MONTEREALE VALCELLINA (PN). Chiesa di San Rocco o di Santa Maria Assunta, con immagine di s. Antonio abate

KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERALa chiesa di San Rocco a Montereale Valcellina è ubicata poco prima della stretta di Ravedis, in posizione decentrata rispetto all’attuale abitato. La sua antichità è confermata dalla presenza del cimitero, com’era di costume nelle vecchie pievi. La chiesa, ancora oggi inserita nel cimitero, era una delle pievi più antiche e importanti della diocesi di Concordia.
Nei pressi dell’area oggi occupata dalla Pieve sono state messe in luce abitazioni e necropoli dall’età del bronzo a quella romana, di oggetti ritualistici e di una piccola ara al dio Timavo.
Dedicata in un primo momento a Santa Maria Assunta (o di Calaresio, antico nome di Montereale), venne poi intitolata a San Rocco. Nominata in una bolla pontificia di Urbano III del 1186 fu centrale per l’evangelizzazione del territorio circostante già dal V secolo.
46 MONTEREALE V - S. ROCCO ESTERNO E CIMITERO SFALe indagini archeologiche hanno identificato tre fasi nella sua costruzione: la prima, paleocristiana, risalente al V secolo, quando fu dedicata all’Assunzione della Vergine; la seconda, medievale, del XII secolo, della quale rimangono i paramenti murari della navata; la terza, quella rinascimentale d’inizio 1500, che ha determinato l’attuale configurazione dell’edificio e il cambio d’intitolazione, a San Rocco. L’edificio venne ampliato nel XVIII secolo e restaurato nel 1969.
La facciata liscia è caratterizzata da un semplice portale con pilastri in pietra e architrave. Un secondo ingresso e tre finestre si aprono sul fianco destro, una finestra si apre anche nel presbiterio. Esisteva anche un campanile, probabilmente d’epoca tardo medievale, che fu demolito nel 1983.
03 MONTEREALE V - S. ROCCO INTERNO SFAL’ambiente interno è ad aula rettangolare con copertura a capriate lignee e due cappelle laterali lungo il fianco sinistro. Il presbiterio rettangolare ha una copertura a vele ed è più alto rispetto all’aula. I due ambienti sono separati da un arco a sesto acuto. Il corpo di sacrestia (del XVI secolo) è annesso lateralmente.
Nonostante la semplicità dell’aspetto esteriore, la chiesa custodisce al suo interno un gioiello pittorico: si tratta della decorazione del coro realizzata da Giovanni Maria Zaffoni detto il Calderari (Pordenone, 1500 circa – dopo il 1570), tra il 1559 e il 1563, riconosciuto come una delle sue opere più importanti. Lo stile del Calderari mostra le influenze del suo maestro Giovanni Antonio de’ Sacchis (il Pordenone) e di Pomponio Amalteo, i due grandi nomi del Rinascimento pittorico friulano. Calderari ha lasciato un certo numero di tele e affreschi in numerose chiese della destra Tagliamento. “Da un loro attento esame si ricava l’impressione di essere di fronte ad un pittore che, pur ripetendo stancamente la lezione appresa dal Pordenone, raggiunge anche effetti sorprendenti dove si limita ad un ritratto o ad un particolare, mentre mostra di non saper dominare i grandi spazi; sempre abile mestierante, anche se raramente artista, è in possesso di un linguaggio popolare spesso fresco ed arguto, che talvolta dà sapore alle composizioni” [Bergamini-Tavano 1991].
02 Montereale San Rocco SANT'ANTONIO ABATE SFALa dedica originaria della chiesa a Santa Maria Assunta si riflette nei soggetti degli affreschi.
Sulla fronte del coro erano un tempo collocati due altari in marmo secenteschi che incorniciavano pale secentesche e dopo la sparizione di queste, gli affreschi sottostanti. Con i restauri del secolo scorso gli altari sono stati smontati per lasciare il posto a due bassi altari che lasciano liberamente in vista gli affreschi. Sulla fronte del coro in alto si vedono affrescati a sinistra l’Offerta di Abele e a destra l’Offerta di Caino. La rappresentazione del Sacrificio di Caino e Abele sostituisce qui la rappresentazione dell’Annunciazione, la più comune ai lati dell’arco. In basso due gruppi di santi: a sinistra San Rocco e i santi Sebastiano e Francesco d’Assisi, a destra Santo Stefano e i santi Antonio abate e Nicola di Bari.
03 Montereale San Rocco SANT'ANTONIO ABATE SFA

Nel sottarco dall’alto in basso si vedono le immagini di sante martiri e di profeti: a sinistra Santa Barbara, il profeta Geremia, Sant’Agata ed in basso Santa Lucia ed a destra il profeta Isaia, Sant’Apollonia, il profeta Daniele e in basso Santa Caterina d’Alessandria.
Al coro, completamente affrescato, si accede tramite alcuni gradini e oltrepassando una balaustra.
Sulla parete sinistra si possono vedere: in alto la Nascita della Vergine, la Presentazione di Maria al tempio con un angelo musicante, in basso lo Sposalizio della Vergine (con in basso il ritratto del parroco pre Stefano Decano da Grizzo) e la Nascita di Gesù. Nella vela della volta si vedono la Sibilla Libica, il profeta Daniele, l’evangelista Marco ed il dottore della Chiesa Sant’Agostino.
04 Montereale San Rocco SANT'ANTONIO ABATE SFASulla parete di fondo campeggia In alto il Cristo dell’Apocalisse ed angeli, in basso la scena della Dormitio Virginis con la Vergine che non muore realmente ma si addormenta prima della sua assunzione al cielo. Sono da notare in basso le piccole e delicate immagini di fiori, frutti e uccelli. Nella vela della volta si vedono la Sibilla Persica, il profeta Simeone, l’evangelista Luca ed il dottore della Chiesa San Gregorio papa.
Sulla parete destra si vedono in alto l’Annunciazione e la Visitazione ed in basso la Fuga in Egitto e Gesù al tempio fra i dottori. Nella vela della volta compaiono una Sibilla non identificata, il profeta Mosè, l’evangelista Matteo ed il dottore della Chiesa Sant’Ambrogio.
Sulla parete verso l’aula nella vela della volta si vede un’altra Sibilla non identificabile, il profeta Davide, l’evangelista Giovanni ed il dottore della Chiesa San Girolamo.
Negli angoli delle vele sono dipinti degli angeli musicanti.
Al di sopra della porta laterale si trova un crocifisso ligneo del XVI secolo affiancato dalle sagome della Madonna e di San Giovanni evangelista. Fino al 1969 erano collocati sul trave del coro e vennero spostati durante i lavori di restauro. Le sagome lignee originali dei due santi vennero sostituite con opere di Giovanni Pitau nel 1673, quelle oggi visibili sono copie realizzate nel 2001.
Del Calderari è anche la pala dell’Assunta, lasciata incompiuta a causa della sopravvenuta morte dell’artista. La pala, oggi collocata sopra la porta d’ingresso, era un tempo collocata sull’altare maggiore, concludendo così il ciclo delle storie di Maria affrescato nel coro. L’altare maggiore marmoreo, con le statue dell’Assunta e di San Giuseppe, è stato spostato nella nuova parrocchiale.
A sinistra dell’ingresso una corta cappella contiene il fonte battesimale. Poco oltre una seconda cappella contiene un altare ligneo opera del bellunese Giovanni Battista Auregne (1650 – 1675), con una Madonna del Rosario con bambino, angeli e i santi Domenico e Caterina da Siena. La statua della Madonna e quelle degli angeli vennero rubate nel 1986 e due anni dopo venne rubata anche la copia della statua della Madonna che l’aveva sostituita. Quelle oggi visibili sono copie recenti.
Nell’antica sacrestia, che si trovava dalla parte opposta di quella attuale, nel 1584 furono ascoltati diversi testimoni a eventuale carico o a discolpa di Domenico Scandella detto Menocchio, il mugnaio di Montereale condannato a morte per eresia dall’Inquisizione.

Fonti:
– Bergamini Giuseppe, Perissinotto Luciano. Affreschi del Friuli. Istituto per l’enciclopedia del Friuli Venezia Giulia. 1973.
– Bergamini Giuseppe e Tavano Sergio. Storia dell’arte nel Friuli Venezia Giulia. Chiandetti Editore, Reana del Rojale 1991
– Comune di Montereale Valcellina. Montereale Valcellina e le sue frazioni. 2019
– Goi Paolo – Antica Pieve di Montereale. Sequals Grafiche Tielle. 2002.
– Marchetti Giuseppe (a cura di Gian Carlo Menis). Le chiesette votive del Friuli. Società Filologica Friulana. Arti Grafiche Friulane, Udine riedizione 1990

Sito Chiese italiane:
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=65603&Chiesa_di_San_Rocco__Montereale_Valcellina
Localizzazione: SR251, 66, 33086 Montereale Valcellina PN

Data ultima verifica: giugno 2020
Informazioni: trovata aperta in orario di apertura del cimitero.

Autore: Marina Celegon

Immagini: Marina Celegon.

NIMIS (UD). La Chiesa di San Mauro Abate e della Madonna della Salute, con Immagine di Sant’Antonio abate.

A Nimis, nel borgo Molmentèt, si trova una chiesetta dedicata a San Mauro Abate e alla Madonna della Salute.
La strada che le scorre accanto – e che ora è secondaria – è stata per secoli la via principale di Nimis che collegava l’imboccatura della valle del Cornappo al guado del fiume Torre.
Costruita dai Romani, era infossata tra i campi e nel Medioevo passava attraverso la Centa, il luogo ove si riunivano i capifamiglia per prendere le decisioni riguardanti l’intera comunità.
Secondo la tradizione popolare il conte pecoraio Mauro, preoccupato per una malattia che uccideva intere greggi di ovini, fece un voto al suo santo protettore: se le pecore si fossero salvate, avrebbe costruito una chiesetta in suo onore sui bordi del pascolo. Il desiderio fu esaudito e il conte mantenne la promessa. Mancano però notizie storiche a conferma.
Al di là della tradizione, i primi documenti storici relativi alla chiesa sono, come spesso accade, le registrazioni dei lasciti testamentari e delle visite pastorali. La citazione più antica della chiesetta risale al 1281, quando Enrico di Qualso, canonico di Cividale, fece una donazione testamentaria a San Mauro.
Esplorazioni archeologiche nel 1993 hanno evidenziato come vi fosse un più antico edificio cultuale risalente al periodo paleocristiano (IV-V sec.) sui resti di un’ancor più antica costruzione di età protostorica. Sono stati ritrovati frammenti di ceramica databili fra il VI e l’VIII-XI secolo che contribuiscono ad attribuire l’opera all’alto medioevo. Nel periodo preromanico (X-XII sec.) la chiesetta subì modifiche assumendo le dimensioni odierne. Nel trecento essa fu abbellita da pregevoli affreschi di cui restano però scarse tracce.
Nel 1595 durante una visita pastorale fatta dal canonico Girolamo De Vico lo stesso ordinò di rinnovare la pala d’altare che era in cattive condizioni. Pochi anni dopo, nel 1601, mons. Agostino Bruno di Sebenicco, anch’egli in visita pastorale, lasciò una descrizione della chiesa rilevando come fosse costruita su fondo proprio, circondata da un cimitero chiuso da un muricciolo. La chiesa era lunga circa 11 metri, larga 5 e altrettanto alta, era coperta da un tetto molto spiovente ed in cima alla facciata aveva un campaniletto a vela con una sola campana. Intonacata all’esterno e imbiancata all’interno aveva nell’absidiola un piccolo altare con sopra una icona che ritraeva tre santi (San Benedetto, San Mauro e San Leonardo). Il visitatore notò come tanto la pala dell’altare che l’acquasantiera erano “indecenti”, e che le tre finestre che davano luce alla chiesa non si chiudevano. Così mons. Bruno proibì la celebrazione della Messa finché il cameraro e la confraternita non avessero provvisto un altare più decente. Nel 1660 il canonico Virginio Manin, visitò nuovamente San Mauro, trovando che non c’era ancora un altare consacrato e nel 1692 Mons. Niccolò Gabrieli, incaricato dal patriarca di visitare la diocesi, trovò ancora insufficiente e mal tenuta la suppellettile e giudicò bisognosa di restauro la pala dell’altare; così ordinò: «Che sia rinfrescata la Palla».
Evidentemente la chiesa venne a lungo trascurata dal cameraro e dalla confraternita, sia pure per mancanza di mezzi. Questa volta però gli ordini furono eseguiti, ma invece di rinnovare la vecchia pala di legno ridipingendola ancora una volta (già portava diversi strati di colore) si pensò di fare una pala nuova a olio su tela, più rispondente ai gusti del tempo e alle devozioni popolari.
A Venezia nel 1687 era stato consacrato il tempio della Madonna della Salute, eretto per voto alla Madonna che aveva salvato la città, nel 1630, da una terribile pestilenza e negli stessi anni la devozione alla Madonna della Salute raggiunse anche Nimis, affiancandosi in questa chiesetta a quella tradizionale per San Mauro Abate.
La nuova pala venne realizzata da Lucillio Candido da Venzone e presentava una Madonna in trono con il bambino ed angeli e al di sotto in tre scomparti tre santi, al centro San Mauro abate tra Sant’Antonio abate e un santo in abiti vescovili, forse San Leonardo. Nel 1973 ignoti ladri trafugarono la pala del Candido, che non fu più ritrovata. Oggi è presente una copia. Assieme alla pala furono rubati due quadri di s. Pietro e s. Paolo, che erano appesi alle pareti laterali, a fianco dell’altare. Della vecchia pala si conservò solo la statua di s. Mauro, consunta dai tarli e monca della mano sinistra e, forse, anche due angeli.
Nel 1841 a seguito delle leggi napoleoniche il cimitero venne spostato. Le più grandi trasformazioni si ebbero nella seconda metà del secolo XIX. Venne eretto un nuovo campanile e demolito quello a vela, la facciata venne sopraelevata e trasformata in forme neoclassiche, venne costruita la sacrestia.
Nel ‘700 la famiglia Fior aveva acquistato dei terreni nella zona, costruendo un palazzo signorile con un parco, a ridosso della chiesetta. Verso la fine del secolo la signora Teresa Fior donò alla chiesa di San Mauro o della Madonna della Salute un bell’altare in marmo che sostituì quello in legno precedente conservando la tela del Candido. Il nuovo altare fu benedetto ed inaugurato il 21 novembre 1894. L’antico pavimento venne sostituito da uno in piastrelle.
Durante l’incendio di Nimis del 29 settembre 1944, e l’occupazione cosacca, la chiesa di s. Mauro subì dei saccheggi come le altre chiese del paese. Dopo un primo ripristino, nel 1960 la chiesa fu oggetto di restauro, venne dotata di nuovi arredi e vennero restaurati gli angeli in legno. Nel 1976: la chiesetta subì danni dal terremoto e tra il 1990 e il 1993 fu oggetto di un complessivo restauro.
Oggi l’edificio si presenta con prospetto principale a capanna dal timpano alquanto sopraelevato con pesante cornice in stucco. La facciata è tripartita da finte lesene in intonaco con portale in pietra modanata con architrave, due finestre rettangolari laterali e una lunetta sovrastante. L’interno, dal soffitto a capriate e tavelle dipinte, è ad aula unica con pareti intonacate e pavimentazione in piastrelle quadrate disposte a losanga. Il presbiterio, rialzato di un gradino, prospetta con l’arcosanto a tutto sesto; nella parte sinistra dell’abside si trova la porta alla torre campanaria. Lungo la parete meridionale sono presenti due finestre rettangolari, l’ingresso secondario e una nicchia rettangolare. Nella fase di restauro non è stata ricostruita la sacrestia che era aggiunta dietro l’aula. La torre campanaria si addossa tra l’abside e l’angolo posteriore a settentrione.
Una statua di scuola friulana del XV secolo ritraente San Mauro Abate proveniente dalla chiesa è oggi conservata al Museo Diocesano di Udine.

Fonti:
– Bertolla Pietro. La chiesetta d S. Mauro in Nimis. Arti Grafiche Friulane Udine. 1981.
– Marchetti Giuseppe (a cura di Gian Carlo Menis). Le chiesette votive del Friuli. Società Filologica Friulana. Arti Grafiche Friulane, Udine riedizione 1990
– Cartelli informativi all’esterno della chiesa
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=68572

Localizzazione: Nimis (UD) Località Molmentet. Via San Mauro.

Fruibilità: Visibile dall’esterno. Fa parte della Parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio martiri di Nimis.

Data ultima verifica: luglio 2020

Autore: Marina Celegon

Galleria immagini, a cura di Marina Celegon. Immagine in bianco e nero da Bertolla 1981.

GRAVEDONA ED UNITI (Co). Oratorio di S. Michele, con statua di sant’Antonio abate

L’Oratorio sorge sul lato meridionale del complesso architettonico della chiesa parrocchiale di S. Vincenzo; vi si accede lateralmente da un portale lapideo posto sotto l’ala sud del portico antistante la chiesa; è stato costruito 1627 e si sviluppa con planimetria rettangolare suddivisa in tre ambienti: l’aula per le celebrazioni, un vano adibito un tempo a sacrestia e un ulteriore vano rettangolare al quale si accede solo dall’esterno, probabilmente, costruito successivamente.

L’oratorio è la sede della Confraternita del Santissimo Sacramento.
La statua lignea di Sant’Antonio, alta 170 cm, è di epoca seicentesca ed è stata restaurata nel 2019 da Aldo Broggi.
Il santo tiene nel palmo della mano destra il fuoco e nella mano sinistra il bastone episcopale.
Il fuoco ricorda l’attacco che il Santo subì da parte del diavolo, tanto che i suoi discepoli lo ritrovarono quasi morente, ricoperto da dolorose ustioni su tutto il corpo

Questo fu il motivo per il quale il Santo divenne protettore taumaturgico delle malattie esantematiche della cute, caratterizzate da manifestazioni molto dolorose, paragonabili al fuoco che brucia, tanto da essere etichettate “Fuoco di Sant’Antonio”.
Il maialino, che accompagnava la statua, è stato rubato.

 

Fruibilità: L’Oratorio è chiuso. Per visitarlo chiedere al Parroco.
Materiale illustrativo: per la foto si ringrazia Aldo Broggi e Pieralda Albonico.
Link: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO250-00402/
Bibliografia:
– Pescarmona, D./ Rossi, M./ Rovetta, A., Alto Lario Occidentale, Como 1992
– Fecchio, L., Notizie storico-religiose di Gravedona, Como 1893
– Zecchinelli, M., Le tre Pievi: Gravedona Dongo Sorico, Menaggio 1995
– Albonico Comalini, P./ Conca Muschialli, G., Gravedona. Paese d’arte, Gravedona 2006
– Belloni, L. M., Il San Vincenzo di Gravedona, Como 1980
– Broggi Aldo, Il restauro della statua lignea di S. Antonio nell’oratorio di S. Michele di Gravedona, Altolariana N 10, anno 2020, pag 415

Data compilazione scheda: settembre 2021

Nome del rilevatore: Giorgio M Baratelli – gmbaratelli@yahoo.it

POLCENIGO (Pn). loc. Coltura, Santuario della Santissima, dipinto con Sant’Antonio abate.

La sorgente della Livenza alla Santissima è alimentata dalle acque che fuoriescono dalla roccia calcarea delle Prealpi Carniche. La quantità d’acqua è tale che il fiume diventa navigabile a pochi metri dalla fonte. Secondo la leggenda, per ricordare l’apparizione della Santissima Trinità all’Imperatore Teodosio (473) si costruì un capitello vicino alla sorgente. In poco tempo il luogo divenne meta di pellegrinaggi e riti legati alla fertilità.
A pochi metri dalla sorgente si erge la chiesa della Santissima Trinità, ricostruita e ingrandita nel XVI secolo. Un bel portico ad archi conduce direttamente all’interno del Santuario ove si possono ammirare notevoli opere d’arte tra le quali spicca l’altare ligneo raffigurante la Santissima Trinità di Domenico da Tolmezzo (1494), oltre ad affreschi e dipinti del XVI e XVII secolo.
Le prime notizie documentarie sulla chiesa alle sorgenti della Livenza risalgono al XIV secolo, ma l’edificio è forse più antico. Si è ipotizzato che sia sorto al posto di un antico tempio pagano, ma mancano per ora prove certe al riguardo.
Già nel 1400 il santuario era comunque oggetto di grande devozione e di pellegrinaggi per la fertilità e contro la siccità.
Nel 1588, per meglio disciplinare la moltitudine di fedeli e l’irregolare tenuta dei conti, furono chiamati da Veneziani frati francescani osservanti, che edificarono dietro la chiesa un convento, ora del tutto scomparso
I francescani, che rimasero fino al 1769 a gestire l’afflusso di devoti, riedificarono tra fine 1500 e inizi 1600 il santuario, che ancor oggi si presenta nelle fattezze tipicamente controriformistiche assunte in quel periodo: ampio portIco antistante l’ingresso, che ospitava i devoti durante la notte, portale sormontato dal tipico stemma francescano, aula unica di grandi dimensioni, vasto presbiterio rialzato e cripta sottostante.
Chiesa-della-Santissima-Trinita-loc-ColturaVi sono ospitate diverse opere d’arte di notevole rilievo, tra le quali domina senz’altro il monumentale e scenografico altar maggiore ligneo d’epoca seicentesca, forse dei Ghirlanduzzi di Ceneda, ricco di fregi e dorature, che racchiude una preziosa ancona lignea, scolpita e dipinta nel 1494 da Domenico da Tolmezzo, raffigurante la Santissima Trinità: opera grandiosa, fra le più alte del Tolmezzino, che per l’ occasione si cimentò anche nella pittura di quattro delicati Angeli adoranti all’interno della stessa edicola.
Alle pareti si notano vari affreschi di argomento religioso d’ignoti autori, risalenti a un periodo che va dalla fine del XVI secolo alla prima metà del XVII: fra tutti, un cenno meritano le figure di Mosè, di Davide e delle Sibille.
In alcune lunette del presbiterio sono raffigurati Episodi della vita di Gesù, mentre dietro l’altar maggiore si trovano un magnifico coro ligneo seicentesco decorato con l’aquila bicipite, della quale si fregiavano i conti di Polcenigo, e alcuni dipinti, alcuni monocromi e altri policromi.
Altri interessanti affreschi con soggetti religiosi (XVII sec.) ornano le pareti della vicina sacrestia, che conserva anche
alcuni ceppi ferrei, donati secondo la tradizione, dai conti Marzio e Gio Batta di Polcenigo, fatti prigionieri nel 1606 dai Turchi e poi liberati dopo il pagamento di un ingente riscatto.
Sempre nella sacrestia si trovano alcune curiose teste lignee, forse seicentesche, raffiguranti Gesù, le Tre Marie e personaggi in abito di foggia orientale, probabilmente parte di un antico gruppo scultoreo che costituiva un Compianto sul Cristo morto 0 qual cosa di simile, nonché un manichino, snodabile e vestito, di San Francesco e una serie di quadretti della Via Crucis settecenteschi.
Nei quattro altari laterali, tre lapidei e uno invece ligneo, trovano posto una pala di pittore veneto-friulano (fine XVI-inizi XVII sec.) con la Madonna col Bambino e i santi Barbara, Pietro e Paolo, un altare ligneo intagliato e dorato di San Francesco, pure del XVII sec., una statua lignea della Madonna Immacolata (detta però popolamente Madonna del Latte), forse settecentesca, alla quale accorrevano in passato le donne che non riuscivano ad allattare.
Nel primo altare a destra entrando è collocata una pala di autore sconosciuto, attribuito forse ad un pittore palmesco quale Matteo Ingoli, inizio 1600 che raffigura la Vergine in gloria tra i santi: Antonio abate, Francesco d’Assisi e Marco, con committente individuato in un signore di Polcenigo e Fanna (dipinto in ginocchio tra i santi) riemerso solamente durante i lavori di restauro (1978).

Orari di apertura:
Aperta la domenica e in occasione di celebrazioni
Telefono: +39 0434 74313 Parrocchia di Coltura
E-mail: cultura@com-polcenigo.regione.fvg.itborgocreativopolcenigo@gmail.com

MOLTRASIO (CO), fraz. Vignola, loc. Vergonzago. Chiesa di Sant’Agata, con immagine di sant’Antonio abate

Indirizzo: Via Antonio Besana

L’edificio, nominato per la prima volta nel 1215, testimonia il culto locale della Santa, che ha origini più antiche, come ricorda un documento del 1197 in cui si attesta la presenza di un ente assistenziale a lei dedicato.
È certo che la chiesa abbia avuto due fasi costruttive, ancora leggibili nell’edificio attuale.
Moltrasio11 abside s ANTONIOAlla prima, cui va riferito anche il campanile, e a cui si deve l’odierna navata principale divisa in due campate con copertura a crociera e l’abside semicircolare, risalirebbe alla seconda metà dell’XI secolo, mentre è più difficile datare l’ampliamento che, comunque, non può allontanarsi di molto dal XIII- XIV secolo; a questa seconda fase si deve la navata meridionale e, probabilmente, anche la prima campata della navata maggiore, ottenuta forse chiudendo un originario portico.
Grazie al restauro del 2006 vennero alla luce, sulla volta a crociera della navata principale, alcuni resti degli affreschi medievali in cui si possono distinguere parti di un angelo e dei decori geometrici.
Moltrasio.SAgata, abside-foto ass promoltasioNell’abside della navata minore è riemerso un affresco raffigurante Cristo – o più probabilmente Dio Padre perché è raffigurato con la barba bianca – in mandorla tra i santi Rocco e Antonio abate, da riferire al XVI secolo e attribuibile a Giovanni Andrea De Magistris (notizie dal 1504 al 1529).
Sulla facciata a capanna la discrepanza delle fasi costruttive è evidente.
La parte più antica è caratterizzata da archetti ciechi che corrono lungo il sottotetto, completamente assenti nell’altra. In quest’ultima si scorge chiaramente un secondo ingresso tamponato, mentre il principale che è nella parte più antica, occupa quasi totalmente lo spazio di una precedente trifora ancora leggibile. Nel fianco meridionale, caratterizzato da possenti contrafforti, si aprono due finestre strombate sotto alle quali si riconoscono due archi, la cui funzione non è chiara.
Moltrasio.SAgata, abside-sANTONIO-particSul fianco opposto, rivolto verso la via Regina, sono visibili due affreschi: il primo, di grandi dimensioni, raffigura san Cristoforo ed è databile al xiii secolo; l’altro, racchiuso da tre archetti ciechi, è notevolmente rovinato e rappresenta il Martirio di s Agata.
Su questo fianco si innesta lo slanciato campanile, diviso in cinque ordini da archetti ciechi.