ALBA (Cn). Chiesa di San Domenico, affreschi con Storie di Sant’Antonio abate

Via Teobaldo Calissano, 7 – Alba
Tel. 0173.441742 (Famija Albeisa, Via P. Belli, 6 – 12051 ALBA (CN) famija.albeisa@areacom.it

Città-simbolo delle Langhe, Alba guarda la pianura dando le spalle ad un incantevole sistema collinare. In origine liguro-celtica, terminata la dominazione romana, in epoca medievale vengono costruite le mura di difesa che recintano la città, sopra le quali si trovano contrafforti e torrioni. Ecco perché è nota come la città delle cento torri. Alba subì diverse dominazioni e i suoi travagliati trascorsi storici modificarono svariate volte l’assetto urbanistico della città.
Il lascito è un maestoso esempio di convivenza di stili: il Palazzo del Comune sulle antiche rovine romane, via Vittorio Emanuele, già via Maestra, nel quale si trova testimonianza sia dello stile medievale che liberty. Tra le architetture religiose, il Duomo, su stile neogotico, e la Chiesa di San Domenico, ora sconsacrata, sede di mostre e concerti.


La Chiesa di San Domenico venne fondata il 22 novembre 1292, secondo i documenti di donazione del terreno, e affidata ai frati predicatori Domenicani. Il lato est appoggia sui resti di un edificio romano di carattere residenziale. La costruzione durò molti anni perché, in un documento del 1440, il Papa Eugenio IV concesse indulgenze per raccogliere fondi per i lavori della fabbrica ancora “imperfecta”. Probabilmente in tale periodo venne anche rimaneggiata in parte la struttura, completata nel 1474.
Vi furono successivamente, tra la seconda metà del 1600 e gli inizi del 1700, pesanti interventi che alterarono la statica della struttura gotica con la costruzione di 10 cappelle laterali. Nel sec. XIX vennero chiuse tre finestre dell’abside, asportate lapidi e iscrizioni, coperti affreschi, modificati altari ecc.
Alla Chiesa era annesso un convento, che venne demolito tra il XIX e il XX secolo.
Una prima fase di restauri avvenne intorno al 1930 con il ripristino dell’abside e la riapertura delle tre finestre; il restauro delle cappelle terminali delle navate laterali; la chiusura delle 10 cappelle perimetrali; il ripristino del pavimento all’antico livello; il recupero di alcuni affreschi, in particolare il Santo e la Madonna della Misericordia nell’abside destra. Vennero abbattute alcune costruzioni recenti addossate all’abside e al campanile.
Dal 1975 a oggi sono stati eseguiti molti e complessi restauri per recuperare le antiche strutture, consolidare la statica dell’edificio con tiranti in acciaio alle arcate delle navate laterali, rifare il tetto, recuperare alcuni cicli di affreschi nella cappella terminale e dell’abside della navata sinistra, ecc.
Lo scavo archeologico permise di scoprire nel 1983 il pavimento in cotto del XIV secolo, tombe di epoca dal XIV al XVIII secolo e, nella navata centrale, la fossa per la fusione di una campana del XV-XVI sec.
Nel 1985 vennero completati i lavori di restauro del pavimento, di posa di impianto elettrico, illuminazione, porte, impianto di amplificazione sonora.
Nel 1996-1998 altri scavi rivelarono i resti di una domus romana, si demolirono 4 cappelle pericolanti, vennero alla luce i resti di un ciclo di affreschi del XIV secolo. Vennero completati altri lavori di restauro della facciata. Ancora da attuare il recupero degli affreschi della navata centrale e delle colonne.

La Chiesa è di stile gotico severo primitivo, ad archi semiacuti. Le cordonature, le travature e le decorazioni testimoniano, nella zona, il passaggio dal romanico al gotico databile alla seconda metà del 1200.
La Chiesa di San Domenico presenta una facciata a due spioventi, divisa in tre campi da paraste; nel mediano sorge il portale a strombo con affresco nella lunetta (rappresentante la Madonna del Rosario con San Domenico e santa Caterina, restaurato nel 1991) con colonnine di arenaria e mattoni a fasce alterne. Il portale é sormontato da arco trilobo entro un arco ogivale e da un occhio.
L’abside è semidecagonale con contrafforti e 5 grandi finestre gotiche strombate di m 9 x 0,95.
L’interno è a forma basilicale lunga m. 50, a 3 navate alte circa m. 17, tutte in mattoni, divise da colonne con archi ogivali. La navata centrale è larga m. 8,70; le navate laterali sono larghe m. 4,40 ciascuna. Le volte sono a crociera con cordonature poggianti su colonne cilindriche centrali e su semicolonne incastrate nei muri perimetrali.
Gli scavi hanno portato ad un abbassamento del piano del pavimento fino a 70 cm al di sotto della quota attuale.
L’interno è oggi spoglio degli altari barocchi e di ogni arredo, ed è a disposizione della città per manifestazioni culturali.
Gli affreschi possono essere sinteticamente suddivisi come segue:
– ciclo 1300-1330: decorazione di finestre, lunette, fregi nella settima e ottava campata di sinistra;
– ciclo 1340-1350: completamento delle decorazioni precedenti, decorazione degli archi della volta e stemma troncato sotto gli archetti dell’edicola;
– ciclo 1360-1365: “Storie di Sant’Antonio Abate” nella parete destra della navata sinistra (purtroppo frammentari).  “Madonna della Misericordia” nell’ottava campata della navata destra;
– ciclo 1380-1390: affreschi, recuperati nel 1972, dedicati a Cristo, la Madonna e S. Giacomo;
– ciclo 1400-1410: sulla parete di sinistra le “Storie di S. Caterina d’Alessandria; S. Caterina da Siena; Beato Pietro di Lussemburgo”;
– ciclo 1450: “Martirio di S.Sebastiano” sulla parete sinistra della navata sinistra.
Altri affreschi sono datati tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500 e, nel lato destro dell’abside, vi é il sarcofago di Saracena Morelli del 1491.

La riapertura della chiesa al culto avvenne il 22 giugno 1827, dopo un primo restauro che vide la chiusura di tre delle cinque finestre strombate dell’abside, l’asportazione delle lapidi e delle iscrizioni e la chiusura delle cappelle terminali delle navate laterali per ricavarne la sacrestia. La chiesa è stata restaurata recentemente per iniziativa della Famija Albeisa. Lo stile del monumento è il gotico severo primitivo ad archi semiacuti. Di particolare interesse nella facciata è il portale che presenta una profonda strombatura di colonnine in arenaria. Nella lunetta, sorretta da un architrave, è dipinta la Madonna con il Bambino tra S. Domenico e Santa Caterina da Siena.

 

Bibliografia:
 – VERNAZZA G., Titoli di antiche chiese ed ospedali di Alba, Manoscritto XIX sec. conservato nella Biblioteca Civica di Alba (che possiede altri documenti antichi)
– GIORDANO C.L., Il bel San Domenico di Alba, Tipografia Anfossi, Torino, 1934;
– MACCARIO L., Per un intervento di restauro del San Domenico,“Alba Pompeia”, 1980, fasc. II
– TOSCO C., Il gotico ad Alba: l’architettura degli ordini mendicanti, Ediz. Famija Albeisa, Alba, 1999
– QUASIMODO F., SEMENZATO A. , Studi per una storia di Alba, una città del Medioevo, Ediz. Famija Albeisa, Alba, 1999
– BUCCOLO A. (a cura di), Alba. Chiesa di San Domenico, Ediz. Famija Albeisa , Alba, 2001

Note:
Vedi anche:  http://archeocarta.org/alba-cn-chiesa-di-san-domenico/

Fruibilità:
Orari di apertura: Sabato e giorni festivi 10-12,30 e 15-18,30. La Chiesa è aperta con il medesimo orario anche nei giorni feriali in cui si svolgono la rassegna “Vinum” e la “Fiera del tartufo” . Visite guidate: Tel. 0173.440665 (sig. Boarino)

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 31/12/2012

SANDIGLIANO (BI). Oratorio di S. Antonio abate

 

Poco fuori dell’abitato, lungo la strada per Borriana, in località Villa, Via Roma 34
https://goo.gl/maps/xE7Y66HKNCGsff8N7
L’oratorio o cappella di sant’Antonio Abate sorge a poca distanza dal Castello.


Sandigliano ha avuto nel medioevo una doppia fortificazione, conseguenza della duplice signoria su questo luogo: il castello del Torrione, di proprietà dei Vialardi e il castello della Rocchetta legato alla famiglia dei Sandigliano.
Il Torrione è il più antico dei due e il primo nucleo risale all’incirca all’XI secolo: era il torrione o dongione centrale che diede il nome all’intero complesso che venne potenziato tra il XIII e il XIV secolo con doppio fossato, torri con ponti levatoi, soprelevazione della cortina dei fabbricati preesistenti.
A queste opere di nuova fortificazione risale l’agglomerato popolare della borgata Villa (toponimo ancora esistente) con la costruzione di un ricetto signorile che è quasi completamente scomparso.
Il castello del Torrione rimase di proprietà della stessa famiglia per secoli, fino ad oggi. Gli edifici nel tempo vennero fortemente modificati, in particolare con l’abbattimento della torre-porta a levante, il riempimento dei fossati, la demolizione di quasi tutta la cortina muraria; intorno al 1920 un intervento di restauro curato da Carlo Nigra riportò alla luce alcuni elementi architettonici antichi, ma introdusse anche alcune aggiunte, secondo la teoria allora vigente del restauro integrativo.

 

Del castello dei Vialardi rimangono intatti l’antico dongione con le merlature rifatte alla guelfa (al contrario la famiglia nel Medioevo fu tenacemente ghibellina) ed una singolare bertesca cinquecentesca. I pochi resti del ricetto furono inglobati nell’azienda agricola ad ovest del castello.
L’ORATORIO DI SANT’ANTONIO ABATE detto “al Torrione”, pur appartenendo alla famiglia Vialardi non fu mai cappella gentilizia. L’abside è tardo-romanica; all’interno conserva affreschi della seconda metà del XV secolo attribuiti ad un pittore di area novarese, che ha lasciato varie testimonianze anche nel biellese, detto il “Maestro del Cristo della Domenica” (o Maestro di Proh, frazione di Briona NO), che raffigurano, nel catino absidale, il Cristo in mandorla con i simboli dei quattro Evangelisti e, nel tamburo, i dodici Apostoli.
Un affresco di metà XVI secolo raffigura la Madonna col bambino.

 

Bibliografia:
– VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
– VIALARDI DI SANDIGLIANO T., Il Castello di Sandigliano, in SPINA L., (a cura di), I Castelli Biellesi, Milano, 2001
– RABAGLIO R., Castelli del Biellese, Ed. Leone Griffa, Pollone BI, 2003.

Note:

Vedi anche: http://archeocarta.org/sandigliano-bi-castello-torrione-vialardi-e-oratorio-di-s-antonio-abate/

Fruibilità:
Info Comune, tel. 015.691003
Orari di apertura: Il castello é di proprietà privata, non visitabile. L’Oratorio è aperto in alcune circostanze, per informazioni e visite, rivolgersi alla Parrocchia di Sandigliano, tel. 015.691068

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 03/12/2012

 

SERRAVALLE SESIA (Vc). Chiesa/Oratorio di Sant’Antonio abate

 

E’ collocata sul poggio omonimo, da dove domina un tratto della vecchia strada Ducale.
Via Sant’Antonio, 20    https://goo.gl/maps/WiQqU7fHXMzogxbQ9

 

Non si sa con precisione quando fu edificato il bell’oratorio dedicato a S. Antonio Abate. Forse nel secolo XII o XIII., ma fu ricostruito negli anni tra il 1711 ed il 1721. L’inizio ebbe luogo il 10 di maggio 1711 su disegno di Carlo Zaninello essendo capomastro Pietro Sellelto e si finì nel 1720, essendo priore Carlo Ludovico Sozzano.
Il primo Registro dell’amministrazione del vecchio oratorio incomincia nel 1628, ma fin da quella prima pagina già si parla di “vecchio muro, fortificar li barba cani, di un porticato, di muraglia falla verso Serravalle”.
Dall’8 agosto 1723 la statua del Taumaturgo non venne più rimossa e rimane nella sua bellezza artistica a contemplare il cielo ed a benedire il popolo devoto. Il popolo di Serravalle celebra ogni anno solennemente la festa dei Santo con la benedizione del pane e del fieno.

 

Bibliografia:
 – Florindo don PIOLO, Storia del Comune di Serravalle Sesia, Stabilimento Grafico Fratelli Julini – Grignasco, Dicembre 1995

– Davide Cerutti, L’Oratorio di sant’Antonio abate e i suoi Priori,  Quaderno della Collana Storie di Comunità n° 4,  2018,

 

Link: http://www.comune.serravallesesia.vc.it

Fruibilità: Apertura: in occasione della SS. Messa. Tel. Parrocchia – 0163.450241

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 29/11/2012 – giugno 2020

SERRAVALLE SESIA (VC): Pieve di Santa Maria di Naula, affresco raffigurante sant’Antonio abate

 

In Corso Matteotti, 355, frazione Piane Sesia, nei pressi dell’antico abitato di Naula.


Con l’avvento della religione cristiana in Naula, l’antico tempio pagano, già sede degli “Auguri”, diventò senz’altro tempio cristiano.
Fu semplicemente un lavoro di adattamento, perché il tempio pagano venne conservato nelle sue massime linee. Era infatti nello spirito del tempo di nulla distruggere, ma di trasformare per tutto portare al culto del vero Dio.
Il tempio così trasformato continuò a servire alla comunità religiosa di Naula (comprese le comunità di Vintebbio, Bornate e Sostegno, benché Bornate avesse tempio proprio) fino all’anno 880, tempo segnato dalla comune degli storici locali alla demolizione di quelle vetuste mura e alla ricostruzione della chiesa nella forma attuale.
La nuova chiesa sorse come per incanto, in brevissimo tempo per opera di un popolo acceso da fervore ed entusiasmo per l’onore di Dio. Tracce dell’antico tempio vennero trovate nel 1876, in seguito agli scavi praticati nell’interno della chiesa e nelle sue adiacenze.
Rammentiamo che questa chiesa di Naula, Pieve, o chiesa parrocchiale battesimale, serviva per la comunità di Naula, per Vintebbio, per Bornate e per Sostegno. Bornate aveva bensì chiesa propria e forse anche con proprio sacerdote, ma alle dipendenze di Naula.

 

La Chiesa, di stile romanico semplice che si può far risalire al secolo IX, ha tre navate, con tre absidi e volte a crociera, senza cordonatura, sorrette da pilastri. E’ tutta costruita con rottami di pietra spaccata dai monti vicini, mentre in cotto si vedono solo gli archetti e le lesene di poco rilievo che adornano le parti esterne dell’edificio.
La facciata che misura m. 13,50 di larghezza è totalmente ristorata e così male da renderla irriconoscibile: gli archetti che segnavano la pendenza del tetto sono tutti scomparsi e le paraste che dal suolo salgono alla sommità dividendo la fronte in tre scomparti, sono affatto nuove.
Nel centro, invece del solito occhio tondo vi è una bifora con archi a pieno centro, ma anch’essa mal ristorata. L’apertura d’entrata era di forma rettangolare e bassa con lunetta a basso fondo sopra l’architrave, ora gli stipiti e l’architrave monoliti di granito si conservano ancora, ma l’entrata è molto più alta, perché la lunetta fu sfondata e l’architrave antico fu portato sopra l’archivolto. Le altre aperture che mettono nella chiesa come i muri che si distendono a destra e a sinistra della fronte per dividere il cimitero antico dal nuovo, che sta ai fianchi e dietro la chiesa, sono di e poca molto posteriore.
Essendo la chiesa a tre navate, ed i muri della navata centrale superando di oltre due metri le navate laterali, ne veniva che queste erano coperte da due falde di tetto molto più basso del tetto a due pioventi della navata di mezzo; ora invece un tetto unico a due pioventi copre le tre navate, per cui sui muri della periferia a sostegno del tetto si dovettero innalzare pilastri che danno alla chiesa un aspetto di casa colonica, senza dire che in questo modo vennero acciecate le finestre feritoie che davano luce nella parte superiore della navata di mezzo.
Internamente le navate sono divise da tre pilastri per parte, formanti in tutto otto arcate, delle quali le due ultime presso l’abside hanno un’apertura d’arco uguale alla larghezza della navata maggiore, mentre le altre sei arcate sono uguali all’apertura d’arco delle navate minori.
I pilastri, composti di un nucleo quadrato da cui sporge una lesena per ciascun Iato, non hanno capitelli, ne modanature al punto d’appoggio dell’arco. Nelle pareti laterali di fronte ad ogni pilastro corrisponde una lesena uguale a quella dei pilastri. Tra le lesene poi come pure sopra ciascun arco e nelle absidi erano aperte finestre feritoie a forte sguancio interno esterno ad arco tondo.
Ora però sono tutte chiuse, meno una feritoia dell’abside centrale che fu ridotta finestra quadrata.
La lunghezza dell’asse maggiore della chiesa è di m. 20,50.”
Decorazioni e dipinti vari:
Tanto la facciata della chiesa che nell’interno le pareti, le volte, le absidi, i pilastri sono completamente intonacati e tinti. Tuttavia alcune pitture giunsero fino a noi, il che dimostra che S. Maria di Naula in origine era dipinta.
La più antica pittura è un “Cristo Nimbato” nella solita mandorla, seduto, in atto di benedire colla destra, mentre con la sinistra tiene un libro aperto, su cui sta scritto in caratteri romanici: Ego sum lux mundi – Via, Veritas et Vita, principium et finis.
D’intorno dovevano esservi altri dipinti che completavano l’abside, ma la mano inesorabile dell’imbianchino li ha fatti scomparire.
D’epoca più recente sono presso l’abside centrale un S. Antonio Abate ed un S. Bovone, anzi quest’ultimo ha la scritta: Benedictus de Imerico, Sanctus Bobus 1532.
Ed in abside laterale una Madonna con Bambino, con attorno la leggenda : “ Franciscus de Blasiis fecit fieri – Franciscus de Ongiano Pinxit“.
Su di un pilastro una Santa con una palma in mano e incoronata da un angelo: ai piedi vi sono due scudetti con blasoni indecifrabili.
I due piccoli altari appoggiati alle absidi laterali e quello grande isolato sotto l’abside maggiore sono di stucco, costruiti dopo la comparsa del barocco, e quindi hanno nulla di comune coll’edificio.

Bibliografia:
 – CHIERICI S., CITI D., Italia romanica: il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Liguria, Jaca Book, Milano, 1979 (La chiesa è riferita a Piane Sesia che è frazione del comune di Serravalle Sesia)
– PIOLO don F., Storia del Comune di Serravalle Sesia, Stabilimento Grafico Fratelli Julini, Grignasco (NO), 1995
– AA.VV., La pieve di Santa Maria di Naula, a cura del Comitato per la valorizzazione, Serravalle Sesia, 1983
– ORDANO R., S. Maria di Naula, in “Boll. Storico Vercellese”, 36, 1991, pp.135-148.

Link: http://www.comune.serrravallesesia.vc.it

http://archeocarta.org/serravalle-sesia-vc-pieve-di-santa-maria-di-naula/

Fruibilità:
La chiesa è aperta in particolari occasioni: informazioni presso la Parrocchia di Vintebbio (tel. 0163.450241) o il Comune (tel. 0163.450102)

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 30/11/2012

 

CIVIDALE DEL FRIULI (Ud). Chiesa di San Pietro ai Volti, affresco raffigurante sant’Antonio abate

 

La porta di S. Pietro è chiamata così perché nei pressi sorgeva una chiesetta con questo titolo, citata in un diploma del 904 che assunse le forme attuali nel 1585.
Nei pressi sorge la chiesa, comunemente conosciuta come S. Pietro ai Volti, titolo ufficialmente attribuito nel 1770 in seguito alla demolizione nel 1762 dell’antica porta cittadina con la soprastante chiesetta pensile, appunto così intitolata. Era caratterizzata dalla presenza di una grande croce dipinta sulla facciata.
Fu demolito pure il terrapieno a cui dalla presente piazzetta si saliva lungo una scalinata di pietra fra le due statue dei SS. Pietro e Paolo.
La porta tardo alto-medievale aveva infatti ormai perso la sua originaria funzione difensiva a causa della realizzazione della nuova cinta muraria.


La costruzione attuale, eretta ex-novo in seguito alla peste del 1597, fu consacrata nel 1602 per mano del canonico Cornelio Tomasini che la dedicava al Redentore e ai Santi Sebastiano e Rocco. Ma le origini del titolo S. Salvatoris sono più antiche e se ne trova ricordo fin dal principio del secolo XI.
Nel 1615 la chiesa fu affidata ai cappuccini che l’officiarono fino al 1769 quando fu qui trasferita la parrocchia della chiesa di S. Pietro Apostolo demolita nel 1762.
Allora assunse anche il nuovo titolo, ormai completamente generalizzato di S. Pietro ai Volti.
La chiesa è suddivisa in tre navate da leggere lesene; sottili marcapiani segnano il limite basamentale e la quota superiore del portale d’ingresso architravato.
Due nicchie semicilindriche laterali e una finestra termale a serliana, sovrastante al portale d’ingresso, completano la facciata.
L’attico fu realizzato nell’Oottocento, ed ora all’interno del presbiterio si erge l’altar maggiore in pietra, appoggiato alla parete in fondo, il monumentale altare ligneo contiene una bella pala di Palma il Giovane.
Le due nicchie esterne, ora vuote, accoglievano le statue dei santi Pietro e Paolo, prima poste ai lati della scalinata che conduceva alla vicina chiesa sopra alla volta della porta, detta appunto di S. Pietro ai Volti. In seguito alla demolizione di questa chiesetta pensile, tale titolo passò ufficialmente a quella del Redentore.
All’interno nel presbiterio si trova l’altare maggiore in pietra con ai lati le statue di S. Pietro e S. Paolo, un tempo poste nelle nicchie esterne.

Nell’altare laterale sinistro è stato collocato un tabernacolo affrescato proveniente da un pilone o chiesetta del territorio andato distrutto.
L’affresco, forse risalente al XV sec., ma più volte ritoccato e restaurato, rappresenta una pregevole Pietà con nello sfondo una città fortificata, che potrebbe rappresentare la Cividale dell’epoca.
Sulle due paretine laterali sono affrescati due santi, di cui uno rappresenta Sant’Antonio Abate con i suoi tipici segni distintivi.

 

Fruibilità:
La chiesa viene raramente aperta per sporadiche funzioni. Per eventuali visite rivolgersi in Duomo.

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Data ultima verifica sul campo: 25/11/2012