AIELLO DEL FRIULI (Ud). Chiesa parrocchiale di Sant Ulderico, altare di Sant’Antonio abate e Carlo Borromeo

La Chiesa Parrocchiale di S. Ulderico, funzionante dal 1691, è una bella costruzione con armonica facciata, in pietra d’Aurisina,  decorata da lesene e da quattro nicchie contenenti statue recenti di Egisto Caldana (S. Giuseppe artigiano e patrono dei lavoratori, S. Francesco d’Assisi, S. Maria Goretti, patrona dei rurali e S. Caterina da Siena).
Venne benedetta il 2 settembre 1691, ma venne solennemente consacrata nel 1742.


Presenta un ampio interno ad una navata con cinque altari (quelli delle Anime Purganti e di S. Antonio abate con pala  dipinta da Pietro Bainville, secolo XVIII, cui si deve anche la pala della Beata Vergine della cintura, già sull’altare della Consolazione); una scenografica cupola affrescata nel 1900 dal Goriziano Clemente Delneri, autore anche dei medaglioni con i Santi Aquileiesi sulle pareti e di un affresco in sagrestia.
La chiesa è stata arricchita agli inizi del 1900 da una decorazione pittorica che comprende i quattro Evangelisti, gli Angeli ed un Crocefisso sulla cupola ed una serie di medaglioni raffiguranti i Santi Martiri Aquileiesi lungo le pareti laterali.
Sul soffitto sono raffigurate la Gloria di Sant’Ulderico e due scene della vita del Santo (Difesa di Augusta dagli Ungari e Visita ai poveri e agli infermi).
In Canonica, inoltre, è conservata la pala con la Fede di Arturo Colavini (secolo XIX).

La pala con s. Antonio abate è stata restaurata nel 2019.

 

Link:
https://newsletter.rotaryitalia.it/archivio-newsletter/restauro-pala-dellaltare-di-santantonio-abate/

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 31/05/2009

PALAZZOLO DELLO STELLA (Ud), fr. Piancada. Chiesa di Sant’Antonio abate

In Comune di Palazzolo, nel bosco Turgnano, nel territorio della Frazione di Piancada, si trova una chiesetta dedicata a Sant’Antonio Abate, che era circondata dal bosco Turgnano.  https://goo.gl/maps/SfHCX9eTn22FBeuz7
E’ un edificio abbandonato, sconsacrato, malridotto. Eppure, visto da fuori, è ancora affascinante per quella sua facciata, un po’ singolare, che appare perfino imponente e per la sua storia antica, che parte dal Cinquecento.
Ma bisogna arrivare al 1856, per togliere la chiesa da un oblio durato secoli. In quell’anno, il nuovo proprietario del fondo boschivo di Sant’Antonio Abate, conte Ferdinando di Colloredo, decide infatti di ripristinare l’edificio sacro ormai cadente. La ricostruzione è attestata da una lapide, recentemente asportata (auspicabilmente per metterla al sicuro): “SACELLUM DIRUTUM / D. ANTONIO AB. DICATUM / FERDINANDUS COLORETUS / RESTITUIT A.D. MDCCCLVI”.
Da qui, nacque la nuova storia della Chiesa di Marianis, che passa per la ristrutturazione del 1925 e una serie di tentativi del Comune di Palazzolo dello Stella per recuperare la struttura fatiscente, dal 1980 fino al 1996, quando l’intervento pubblico poté solo permettersi il rifacimento del tetto crollato.
Nel 1993 la storia della chiesetta ha un soprassalto, attraverso la scoperta su una parete di una scritta a matita. E’ datata 1916 ed è sopravvissuta nell’abbandono dell’edificio. In quell’anno di guerra, era accampata nella zona Volpares Marianis, la Brigata Bari della Terza Armata. Il testo è una preghiera: “Pregate tutti il buon e antico Santo acciò finisca questo macello per il bene di noi tutti e delle nostre famiglie. Firmato: soldati Frizzole Edoardo e Porzionato Carlo (7 gennaio 1916), soldati Ghintini Luigi e Baldrini Luigi (18 marzo 1916). Giuliano Bini, nel suo libro “Palazzolo nella Grande Guerra”, così commentò: “E’ il più vero e il più prezioso monumento sulla guerra esistente a Palazzolo, un monumento dai più sconosciuto (…) abbandonato, negletto, esposto al degrado del tempo, dell’ambiente e del vandalismo. E’ un monumento nel monumento”.
E infatti, oggi, l’iscrizione, nella parete umida e scrostata della chiesa, non si vede più, quasi dissolta. Rimangono visibili il nome Edoardo e l’anno 1916, quasi per esaltarne il rimpianto.

L’attuale costruzione, in stile neogotico, presenta un’aula rettangolare con soffitto carenato ed un’abside nella quale è collocato l’altare che conserva una statua lignea cinquecentesca raffigurante Sant’Antonio Abate.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 17/07/2009

FARA FILIORUM PETRI (Chieti). Chiesa di Sant’Antonio abate

 

la Chiesa è sita in Via Sant’Antonio.  https://goo.gl/maps/VFXkXbxzVevsYCuX6

La chiesa è esistente sin dal 1365. Ha una pianta a navata unica.
Nella metà del sec. XIX vi fu costruito in adiacenza il Camposanto comunale.

Da una scritta posta all’interno risulta che fu restaurata nel 1904.
Vi si conservano le statue di S. Antonio abate e di S. Agata V.M.
Un’immagine del Santo sull’altare maggiore (vedi foto in basso).

 

Link: http://www.prolocofara.it

Email: info@prolocofara.it

 

Note:
Le “farchie”
Il Sant’Antonio di gennaio viene festeggiato con le “farchie”.
E’ una festa dove sono evidenti i prodromi dei riti carnevaleschi mentre si lasciano quelli natalizi; il carattere di transizione è evidente nella mescolanza di usanze tardo natalizie, come quella inerenti i cibi (crespelle, cauciune, serpentone) mentre il brio e l’allegria di gruppo sembra preludere al Carnevale.
Il carattere calendariale della festa che coincide con il periodo invernale: il fuoco purificatore, allontanatore del male, prepara l’ascesa dell’astro solare necessaria per nuovi e abbondanti raccolti ( … )
Tra gli aspetti rituali più interessanti di questa festa si distinguono le tradizioni melodiche teatrali come i canti e le sacre rappresentazioni; queste ultime, che derivano probabilmente dalle commedie dei santi di origine spagnola del tardo Rinascimento, raccontano in forma melodrammatica le vicende di Sant’Antonio nel deserto”.
Le farchie sono dei fasci cilindrici di canne legati con rami di salice rosso aventi generalmente un diametro di cm 70-100 ed una lunghezza di mt. 7-9. Di solito sono preparate dalle contrade Colli, Madonna, Mandrone, Forma, Vicenne, Fara Centro, Crepacci, Campo Lungo, Colle Anzolino, Via S.Antonio o Colle San Donato, Sant’Eufemia, Giardino e Pagnotto, per essere portate processionalmente il pomeriggio dei giorno 16 gennaio dalle rispettive contrade sino al Largo antistante la chiesa di S. Antonio abate, per essere innalzate ed incendiate con una simpatica rappresentazione coreutica.

La leggenda
E’ tradizione che la festa delle farchie sia stata originata da un miracolo per intercessione di S. Antonio al tempo dell’invasione francese del 1799.
All’epoca Fara era protetta da un grande querceto che si estendeva fino a coprire interamente la contrada Colli.
Venendo da Bucchianico verso Guardiagrele i Francesi volevano occupare Fara ma l’apparizione di S. Antonio nelle vesti di un generale li fermò. Il santo intimò alle truppe di non oltrepassare la selva ed al loro diniego trasformò gli alberi in immense fiamme che scompigliarono i soldati.

Come si svolge la festa
Il giorno 16 gennaio dalle contrade partono trattori decorati con sopra le farchie. E norma che i cortei prima di iniziare il viaggio recitino le litanie lauretane.
Un suonatore di “trevucette” si mette a cavallo della farchia mentre un tamburino si mette a capo del corteo.
I contradaioli scaricano la farchia poggiandola sul suolo e quindi, al comando di un uomo chiamato “capofarchia” la innalzano in piedi.
Quando tutte le farchie sono alzate si dà inizio all’incendio.
Alcuni mortaretti incendiano la sommità come una grande torcia.
Esiste la competizione tra le contrade: vince chi, dopo aver dimostrato maestria e perfezione, incendia per ultimo la farchia.

Qual’è la farchia migliore
A detta dei partecipanti la perfezione tecnica della farchia viene alla luce solo dopo che è innalzata: la verticalità, il giusto allineamento dei nodi, la corretta sistemazione delle canne per evitare rigonfiamenti o torsioni, sono i requisiti principali di giusta maestria, messi in relazione con le dimensioni metriche.

Comitato organizzatore
La festa è organizzata da un comitato spontaneo che trova i principali sostenitori nelle contrade e che provvede alla questua necessaria per sostenere le spese dei fuochi d’artificio e la Banda musicale.
La preparazione delle farchie comunque, pur essendo prerogativa dei contradaioli, per consuetudine viene svolta di anno in anno presso le stesse famiglie.

I pani di S’Antonio
Si preparano il giorno 16 ed il 17 vengono benedetti davanti la chiesa di S. Antonio. Il comitato fa cuocere circa 400 o 500 “rosette” che poi distribuisce a tutte le famiglie del paese.
Si usa mangiare questo pane per devozione, ed una porzione la si fa mangiare agli animali domestici per preservarli dai malanni.

Il nome “farchia”
L’origine etimologica di “farchia” potrebbe essere ravvisata in “fòrchia” che tuttora nel dialetto di Palena (CH) significa caprile dal latino fùrcula da cui farchja in relazione alle canne intrecciate che delimitano il caprile nella stalla; oppure da “farchjié” canna palustre con cui si impagliavano le sedie o si bruciavano le setole del maiale.
In abruzzese comunque “farchie” indica anche una fiaccola di canne oppure legna intrecciata a mò di falò che si brucia la notte di natale o nella festa patronale. Di conseguenza la parola indica anche l’asta di legno che sostiene il falò bruciato davanti alle chiese la notte di Natale.

Vedi anche:  https://www.santantonioabate.afom.it/fara-filiorum-petri-ch-santantonio-abate-e-le-farchie/

 

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 28/05/2009

SCARMAGNO (TO): Cappella di Sant’Eusebio al Màsero.

La cappella si trova in un boschetto a breve distanza dalla borgata Màsero.

 

Un AFFRESCO  del XV secolo, opera dello “Pseudo Domenico della Marca d’Ancona” , ben conservato e delle dimensioni di m. 2,68 x 1,56 è dipinto sulla parete destra: composto da cinque riquadri, è contornato da una cornice sulla quale si possono leggere alcuni nomi dei santi raffigurati e la data in cui fu eseguito (MCCCCXXIIII). Nel riquadro centrale è la Madonna che allatta il Figlio, in quelli a sinistra si trovano un Santo martire (S. Defendente?) il cui nome è indecifrabile e S. Sebastiano, nei due a destra S. Eusebio e S. Antonio abate. L’opera presenta elementi tipici della pittura gotica.

 

Note:
Per ogni dettaglio vai su:
http://archeocarta.org/scarmagno-to-cappella-santeusebio-masero/

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 30/04/2009

 

UDINE. Galleria dei Disegni e delle Stampe Antiche, in Castello, acquerello raff. S. Antonio abate

Il Castello, che sorge sul colle del centro cittadino, conserva il nome della costruzione precedente, distrutta dal terremoto del 1511, ma in realtà è un imponente palazzo, progettato da Giovanni Fontana nel 1517.


Sede del Luogotenente veneto fino al 1797, poi del dominio austriaco, dopo essere stato anche caserma e carcere divenne sede di Musei udinesi terminato il restauro del 1906.
Un radicale restauro fu eseguito  a seguito del terremoto del 1976, per cui i Musei si riappropriarono della sede nel 1988 riallestendovi nell’ordine, dopo gli uffici, la Biblioteca d’Arte e la Fototeca, le sezioni museali: Lapidario, Museo Archeologico, Raccolte Numismatiche, Galleria d’Arte Antica (inaugurata nel 1990).

La Galleria dei Disegni e delle Stampe Antiche, configuratasi con la distinzione delle sezioni museali creata nel 1946, si fonda su consistenti lasciti, come quelli dell’abate G.B. Del Negro (1873), del co. Francesco di Toppo (1883) e di Carlo Cosmi (1934).
Rinnovata nel 1960 con una nuova selezione delle opere, si presenta nell’allestimento inaugurato nel 1998 con una nuova scelta di poco più di trecento esemplari tra disegni e incisioni.
Per quanto riguarda i disegni, di cui si conservano nel Gabinetto Disegni e Stampe oltre duemila esemplari, essi sono per la gran parte opera di artisti veneti del Sei e Settecento; ben rappresentati anche gli artisti locali, soprattutto per l’Ottocento.

Le stampe conservate sono oltre tremila, quelle esposte duecento, datate dal Cinquecento all’Ottocento. Sono stampe d’invenzione e stampe di traduzione da opere di celebri pittori, dai soggetti mitologici e storici a quelli religiosi, dai ritratti alle scene di vita, dalle carte geografiche ai paesaggi e alle vedute di città.

Nella Sala 4, in una cassettiera, viene conservato, fra l’altro, un acquerello su pergamena, mm. 273 x 210, (inv. 1031; Lascito Joppi, 1906), raffigurante un Sant’Antonio abate e datato 1554.

Bibliografia:
 – Cristina DONAZZOLO CRISTANTE, I Musei del Castello di Udine, La Galleria dei Disegni e delle Stampe Antiche, Udine 2001, pp. 91

Fruibilità:
Orario apertura dei Musei Civici di Udine.
Da martedì a sabato: 9,30 – 12,30 e 15 – 18  Domenica: 9,30 – 12,30.  Lunedì chiuso
Info: tel. 0432 271591  – E-mail: civici.musei@comune.udine.it

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 15/12/2008