SIENA. Scoperto un nuovo frammento di affresco all’interno del Duomo, nell’ex cappella di Sant’Antonio abate.

Una importante scoperta è stata fatta all’interno del Duomo di Siena: i lavori di restauro in corso hanno reso necessario spostare la grande pala dell’altare del cardinale e arcivescovo di Siena Celio Piccolomini (Siena, 1609-1681) raffigurante lo “Sposalizio mistico di Santa Caterina da Siena” del pittore Pietro Dandini (Firenze, 1646-1712), rivelando un grande frammento di un antico affresco. Si tratta di un’antica figurazione dipinta sul fondale della cappella tardomedievale, ornamento di un trittico su tavola posto sull’altare.
Di questo allestimento esiste una preziosa testimonianza raffigurata da Pietro di Francesco Orioli sulla copertina della Gabella del 1483 (che si trova nell’archivio di Stato di Siena), sulla quale si volle far dipingere l’omaggio delle chiavi della città alla venerata immagine della Madonna delle Grazie.
Nell’affresco appena scoperto, nonostante la consunzione della malta sono ancora visibili alcuni busti di sante, tutte provviste di aureola dorata e tempestata di decori a stampo. Quanto resta dei visi delle sante permette ancora di riconoscere lo stile di Paolo di Giovanni Fei (Siena, noto dal 1369 – morto nel 1411), uno dei maggiori pittori del tempo, che seppe recuperare la lezione dei grandi maestri del primo Trecento, traghettando la scuola senese verso la vitale stagione del tardogotico. E infatti, grazie alla conservazione dei tanti documenti cartacei nel grande archivio dell’Opera del Duomo è stato possibile anche recuperare il suo nome come autore dell’affresco del fondale della cappella che a quel tempo era dedicata a Sant’Antonio abate. Infatti, nei documenti, si legge che il 6 aprile 1400 Paolo di Giovanni Fei fu pagato ben 15 fiorini d’oro “per chagione di cierto lavorio che fecie a la cappella di sant’Antonio in duomo, cioè, di dipintura, per oro e azurro, e ogni altra sua spesa”.
I lavori di restauro delle monumentali strutture architettoniche del Duomo di Siena si sono resi necessari a causa di una sofferenza strutturale per infiltrazioni di acqua dalle coperture continuate troppo a lungo nei secoli, ma di recente arrestate dai dovuti interventi di bonifica. Contemporaneamente al lavoro di carattere edile e di pulitura dei variegati marmi policromi degli altari, sarà effettuato anche il necessario intervento sulle tele, che appaiono sostanzialmente ben conservate, ma coperte da molta sporcizia e velate da una vernice ormai troppo ingiallita, che può risalire all’intervento generale di restauro attuato all’inizio dell’Ottocento, per porre rimedio ai guasti apportati dal terremoto del 1798.
Grazie agli interventi programmati, si potrà così tornare a vedere la chiara tavolozza di colori che il senese Raffaello Vanni (1595-1673) predilesse per il dipinto ”Estasi di San Francesco di Sales”. Fu papa Alessandro VII Chigi (Siena, 1599 – Roma, 1667) a volere questa raffigurazione, per dimostrare la venerazione verso Francesco di Sales, da lui fatto beato nel 1661 e poi canonizzato nel 1665. L’altare porta infatti lo stemma del papa e quello del cardinal nipote Flavio Chigi, che fece terminare l’impresa di questa cappella.

Autore: Maria Rosaria Pastorelli

Fonte: www.qaeditoria.it, 26 mag 2019

Franzi MORINA, Il fenomeno del monachesimo.

Durante il IV secolo d. C., protetta dagli imperatori cristiani, la Chiesa conobbe una rapida affermazione e con il diffondersi della fede cristiana prese vita un fenomeno sociale e religioso, che acquisterà in breve tempo un’importanza decisiva: il MONACHESIMO. Con esso fece la sua comparsa una nuova forza, altre al clero e al laicato, destinata ad essere la guida del mondo cristiano: il cristianesimo medioevale infatti sarà un cristianesimo monastico.

Leggi tutto nell’allegato: Franzi MORINA. Il_fenomeno_del_monachesimo

Carlo FINOCCHIETTI. Le tentazioni di Sant’Antonio nel deserto.

Antonio abate è uno dei più celebri eremiti nella storia della Chiesa e un santo tra i più popolari.
Nato nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, a vent’anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356.
I suoi biografi ci hanno raccontato tanti episodi leggendari della sua vita e in particolare le tentazioni da lui subite nel deserto e la persecuzione dei diavoli nei suoi confronti.
Le tentazioni di Sant’Antonio sono poi diventate uno dei soggetti preferiti dagli artisti e dai letterati.
Proponiamo qui alcune immagini di un ciclo affrescato a metà del Quattrocento – forse da Andrea di Cagno – nella chiesa di San Francesco, gloria della cittadina di Montefalco, in Umbria.

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Ignazio GALELLA. Sotto il segno di Antonio Abate: arte e devozione a Mele, secoli XVI-XX.

L’oratorio di Sant’Antonio Abate di Mele, borgo del Genovesato sulla via del Turchino, è officiato fin dalla sua fondazione (1536) dalla Confraternita con lo stesso titolo.
Oltre quattro secoli di vicende confraternali e degli abitanti si sono sedimentate in questa struttura.
La manifattura della carta, attiva già dalla metà del XV secolo, costituiva un ulteriore vincolo di appartenenza proprio perché la maggior parte dei paperai (cartai) erano confratelli.
Antonio Abate è l’oggetto della devozione e il continuo abbellimento dell’oratorio secondo i gusti più aggiornati era il modo per rappresentarsi come comunità.
Gli apparati e le opere d’arte rimandano a nomi prestigiosi sia per committenza diretta sia per acquisto sul mercato: Andrea Ansaldo, Orazio De Ferrari, Rocco Cantone, Carlo Giuseppe Ratti, Anton Maria Maragliano, Gerolamo Costa, i Locatelli di Bergamo.
Dopo la grande mostra del 1982 sulle Casacce è iniziato il lungo lavoro di recupero e valorizzazione dell’oratorio, culminato nel 2010 con il restauro della grande cassa processionale, capolavoro assoluto del Maragliano.

Info:
Sotto il segno di Antonio Abate: arte e devozione a Mele, secoli XVI-XX
Curatore: Ignazio Galella
Editore: Sagep, 2014, 143 pg.
ISBN 886373285X, 9788863732856

SAN DANIELE DEL FRIULI (Ud). Biblioteca Guarneriana, Archivio dell’Hospitale di Sant’Antonio abate

E’ stato riordinato, inventariato ed informatizzato l'”Archivio storico dell’antico Hospitale di Sant’Antonio Abate” presso la Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli.
L’archivio dell’ente riflette le competenze e le attività che lo stesso ha sviluppato nell’arco della propria storia. Ciò che emerge dalla lettura dei documenti dell’Archivio dell’Hospitale di Sant’Antonio abate, mostra come questa istituzione sia stata, fin dai tempi più remoti, particolarmente importante ed incisiva nella storia della Comunità cittadina di San Daniele.
Un progetto congiunto tra Azienda per l’Assistenza Sanitaria 3, Comune di San Daniele e Fondazione CRUP – da sempre sensibile ai progetti culturali del territorio -, ha prodotto il riordino e l’inventariazione analitica del fondo archivistico, nonché il riversamento dei dati in questo database accessibile online, allo scopo di fornire agli studiosi uno strumento per un più facile approccio a questa preziosa fonte di ricerca.
Il progetto è stato portato avanti dall’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 3 che è la proprietaria dell’Archivio, il Comune di San Daniele (comodatario) e la Fondazione Crup che da sempre sostiene i progetti culturali del territorio.

 

Info:
Archivio storico dell’Hospitale di S. Antonio Abate
Estremi cronologici: sec. XIV – 1975
Soggetti produttori: Confraternita dell’Ospedale di San Antonio, Congregazione di carità, Ospedale civile.

Relazione archivistica: http://archivi.guarneriana.it/Archivi/BGSD/ALL/0000/26A.pdf
Database: http://archivi.guarneriana.it/sicap/archiviostorico

Url: http://www.guarneriana.it/home.html