FIRENZE. Badia fiorentina, resti di affreschi con la “Tebaide”, XIV secolo

L’abbazia fu fondata nel 978. Nel 1285 la chiesa subì un radicale rifacimento in stile gotico ad opera di Arnolfo di Cambio, che ne cambiò l’orientamento con l’abside verso via del Proconsolo.

Resti, purtroppo molto frammentari, di affreschi trecenteschi, soprattutto parti di una rappresentazione della Tebaide nella controfacciata odierna e nella cosiddetta “cappella di San Bernardo”, che un tempo era alla testata della navata sinistra. Anche nell’intercapedine della parte posteriore della chiesa sono stati trovati affreschi nascosti. Tra gli esecutori sono stati fatti i nomi di Nardo di Cione e Maso di Banco.

Si indica con il termine Tebaide la raffigurazione di un paesaggio roccioso in cui episodi della vita leggendaria di diversi santi – fra i quali Antonio abate – alternati a figure di monaci intenti in varie attività connesse con la vita di preghiera e ascetismo.
Il tema era derivato da raccolte di testi con le vite dei santi Padri nel deserto, in cui si narravano le storie dei monaci che nei primi secoli del cristianesimo si ritirarono nel deserto intorno alla città egiziana di Tebe per pregare e vivere come asceti.

Link:

https://it.wikipedia.org/wiki/Badia_Fiorentina

Rilevatore: AC

FIRENZE. “Cappella Castellani” nella chiesa di Santa Croce, con scene della vita di sant’Antonio abate di A. Gaddi, 1385

Tra le cappelle più grandi della basilica, presenta una doppia campata, completamente decorata da affreschi eseguiti nel 1385 per Michele di Vanni Castellani da Agnolo Gaddi e dagli artisti della sua bottega, tra i quali Gherardo Starnina.
Il ciclo pittorico della cappella illustra quattro Storie di santi: Giovanni evangelista, Antonio abate, Giovanni battista e Nicola di Bari. Sui pilastri, entro finte nicchie, sono affrescate figure di santi legati all’Ordine francescano e negli spicchi delle volte compaiono i quattro Evangelisti e quattro Dottori della Chiesa.

Nella seconda parte della parete sinistra e in metà di quella dietro l’altare, si trovano le Storie di sant’Antonio abate. Nella lunetta si vedono la Chiamata di sant’Antonio durante la messa (1).
Nel registro mediano Sant’Antonio percosso dai diavoli che distruggono il suo dormitorio e, a destra, l’Apparizione di Cristo che lo restaura.(2) (Fotografia in basso)
Nel registro inferiore: la Morte e il Seppellimento del Santo (3) , che rappresenta la conclusione del ciclo.
Nei riquadri a sinistra dell’altare proseguono le storie: Sant’Antonio incontra san Paolo eremita (4), Sant’Antonio incontra il centauro (5) e Abbraccio dei santi Antonio e Paolo davanti al romitorio di quest’ultimo (6).
Notevoli le somiglianze col ciclo fiorentino del Le Campora vedi scheda.

Link:
https://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_Castellani

https://www.santacroceopera.it/luoghi/basilica/cappella-castellani/
Rilevatore: AC

 

FIRENZE. Cappella di Sant’Antonio abate nell’ex chiesa di S. Maria al Sepolcro a Le Campora, con affreschi, 1368

La Cappella fa parte di un appartamento privato nel complesso di Villa Le Campora, via delle Campora. Non visitabile
https://www.google.it/maps/place/Villa+Le+Campora

 

Il monastero delle Campora, la cui chiesa era dedicata a Santa Maria del Santo Sepolcro, si trovava sulla parte più alta del poggio delle Campora (dal latino “i campi”). Chiamato nei documenti anche monastero di San Sepolcro a Colombaia, fu fondato nel 1334 quando l’anacoreta Bartolommeo Bononi da Pistoia ottenne da papa Giovanni XXII facoltà di fondare presso Firenze un convento di frati dell’Ordine agostiniano vestiti di bigio. Dopo tentativi andati male, nel 1355 i frati ottennero di poter riedificare il convento nel popolo di Sant’Ilario nella collina di Colombaia. Qualche anno, dopo, tramite l’operato del cardinale Pietro Corsini, il monastero divenne per decisione papale la casa madre dell’Ordine di San Gerolamo meglio noto come ordine dei Girolamini.
Nel 1434 il monastero fu soppresso da papa Eugenio IV, che lo affidò poi ai monaci benedettini (cassinesi) della Badia Fiorentina. Essi però, dopo i danni dell’assedio di Firenze (1529-1530), ne convertirono i locali per ridurlo a luogo di soggiorno estivo, mantenendo l’ufficiatura della chiesa che era sovvenzionata da varie famiglie magnatizie fiorentine.

 

Di tutti gli altari e le cappelle laterali oggi resta soltanto quella di Sant’Antonio abate, accanto alla cappella maggiore, verso la sagrestia, fondata nel 1368 da messer fra Bartolomeo di Bindo Benini, priore dell’ordine gerosolimitano. Le pareti sono decorate da un ciclo di affreschi sulla vita del Santo, attribuito a Pietro Nelli o al giovanissimo Agnolo Gaddi, dove comunque compaiono un paio, se non tre mani diverse. Forse potrebbe trattarsi del misterioso Giovanni Gaddi.
Le scene affrescate sono tratte dalla biografia composta dal vescovo di Alessandria, Atanasio, e dalla Vita di Paolo, di Girolamo: il ciclo, che si svolge sulle tre pareti della cappella e si organizza in due registri che si leggono da sinistra a destra, dall’alto al basso. Partendo dalla parete sinistra, nel registro superiore, due scene distinte separate da un ammasso di rocce, con Antonio che distribuisce i suoi beni a poveri e bisognosi e poi visita un anziano monaco che vive ai margini della città, prima di affrontare l’eremitaggio nel deserto. Sulla parete dell’altare, nel registro superiore, diviso in due parti dalla finestra, sono raffigurate: la tentazione dell’avarizia, con la comparsa nel deserto di un masso d’oro (che doveva essere di lamina metallica e il cui distacco ha causato un’ampia lacuna) e la distruzione del romitaggio da parte dei diavoli. I tormenti demoniaci proseguono nella parete destra, sempre nel registro superiore, con il Santo battuto dai demoni e poi molestato dal diavolo panzooico che gli appare sotto forma di animali selvaggi (si distinguono ancora undici animali disposti su due file tra cui un orso, un caprone, un leone, un cinghiale, un lupo, un toro e un leopardo). Mentre il registro superiore è dedicato alla tentazione, alla prova, alla solitudine del deserto, il registro inferiore ha come tema la nascita del cenobitismo nell’Egitto del IV secolo, con Antonio che istruisce i suoi discepoli all’interno di un edificio conventuale e poi parte alla ricerca di Paolo. Il viaggio di Antonio per incontrare Paolo è narrato nel registro inferiore della parete dell’altare: a sinistra della finestra, Antonio incontra il centauro (in alto) e il satiro (in basso) che lo guidano nel deserto; a destra della finestra l’asceta sta bussando con una pietra al romitaggio di Paolo, il cui volto si intravede tra le rocce. Il ciclo si conclude sulla parete destra con Antonio e Paolo (vestito con la tunica di palma intrecciata) nutriti da un corvo: la scena è ricca di invenzioni interessanti: l’albero che, con le foglie ricoperte di datteri rossi, ‘buca’ la roccia della grotta; il corvo che vola sospeso tra i due volti specularmente simili degli eremiti. Chiude il ciclo il seppellimento di Antonio da parte di due discepoli mentre in alto quattro angeli portano in cielo l’anima del Santo: notevole è l’attenzione al vero, con il corpo dell’anacoreta che grava sul telo su cui è trasportato e affatica le schiene dei due compagni chinati. Completano la decorazione i quattro Evangelisti, identificati dai loro simboli e dalle iscrizioni perfettamente leggibili.

L’abate Domenico Moreni, nel 1793, testimoniò come ancora la chiesa conservasse, al suo interno, stemmi, varie sepolture nella pavimentazione, pitture di Neri di Bicci, Paolo Uccello e Filippino Lippi (Apparizione della Vergine a san Bernardo, oggi alla Badia Fiorentina) e altri. L’altare maggiore, sovvenzionato dagli Albizzi, era decorato fra Tre e Quattrocento dal grandioso polittico di Rossello di Jacopo Franchi oggi alla Galleria dell’Accademia.
Il fabbricato della chiesa cadde in stato di semi-abbandono dopo le soppressioni, finché l’ex monastero fu, in parte, trasformato in villa ad opera dei Del Corona, che l’acquistarono nel 1815 dal patrimonio delle corporazioni religiose. Poi fino alla prima metà del Novecento, la proprietà passò ai Burn-Murdoch.
Attualmente il fabbricato, dopo imponenti lavori di ristrutturazione terminati nei primi anni ottanta del Novecento risulta diviso in circa nove appartamenti tutti privati, taluni tra i quali (non aperti al pubblico) includono tutt’oggi il capitolo, due lati porticati del chiostro quattrocentesco e la cappella di sant’Antonio.

 

Bibliografia:
Fenelli Laura, Il convento scomparso. Note per una ricostruzine del complesso fiorentinodi Santa Maria al Sepolcro (le Campora), in: “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, Bd. 55 Nr. 2, 2013

Molte immagini sono reperibili nel sito:
https://www.bildindex.de/bilder/gallery/encoded/eJzjYBKS42IvyEzWTczJEWJPTswtyC9KlGJ29HNRYi7JydZiEErmEgDJg3FRfllmSmqRkLNbTn5Ral6VjoJ3aV5xSUZmcUl-UWZxckZqsYInUCCzpLREITNPAa7MN7FCNyAnMS85Wxcmj2wJAALnK3w*

 

Link:
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_del_Santo_Sepolcro

Rilevatore: AC

BURGOS (SS). Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio abate

via Camillo Benso di Cavour, 10
https://goo.gl/maps/L3Q5bvuVCkBRbyYS9

 

Secondo quanto riportato in un documento d’archivio, nel 1606 alla messa in opera della prima pietra della parrocchiale di Santa Maria degli Angeli di Bottida è presente il curato di Burgo, Angelo Escano.
Al 1774 sono datati i più antichi tra i registri parrocchiali, che a partire da quella data riportano i nomi dei parroci che si sino avvicendati alla guida della parrocchia.
Il 24 maggio del 1810, durante la sua Visita Pastorale a causa delle modeste dimensioni, non adeguate a contenere i fedeli della comunità e delle disagiate condizioni economiche – non sufficienti alla manutenzione di entrambe-, secondo le disposizioni del vescovo Giovanni Antioco Atzei, il primo della neo-costituita diocesi di Bisarcio, la chiesa dovette cedere il titolo di parrocchiale alla sussidiaria chiesa di San Leonardo.
Il 28 maggio del 1814, il vescovo Atzei a causo dello scontento manifestato dalla popolazione di Burgos ripristinava nella sua funzione di parrocchiale la chiesa di Sant’Antonio abate: ” colle condizioni di farci i promessi miglioramenti entro tre anni”.
Il 2 giugno 1821, il rettore Paolo Sanna, viene autorizzato dal vescovo Domenico Pes alla ricostruzione del ” fabbricato del nuovo presbiterio”. I lavori iniziano dal presbiterio, per proseguire attraverso la navata verso l’ingresso. I registri parrocchiali restituiscono la spesa effettuata dal rettore e il minuzioso elenco di materiali e degli onorari. Nel 1822 viene realizzato il tetto per una spesa di 101,15 lire.
Nel 1822 viene fatto realizzare il fonte battesimale al falegname di Bono Giuseppe Ena; l’attuale fonte è stato realizzato nel 1873.
Nel 1823, al fine di assicurare maggiore stabilità alla costruzione vengono realizzati dei contrafforti. Nel 1831 si fa arrivare da Bosa il muratore Francesco Vidili per la realizzazione dell’altare maggiore.
Nel 1917, il parroco Raimondo Piccoi, fa giungere da Sindia due muratori specializzati per la “sopraelevazione” dell’altare maggiore, con la costruzione della nicchia e del soprastante baldacchino.
Nel 1917 fu realizzato “a fesco” all’interno della chiesa (abside, sott’archi e cappelle laterali e navata )il ciclo decorativo che riproduceva lungo la volta della navata principale momenti salienti della vita del Santo titolare.
Nel 1927 su progetto dell’ing. Oggiano, in sostituzione del vecchio campaniletto a vela viene edificato il nuovo campanile a torre.
L’intervento di restauro completato nel 2017, cofinanziato dalla Conferenza Episcopale, si era reso necessario a causa del cedimento di una porzione del tetto in corrispondenza della prima cappella a dx dell’altare maggiore. successivi approfondimenti hanno evidenziato un diffuso deterioramento del manto di copertura e uno stato di degrado all’interno dell’aula e all’esterno, tanto lungo le pareti laterali che in facciata. Il restauro ha comportato il completo rifacimento del tetto e degli intonaci, previa eliminazione della zoccolatura marmorea. Le lesioni degli archi sono state eliminate e gli stessi sono stati rinforzati.

Sul lato sinistro in prossimità del presbiterio è collocato il campanile a canna quadrata con copertura a cuspide piramidale e cella a quattro luci.
La facciata a capanna cuspidata che restituisce nell’ingombro le due cappelle laterali, presenta un cornicine modanata a coronamento degli spioventi. l’ingresso principale, architravato con una cornice fortemente aggettante poggiante su due lesene ai lati del portone e nella parte superiore un oculo a semicerchio. La struttura è sormontata nella parte apicale, da una croce in ferro battuto.

L’edificio di culto presenta un unica navata, scandita da lesene in corrispondenza degli archi, voltata a botte, con un ampia abside semicircolare. Tre cappelle per lato affacciano sulla navata attraverso ampi archi a tutto sesto. Dal presbiterio si accede alla settima cappella , più ampia rispetto alle altre, dedicata al Santissimo Sacramento.
Il tetto è a doppio spiovente con copertura a coppi.

 

A Burgos, ogni anno, il 17 del mese di gennaio si svolge la Festa patronale dedicata a Sant’Antonio abate, con riti religiosi, seguiti da manifestazioni civili.

 

Link:
https://www.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/76355/Chiesa+di+Sant%27Antonio+Abate

CONCA DELLA CAMPANIA (CE), frazione Cave. Chiesa di Sant’Antonio abate

La Chiesa si affaccia sulla piazza. Via San Bartolomeo, 4
https://goo.gl/maps/wscgGpza4HQbqXFx5

 

L’attestazione più antica della chiesa è una relazione nella raccolta Ad Sacra Limina del 1590. L’aspetto odierno è di gusto neoclassico, frutto di interventi di restauro della seconda metà del secolo XIX. Nel 1853, infatti, in occasione della visita del Vescovo di Teano, mons. Sterlini, ne venivano rilevate le precarie condizioni strutturali.

La facciata richiama un tempietto classico. Quattro paraste sono sormontate da capitelli pseudo-corinzi, sui quali poggia un frontone triangolare. Sul portale squadrato in tufo una lunetta contiene l’affresco con sant’Antonio abate, databile al XIX secolo.

La chiesa è ad aula unica in cui si è immessi da un piccolo vestibolo sormontato dalla cantoria. Le pareti sono decorate a stucco con motivi “a dentelli”.
Al centro del soffitto – pseudo cassettonato – vi è un affresco degli anni ’20 del secolo XX raffigurante la Madonna Assunta, i Santi protettori (a sinistra sant’Antonio abate) ed un coro di Angeli.
L’abside semicircolare è ornata da semicolonne con capitelli pseudo-corinzi, su cui poggiano costoni in muratura definenti la calotta. Le semicolonne, a loro volta, definiscono gli spazi entro cui si aprono due edicole in cui sono ospitate le statue di Sant’Antonio abate a sinistra, e Sant’Antonio di Padova a destra.

 

Link:
https://www.concadellacampania.info/monumenti-conca-della-campania/chiesa-sant-antonio-abate/