Le opere sono esposte al Piano primo del Museo, nella Sala dei dipinti secoli XIV e XV e nella Sala del secolo XV.
1) Madonna col Bambino tra i santi Francesco e Giovanni Battista, Andrea e Antonio abate, circa 1330.
Opera del “Maestro del 1310” (attivo tra la metà del XIV e gli inizi del XV secolo
Tempera su tavola; cornice intagliata e dorata. Dimensioni: 111 x 191 cm. Foto in alto. 
La tavola centrale del polittico si presenta oggi priva dell’originaria carpenteria, della cuspide, e separata dai pannelli laterali a seguito di un intervento effettuato in epoca imprecisata. Infatti, mentre i pannelli laterali furono collocati nella raccolta museale fin dalla sua apertura, la Madonna col Bambino rimase fino alla metà del secolo scorso in Collegiata, nella Cappella di Santa Lucia. Solo con il riordinamento del 1956 è stato possibile riunificare l’insieme. Studi recenti ipotizzano che il polittico possa essere stato in origine sull’altare maggiore della Collegiata, vista la presenza, ai lati di Maria, di sant’Andrea e del Battista, qui presente come riconoscimento dovuto alla sede metropolitica fiorentina.
Sant’Antonio abate e san Francesco rimandano invece a due tra i culti più popolari di tutto il Trecento.
La commissione dell’opera potrebbe ricadere già nel plebanato di Matteo di Vanni di Corso, succeduto nel 1337 a Diedi di Corso di Matteo (De Marchi).
Nel dipinto è evidente la cultura del “Maestro del 1310”, che seppe combinare elementi della cultura giottesca con richiami alla coeva arte senese e pisana.
Le figure allungate, racchiuse in una incisiva linea di contorno, il patetismo acceso delle espressioni dei santi e la figura della Madonna col Bambino che si staglia sullo sfondo d’oro, oltre a essere un’estrema elaborazione del prototipo lasciato da Simone Martini sull’altare di Santa Caterina a Pisa e a lungo imitato in zona, collocano l’opera in una fase matura dell’attività dell’anonimo maestro intorno al 1330.
Link:
https://www.empolimusei.it/artwork/annunciazione/
2) Madonna col Bambino e i santi Antonio abate e Giovanni Battista e Gregorio Magno e Leonardo, 1385
Opera di Opera di Niccolò di Pietro Gerini (Firenze, notizie 1368 – ante 1416)

Tempera su tavola; cornice intagliata e dorata. Dimensioni: 137 x 182 cm.
Il polittico è pressoché integro, mancando unicamente della cuspide centrale dove probabilmente era effigiato un Padre Eterno benedicente. La foggia semplificata, coi personaggi affacciati a mezza figura dalle nicchie cuspidate, riprende una tipologia in voga agli inizi del Trecento. I santi hanno forme ampie e solide e la loro fissità, rigida, conferisce monumentalità all’insieme.
L’opera, acerba, è riconducibile a Niccolò di Pietro Gerini, pittore prolifico e tra i più significativi rappresentanti di un momento eterogeneo e di transizione della cultura figurativa fiorentina sul finire del secolo XIV, fortemente influenzata dai modelli giotteschi ma pervasa da fermenti di rinnovamento che spingono gli artisti a elaborare composizioni complesse e ispirate a un gusto fortemente decorativo. Nell’opera empolese si può notare, infatti, come l’impianto della Madonna col Bambino centrale richiami noti esempi di Giotto e della sua scuola, mentre i santi laterali, soprattutto sant’Antonio abate (con bastone, libro e barba scura) e il Battista sulla sinistra, assorti e meno espressivi, riflettono i modi arcaizzanti di Andrea Orcagna.
Non è noto a quale altare della Collegiata fosse destinato il dipinto e chi ne fosse il donatore. Più che i santi raffigurati negli scomparti principali può essere d’aiuto la teoria tutta femminile delle sante nella predella: Caterina d’Alessandria, Lucia, Maria Maddalena e Margherita. In quest’ottica, potremmo ipotizzare che a commissionare l’opera sia stata la compagnia muliebre dell’Annunziata, istituita presso l’omonimo altare della Confraternita di Sant’Andrea nel 1366 e sopravvissuta fino al 1427.
Iscrizioni: ECCE AGNUS DEI ECE QUI TOLLIS (sic) PECHATA MUNDI (nel cartiglio del Battista)
Link:
https://www.empolimusei.it/artwork/madonna-col-bambino-e-i-santi-antonio-abate-e-giovanni-battista-gregorio-magno-e-leonardo/
3) Madonna col Bambino tra i santi Antonio abate, Caterina, Girolamo e Giovanni Battista, 1380 – 1385
Opera di Agnolo Gaddi (Firenze, notizie 1369 – 1396)

Tempera su tavola. Dimensioni: 129 x 180 cm.
Il trittico proviene dall’oratorio soppresso di San Mamante e manca della cuspide centrale dove, con tutta probabilità, doveva figurare un Eterno benedicente o una Crocifissione. L’atteggiamento colloquiale dei personaggi, le raffinatezze di esecuzione – si noti in particolare la ricchezza delle vesti di santa Caterina e del Bambino, il delicato motivo ornamentale che profila i bordi dei manti – e la gamma cromatica teneramente graduata – nella contrapposizione di toni caldi e freddi – annunciano, in quest’opera di Agnolo Gaddi, la stagione tardogotica anche se la salda impostazione delle figure e certe asprezze nelle fisionomie collocano il pittore nel solco della tradizione neogiottesca di fine Trecento.
Sant’Antonio, a sinistra, con bastone e libro, ha la consueta barba bianca.
Questo trittico e quello simile del Gerini, conservato nel Museo, hanno misure analoghe e propongono identiche teorie di Santi. Tali elementi, come l’importanza di un pittore come Agnolo (figlio di Taddeo, uno dei principali esponenti della bottega di Giotto), che pochi anni dopo sarebbe stato chiamato ad affrescare la cappella maggiore di Santa Croce a Firenze, hanno indotto a dubitare dell’originaria destinazione del trittico all’oratorio periferico di San Mamante. Sembra più probabile che appartenga al generale riallestimento della Collegiata, in corso allo scadere del Trecento, i cui altari più o meno delle stesse dimensioni, avranno accolto polittici simili (De Luca).
Link:
https://www.empolimusei.it/artwork/madonna-col-bambino-tra-i-santi-antonio-abate-caterina-girolamo-e-giovanni-battista/
4) “Madonna dell’Umiltà” tra i santi Donnino e Giovanni Battista, Pietro e Antonio abate, (“trittico di San Donnino”), 1404
Opera di Lorenzo Monaco (Firenze, 1370 ca. – 1425)

Tempera su tavola di 157 x 197 cm. Proviene dalla Chiesa di San Donnino.
Sant’Antonio abate è all’estrema destra, con bastone a Tau e barba scura. Un piccolissimo maiale nero è dietro di lui.
Il trittico rappresenta un testo fondamentale per comprendere gli esiti della pittura fiorentina nei primi anni del Quattrocento. La data 1404, che compare nello scomparto centrale, è la stessa in cui il monaco camaldolese eseguiva la Pietà del Museo dell’Accademia di Firenze un dipinto che, diversamente da quello empolese, risulta ancora fortemente intriso della cultura di ascendenza giottesca, sopravvissuta per circa un secolo grazie alla lezione dell’Orcagna e dei suoi seguaci. La svolta che Lorenzo Monaco compie nel trittico di Empoli si spiega sia con l’influenza che esercitarono su di lui gli affreschi dello Starnina in Santa Maria del Carmine a Firenze (1404), sia con l’avvio del cantiere della porta nord del Battistero di Firenze (1403) sotto la direzione di Lorenzo Ghiberti.
La Madonna col Bambino al centro del dipinto è accomodata su un cuscino raffinatamente decorato in luogo del trono, ci appare come Madonna dell’Umiltà, un tema di origine senese che accentua il tono devozionale e domestico dell’immagine sacra. Accanto a lei si dispongono i quattro santi: san Donnino, titolare della chiesa di provenienza, san Giovanni Battista, san Pietro e sant’Antonio abate.
La falcata diagonale del manto che avvolge la slanciata figura di san Giovanni e che ricade frastagliato a terra, l’andamento tortuoso del manto di Maria richiamano i personaggi delle formelle del Ghiberti mentre la gamma cromatica scelta e vivace e soprattutto lo scatto del bimbo che pare colto nella flagranza del movimento, sono eco della lezione dello Starnina, e dunque delle istanze di gusto internazionale.
Da questo dipinto prende avvio la fase più matura dell’artista, quella dei grandi polittici oggi conservati agli Uffizi e all’Accademia e delle deliziose miniature dei corali di Santa Maria degli Angeli, in cui appaiono, in un trionfo di colori e di ori lavorati a bulino, alcune delle più eleganti invenzioni della pittura di quel momento.
Iscrizioni: AVE.MARIA.GRATIA PLENA.DNS.TECUM.ANO.DI.MCCCCIIII (alla base del pannello centrale); S.DOMNINUS.M / S.IONES.BAPTSTA (alla base del pannello laterale sinistro); S.PETRUA.APOSTOLUS / S.AMTONIUS.ABB (alla base del pannello laterale destro)
Link:
https://www.empolimusei.it/artwork/madonna-dellumilta-tra-i-santi-donnino-e-giovanni-bassista-pietro-e-antonio-abate-nelle-cuspidi-angelo-annunciante-e-vergine-annunciata/
5) Sant’Onofrio, sant’Antonio e san Martino di Tours, 1370 -1375
Opera di Cenni di Francesco di Ser Cenni (Firenze, notizie 1369 – 1415 ca.)

Tempera su tavola di 66 x 26 cm.
Le due tavole – l’altra raffigura Santa Caterina d’Alessandria, santa Lucia ed altra Santa – erano le ante di un piccolo trittico la cui parte centrale è dispersa e fanno parte della collezione del Museo fin dalla sua apertura, donati da Raimondo Cannoni.
Le fisionomie dei personaggi e la grazia rustica delle sante sono indici della lingua fresca e vivace di Cenni, la cui attività si concentrò specialmente in Valdelsa. Opere sue si trovano infatti a Castelfiorentino, nel museo di Certaldo e in quello di Montespertoli. A Empoli eseguì un’Annunciazione, a fresco, che gli fu commisionato dalla Confraternita della Nunziata per il proprio oratorio nella chiesa di Santa Maria a Cortenuova.
La necessità di adeguare la cultura figurativa di Agnolo Gaddi e di Nardo di Cione alle aspettative di una committenza tradizionalista hanno contribuito a dare alle opere di Cenni quel carattere popolaresco che costituisce, con ogni probabilità, il principale fascino della sua arte.
Link:
https://www.empolimusei.it/artwork/santa-caterina-dalessandria-santa-lucia-ed-altra-santa-santonofrio-santantonio-e-san-martino-di-tours/
6) San Giovanni battista e sant’Antonio abate, 1420
Opera di Scolaio di Giovanni alias Maestro di Borgo alla Collina (Firenze, 1370 ca. – 1434)

Tempera su tavola e cornice intagliata e dorata, 140 x 55 cm.
Il pannello cuspidato, assieme all’altro che raffigura “Sant’Ivo e san Lazzaro”, mancati della tavola centrale, figurano tra le prime opere giunte in Pinacoteca e furono eseguite da Scolaio di Giovanni, uno degli «sventati calligrafi» rimasti impermeabili, tranne per alcune riprese superficiali, alle novità rinascimentali e fedele imitatore dei modi dello Starnina.
Il trittico era destinato alla cappella di Sant’Ivo, fondata nel 1424 da Antonio di ser Martino Paglia. Il santo bretone, infatti, appare in posizione d’onore, accanto a san Lazzaro.
La lingua di Scolaio traspare dalle fisionomie un po’ bizzarre dei quattro santi, dal gusto per dettagli ornamentali e nei panneggi abbondanti e fitti di pieghe che ricadono mollemente al suolo. Iscrizioni nelle predelle: “S.IVO DI BRETAGNA S. LAZARO S. GIOVANNI S. ANTONIO”.
Sant’Antonio – barba scura e saio chiaro con mantello nero – tiene un libro rosso con la mano sinistra stranamente coperta dal mantello e con la destra il bastone a stampella.
Link:
https://www.empolimusei.it/artwork/santi-ivo-e-lazzaro-giovanni-battista-e-antonio-abate-nelle-cuspidi-teste-angeliche-tavola/
Fondato nel 1859, il Museo della Collegiata è uno dei più antichi musei ecclesiastici d’Italia. Si trova nell’antico Palazzo della Propositura attiguo alla Collegiata di Sant’Andrea e conserva diversi capolavori databili tra il XIII e il XVII secolo provenienti dalle chiese del piviere empolese.
Il percorso inizia al piano terra, dove, oltre ad alcune opere scultoree di grande pregio, come l’elegante Madonna col Bambino di Mino da Fiesole, sono esposti il Fonte battesimale attribuito a Bernardo Rossellino e lo straordinario affresco staccato raffigurante il Cristo in pietà di Masolino da Panicale. A Empoli, altre testimonianze dell’opera di questo celebre artista si possono trovare nella Cappella di Sant’Elena della vicina Chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani, parte del percorso museale.
Al piano nobile è allestita la pinacoteca dove i dipinti sono presentati in ordine cronologico: dalle opere più antiche a quelle pienamente quattrocentesche fino ad arrivare alle opere dei Botticini, famiglia di pittori attiva fino ai primi decenni del Cinquecento.