inglobato tra la sacrestia e la casa canonica contigua. La torre, a pianta quadrata, risulta intonacata nella parte inferiore e realizzata in pietra e laterizi in quella superiore. Costituita da due ordini successivi, ospita nel primo una bifora con colonnino in marmo centrale e nel secondo la cella campanaria, sormontata da una copertura a cuspide.

Internamente la chiesa, costituita originariamente da una navata unica, fu ampliata nel corso del XIX secolo con l’aggiunta della navatella sinistra, ospitante due cappelle laterali. L’area presbiteriale a pianta quadrangolare, rialzata di un gradino rispetto al resto dell’aula, accoglie al centro l’altare maggiore preconciliare e, alle sue spalle, lo spazio per il coro.
La copertura della navata è costituita da una volte a botte lunettata, intervallata da tre archeggiature che poggiano sulle lesene della parete destra e sui pilastri del lato sinistro. La navatella laterale risulta costituita da due campate: la prima, interamente occupata da una cappella laterale, è caratterizzata da una volta a cupola, la seconda da una volta a crociera. La cappella adiacente al presbiterio, invece, è dotata di una volta a botte lunettata. Tutte le volte descritte risultano completamente intonacate. La sacrestia è dotato di un solaio ligneo.
Lungo la parete del coro, vi è una grande tela raffigurante la Madonna con Bambino, gli angeli e sant’Antonio abate, santa Lucia, santo Stefano e sant’Apollonia; ai lati della tela si trovano due medaglioni di pregevole scultura, in altorilievo, raffiguranti il volto di Gesù e della Madonna.
La controfacciata è occupata dalla cantoria in legno, che accoglie al centro l’organo, raggiungibili attraverso una scala chiocciola in ferro. Sul lato sinistro, nella navatella laterale, si apre la cappella dedicata a Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, introdotta da una balaustra in marmo ricurva. Ospita al centro un altare in marmo, rimaneggiato nel XIX secolo, caratterizzato da un’edicola settecentesca in cui è esposto il dipinto della santa. Nella campata successiva, è inserito in parete un confessionale in marmo a tre fòrnici e rivestimento in legno nello scomparto centrale. La seconda cappella, adiacente all’area presbiteriale, è dedicata alla Madonna: l’altare ottocentesco, in marmo bianco e rosso di Francia, reca il monogramma di Maria al centro del paliotto ed ospita nella nicchia del dossale la statua della Madonna bambina. Sul lato sinistro dell’area presbiteriale si trova il prezioso fonte battesimale in marmo scolpito, opera delle maestranze apuoversiliesi e datato 1686. L’altare maggiore preconciliare, riconducibile al XVIII secolo, è realizzato in marmo bianco e breccia violetta. Ai lati di quest’ultimo due tende nascondono la parte restrostante, originariamente destinata ad ospitare il coro.

 

Link:
https://www.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/69763/Seravezza+%28LU%29+%7C+Chiesa+di+Sant%27Antonio+Abate+di+Cerreta+Sant%27Antonio

https://www.prolocoseravezza.it/localita-alta-versilia-it.php?nome=cerreta-sant-antonio

SERAVEZZA (LU), frazione Ripa. Chiesa di Sant’Antonio abate

Piazza Europa, 78 – Ripa
https://goo.gl/maps/Rk9HpuvwwSXfksL28

 

La chiesa di Ripa, attestata dal XIII secolo, dipendeva dalla pieve di Vallecchia ed apparteneva alla Diocesi di Luni-Sarzana.
Nel 1787, passò alla Diocesi di Pontremoli e di seguito, nel 1798, a quella di Pisa.
Nel 1920, l’Arcivescovo Pietro Maffi elevò la chiesa a parrocchia.
La distruzione totale del paese di Ripa, provocata dagli eventi della Seconda guerra mondiale, non risparmiò nemmeno la chiesa. Un nuovo edificio venne costruito tra il 1950-1952, su progetto dell’architetto Lorenzo Iacopi.
Nel luglio del 1954, furono avviati i lavori di ricostruzione del coro, che fu benedetto dall’Arcivescovo Ugo Camozzo nel settembre dello stesso anno. Nello stesso anno la ditta Zanin di Trieste iniziò il montaggio del nuovo organo, mentre l’anno seguente la Ditta Henreaux di Pietrasanta offrì alla chiesa un altare in marmo giallo di Siena per la Cappella della Madonna.
L’Arcivescovo Ugo Camozzo consacrò la chiesa il 15 Maggio 1962.
Nel 1978-79 i lavori di rivestimento interno della chiesa furono realizzati dalla ditta edile Bazzichi con materiale marmifero proveniente da Vicenza. Inoltre, fu soffittato il tetto per nascondere le catene.
Nel 1980, l’area presbiteriale fu rinnovata completamente: furono rifatti l’altar maggiore, gli amboni e il pavimento. Lo scultore Giancarlo Deri donò alla chiesa un gruppo scultoreo, raffigurante i dodici Apostoli e il Cristo risorto, che trovò posto al centro del presbiterio.
Lo scultore e pittore Romano Cosci (Seravezza LU, 1939 – Lido di Camaiore LU, 2014) fu incaricato nel 1981 di lavorare al bozzetto preparatorio per il grande mosaico da inserire sulla facciata della chiesa. L’opera, realizzata dalla ditta Bacci e Ferrari di Pietrasanta, fu inaugurata dall’Arcivescovo Benvenuto Matteucci nel 1982.
Nel 1990, il catino absidale fu dipinto da Romano Cosci, che vi realizzò una pittura murale raffigurante Gesù e i Discepoli di Emmaus. L’opera fu inaugurata dall’Arcivescovo Alessandro Plotti il 13 Giugno 1991.
Sulla parete di controfacciata fu realizzata nel 1994-95 da Romano Cosci una seconda pittura murale raffigurante l’Ultima Cena. L’opera fu inaugurata dall’Arcivescovo Alessandro Plotti l’11 Luglio 1995.
La torre campanaria, a pianta quadrata, è addossata al fianco sinistro della chiesa ed è caratterizzata da una cella campanaria aperta su tutti i lati mediante aperture rettangolari e cimata da una balaustra in marmo realizzata nel 1998.

La Chiesa presenta una facciata a capanna completamente intonacata, fatta eccezione per il basamento in marmo bianco. Il corpo centrale è affiancato da due ali laterali aggettanti, ospitanti gli ingressi laterali. Al centro, si apre il portone d’ingresso principale, scolpito da Romano Cosci nel 2000 e sormontato da un grande mosaico dello stesso autore, realizzato nel 1982 e raffigurante l’episodio evangelico di Cristo che benedice i fanciulli.
Internamente la chiesa, a navata unica, è conclusa da un abside semicircolare e dotata, sul lato sinistro, di quattro cappelle laterali comunicanti tra loro.
All’interno, due pitture murali raffiguranti, in controfacciata, l’Ultima Cena e, nel catino absidale, Gesù e i discepoli di Emmaus, entrambe eseguite dal Cosci. Nell’area presbiteriale, oltre all’Altare maggiore, ai due amboni laterali e al fonte battesimale in marmo bianco, prende posto il gruppo scultoreo dei dodici Apostoli e del Cristo risorto, opera di Giancarlo Deri del 1980. Le cappelle laterali ospitano altari in marmo. La cappella più vicina all’altar maggiore, intitolata al Santissimo Sacramento, è introdotta da una balaustra realizzata con quattro pannelli in marmo e mosaico, smontati da quella che cingeva l’area presbiteriale, progettata e costruita nel 1980, è caratterizzata dalla presenza di un tabernacolo cilindrico in marmo bianco e giallo e da alcuni frammenti settecenteschi, resti dell’antico altare in marmo, andato distrutto nella Seconda guerra mondiale.

 

Link:
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CASTELNUOVO DI GARFAGNANA (LU). Oratorio di Sant’Antonio abate

Via sant’Antonio
https://goo.gl/maps/PAUEw9EYJzukZxdGA

La prima testimonianza dell’esistenza dell’oratorio di Sant’Antonio è la relazione della visita pastorale del 1684 del Vescovo Giulio Spinola al cui a riguardo, si leggono le seguenti parole: “nella detta terra di Castelnuovo nel Borgo sotto questo titolo, che è a capo della piazza et ha la sua facciata verso settentrione (…) v’è davanti una colonna con piede di pietra macigna nel mezzo della strada (…) che ivi è stata piantata per servitio delle processioni et beneditione delle bestie nel giorno di Sant’Antonio abbate. La chiesa viene governata da una Congregatione a guisa di Compagnia. Solenizza la Festa di Sant’Antonio abbate, che è il titolo della chiesa, come ancora quella di S. Antonio di Padova”.
Con ogni probabilità la data di impianto dell’oratorio risale al secolo precedente. In seguito ad un periodo, iniziato nel 1770, in cui il piccolo edificio di culto a pianta rettangolare viene adibito all’accoglienza dei soldati di stanza, nel 1791 viene restaurato e riconsacrato dall’Arcivescovo Filippo Sardi. Tale avvenimento è ricordato da due iscrizioni su lastre di marmo murate lungo le pareti laterali dell’oratorio.

La configurazione attuale dell’edificio viene però raggiunta nel 1887 al termine dei lavori di restauro della fabbrica fra cui spunta il rifacimento della facciata secondo i canoni ottocenteschi. Un’iscrizione su una lastra di marmo collocata all’interno della chiesa testimonia di un intervento di restauro dell’oratorio datato 1932 curato da tale Amedeo Domenici e finanziato da castelnovesi facoltosi.

L’unico fronte visibile è il principale in quanto in adiacenza alle pareti laterali dell’oratorio sorgono delle civili abitazioni. La facciata intonacata presenta forma a capanna con il timpano incorniciato da modanature ben aggettanti decorate con volute e rosette. La porta di ingresso in posizione centrale è incorniciata con lastre di pietra serena e sormontata da un timpano curvo. In alto si aprono due finestre rettangolari rifinite nello stesso modo.
L’oratorio presenta pianta rettangolare.
Un statua di sant’Antonio è sull’altare maggiore.

 

Link:
https://www.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/87099/Oratorio+di+Sant%27Antonio

ROSÀ (Vi). Il Duomo di Sant’Antonio abate.

Via Martiri della Libertà, 12
https://goo.gl/maps/XHpycuWKC8k26icY9

Verso il 1370 Francesco I da Carrara, signore di Padova e di Bassano, fece scavare un canale alimentato con acqua del Brenta che così veniva ad attraversare quei terreni incolti e inabitati rendendoli con l’irrigazione idonei alle colture e faceva arrivare anche nelle zone artigiani di Cittadella l’acqua per far girare le ruote idrauliche. Questo canale era la Rosta Carrarese, denominata in seguito Roggia Rosà. Questa fu l’antica roggia Rosada (in latino flumen rosatem) o Rosà. Il nome di Roggia Rosada deriva secondo una interpretazione dalla presenza di rose selvatiche lungo le sue rive. Fu quindi la roggia che attraversava il suo territorio a dare il nome all’abitato di Rosà e non viceversa.
Non si conosce con precisione la data di origine della chiesa di questo territorio, ma il suo titolare, Sant’Antonio abate, ci assicura che la sua origine è legata ai pellegrinaggi allora assai frequenti alla tomba del Santo posta presso la città francese di Vienne. Si sa solo che nel 1466 era già in costruzione.
Il luogo di culto era una chiesetta piccola e semplice con un campanile incorporato di fianco, dotata di 4 altari ai quali nel 1593 se ne aggiunsero altri due.
All’inizio del 1600, a causa dell’aumento della popolazione e per la necessità di allargare il cimitero, si ricostruì la chiesa sullo stesso posto della precedente però orientata diversamente, e più grande con i suoi sei altari già presenti e con uno nuovo dedicato alla Madonna del Rosario.
Tra il 1730 e il 1750 la chiesa venne allargata a tre navate: quelle laterali separate dalla centrale per mezzo di colonne monolitiche levigate di Possagno sormontate da capitelli corinzi. La chiesa venne poi completata con gli affreschi del soffitto del coro e della navata, nonché con le vetrate e la pavimentazione a quadroni.
Si costruì anche l’attuale altare Maggiore col il maestoso Tabernacolo progettato nel 1746 dal Cassetti e realizzato forse del tagliapietre Giovanni Bonato, sovrintendente e uomo di fiducia dei rosatesi.
Nel 1796, con l’arrivo di Napoleone, la facciata e la canonica risultavano terminate, mentre furono sospesi i lavori di completamento del campanile, alto 70 metri, inaugurato poi nel 1817; la chiesa sarà consacrata il 12 settembre 1819 dal vescovo di Vicenza Giuseppe Maria Peruzzi in occasione della sua visita pastorale.

ROSA’. Duomo. Statua in facciata a sinistra

Nel 1925 in occasione dei festeggiamenti del IV° centenario dell’erezione a parrocchia, al tempo di Mons. Luigi Filippi, la chiesa subì vari lavori di restauro così descritti dalla Parrocchia S. Antonio abate in Rosà nel 2011: ”furono lavorate in marmorina le 34 lesene delle cappelle da Giulio Finato da Lobbia in Persegara; furono fatte le bussole delle porte, intagliate da Dalla Vecchia di Sant’Orso; fu rifatto parte del pavimento da Meneghetti di Bassano togliendo anche delle pietre tombali (in questa chiesa le tombe di famiglia erano una quindicina più altre appartenenti a congregazioni); furono ritoccati gli stalli del coro da Pietroboni di Bassano; furono rifatte le cornici (quelle attuali) alle pale di S. Bovo e della Circoncisione; fu sostituito il pulpito che era fissato a metà di una colonna vicino alla porta laterale nord (si saliva per una scaletta a chiocciola) con l’ambone lavorato da Aristide Stefani di Bassano; l’organo e la cantoria che erano situati sopra la porta principale in una specie di loggia in legno lavorato (si saliva per una scala interna, la cui entrata si trovava dove ora c’è il confessionale di sinistra), furono spostati nel presbiterio di fianco all’altare (a nord).
Nel 1965, con mons. Mario Ciffo, la chiesa potrà pregiarsi del titolo di “DUOMO” .

L’altare Maggiore attuale è opera dello scultore Giacomo Cassetti nel 1746. Nel 1763 vennero aggiunte ai lati del tabernacolo due sculture, a sx Sant’Antonio abate e a dx San Spiridione, e il “resurrexit” sulla sommità del Tabernacolo, opere di Giuseppe Bernardi, detto Torretti di Pagnano (TV) (1694 – 1774).
Le due statue, che sembrano delle sentinelle, hanno di curioso la posizione del pastorale: San Antonio abate (a sx) lo tiene con la destra perché non era vescovo ma solo abate e non poteva benedire, mentre San Spiridione (a dx), compatrono di Rosà, tiene il pastorale con la mano sinistra perché era vescovo e con la destra doveva benedire i fedeli.

Nella sacrestia, un reliquario riporta una chiara scritta “Antonij A.”

 

Fonte:
https://www.bassanodelgrappaedintorni.it/rosa-il-duomo-di-santantonio-abate/

Segnalazione: Albertino Martignon – albertino.martignon@gmail.com