ARBORIO (VC). Chiesa di San Sebastiano, con immagine di Sant’Antonio abate

La chiesa fu edificata verso la metà del ’400 in stile romanico ed affrescata da diversi artisti. Alla costruzione originale, nel ‘700 venne aggiunto un portico a tre archi, ora inglobato all’interno della facciata ed è visibile quando si entra e divide in due la navata della chiesa.
Arborio-SAN-SEBASTIANO-foto_ComuneLa costruzione fu elevata di circa un metro e fu costruita la volta a botte verso la fine dell’800; fu anche fatto il pavimento e furono ricostruiti gli archetti esterni simili agli originali. Ulteriori riparazioni la resero quale oggi si vede.
arborio___s-sebastiano158L’edificio attuale ha una facciata semplice e senza particolarità, una absidiola sul lato sud, probabilmente anteriore al resto della costruzione e l’abside a est, in ciottoli di fiume e lesene in mattone con una finestrella strombata e cieca (un’altra era stata interamente murata) e un motivo ad archetti di mattoni disposti a gradino.
La chiesetta è composta da un’aula a soffitto a botte ribassato, dipinto con un cielo azzurro stellato. L’andamento a triangolo dei dipinti sul fronte dell’abside principale pare seguire una precedente copertura a capanna del tetto.
arborio___s__sebastiano__novertestoria2Gli affreschi absidali, piuttosto rovinati dall’umidità, raffigurano il Cristo Pantocràtore racchiuso nella mandorla con a fianco i simboli degli Evangelisti, opera di un ignoto pittore. Nella fascia inferiore sono raffigurati gli Apostoli con al centro s. Sebastiano.
Nell’absidiola a sud è raffigurata nel catino una Crocifissione, nel cilindro una bella Madonna in trono con Bambino e, attribuiti anch’essi alla stessa bottega, vari santi e sante, tra cui sant’Antonio Abate, l’immagine più bella fra le tre che conserva la chiesa. Un uomo inginocchiato davanti al Bambino benedicente si suppone sia il committente dell’opera e forse dell’intero ciclo di affreschi.

Sopra il catino absidale, sulla fascia frontale a sinistra, la figura del cavaliere sant’Uberto che, in ginocchio, prega la croce posta fra le corna del cervo.
Il più interessante ciclo di affreschi del XV secolo raffigura episodi della passione e la resurrezione di Cristo e si sviluppa per grandi quadri su tre pareti formando una lunga fascia sovrastata da un fregio intercalato da 12 medaglioni raffiguranti personaggi biblici, profeti e patriarchi.
Queste opere non sono omogenee poiché si notano diversità di esecuzione dovute a tempi e autori diversi.
La bottega del maestro, che probabilmente aveva eseguito gli affreschi absidali, eseguì la prima parte del ciclo, completata in seguito da quella del novarese Tommaso Cagnola, una delle più autorevoli e note nel territorio durante il periodo a cavallo del XV e XVI secolo.
I primi quadri della parete destra e i 7 medaglioni sovrastanti sono del primo pittore; la seconda bottega continuò il ciclo interrompendo il fregio in alto al quadro prima della crocifissione. Pare che Tommaso Cagnola abbia lavorato personalmente solo nei riquadri inferiori della parete destra con soggetti diversi; santi e sante. Partendo dall’absidiola si vedono nell’ordine: ingresso a Gerusalemme; Ultima Cena; lavanda dei piedi; preghiera nel Getsèmani; arresto di Gesù; processo a Gesù; flagellazione; incoronazione di spine; Gesù davanti a Caifa; Gesù condannato da Pilato che si lava le mani; salita al Calvario; Crocifissione; Deposizione; Pietà; Risurrezione: incontro con la Maddalena; Cena di Emmaus; apparizione di Gesù a Tommaso che tocca il suo costato; Ascensione.
Particolari curiosi si trovano nell’Ultima Cena dove si vede Giuda sul davanti della tavola, separato dagli altri Apostoli e con l’aureola scura; all’estrema destra si notano due visi contigui, che probabilmente derivano da una aggiunta successiva e che portano a tredici il numero degli Apostoli.
Nella Crocifissione, i due ladroni si distinguono per il particolare di una piccola anima che esce dalla bocca di uno e di un diavoletto da quella dell’altro.
La teoria dei Santi sulla parete destra in basso presenta le figure di: san Gottardo in un piccolo riquadro; san Bernardino da Siena; santa Chiara; san Rocco; san Sebastiano tra due carnefici; sant’Agata e un altro, più piccolo, san Gottardo eseguito da mano diversa da quella di T. Cagnola.
Sulla parete sinistra in basso un affresco raffigura il martirio di san Bartolomeo eseguito in epoca posteriore, forse XVI secolo, molto rovinato nella parte centrale e inferiore.
Anche i frontoni delle due absidi sono tutte decorate con scene usuali in quel periodo: un’Annunciazione, una colomba, una raffigurazione di Dio Padre e vari Santi nonché cornici e decorazioni.

Una attenzione particolare meritano i molti graffiti che, soprattutto nell’abside, dal Cinquecento all’Ottocento, registrano i fatti salienti della vita della popolazione. Questi sono abbastanza comuni nelle chiese rurali, ma qui ve n’è una grande quantità: centocinquanta voci ancora leggibili. Essi si riferiscono soprattutto a eventi come carestie, alluvioni, morie di animali, epidemie e fatti di guerra. Si notano molte iscrizione sulla parte inferiore delle figure di sant’Antonio Abate e di san Sebastiano: il primo proteggeva gli animali, il secondo salvaguardava dalle pestilenze (vedi studio allegato).

 

Info:
La chiesetta si trova all’entrata del paese in direzione di Greggio e Vercelli.

Links:
http://www.comune.arborio.vc.it
https://novartestoria.wordpress.com/tag/arborio/
http://archeocarta.org/arborio-vc-chiesa-di-san-sebastiano/

Bibliografia:
– PLESCH V., Come capire i graffiti di Arborio?, in: “Lexia. Rivista di semiotica”, 17–18, pag. 127–147 (novembre 2014), vedi allegato: Come_capire_i_graffiti_di_Arborio
– GABASIO G., Tommaso Cagnola e gli affreschi di Albano Vercellese, Tesi di laurea, Torino, Universita degli studi, 2007 (rel. Elena Brezzi Rossetti)

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dai siti sopra indicati.

Data compilazione scheda: 1 giugno 2020

Nome del rilevatore: Angela Crosta

SAN PIETRO DI FELETTO (Tv). Pieve di San Pietro con due immagini di Sant’Antonio abate.

La pieve di San Pietro è l’edificio sacro più importante di San Pietro di Feletto.
Il primo nucleo della chiesa risale a un’epoca compresa tra VIII e IX secolo, in epoca longobarda, cosa che la fa, probabilmente, il più antico edificio sacro dell’allora diocesi di Ceneda.
L’edificio ancora esistente ebbe il suo sviluppo nell’XI secolo, quando prese forma l’attuale pieve.
Nei secoli seguenti la chiesa si sviluppò e arricchì di un numero crescente di affreschi, fino al XVI secolo, quando
aveva ormai raggiunto l’aspetto attuale.
Tutti i dipinti hanno beneficiato di un completo restauro tre 1998 e 2002, il quale consente oggi di godere delle suggestioni coloristiche originarie.
Situata in posizione panoramica sui colli del Feletto, la pieve guarda verso Refrontolo e le Prealpi bellunesi. L’edificio si raggiunge direttamente dalla strada attraverso una scalinata, da cui si domina un vasto paesaggio ancora prevalentemente rurale.
L’edificio si presenta con una facciata a salienti, davanti alla quale si apre un ampio porticato del XIII secolo, sotto il quale sono custoditi cinque preziosi affreschi tardo-medioevali:
– Sopra il portone d’ingresso S. Antonio Abate, S. Giacomo, la Madonna con il Bambino ed un Vescovo, forse San Donato o San Tiziano.

 

 

 

 

Sulla sinistra S. Antonio Abate e la ‘Madonna del latte’.

A destra della facciata, in posizione autonoma sorge il campanile, struttura coeva in stile romanico, terminata da una cuspide cinquecentesca, sul modello di quello di Aquileia.
All’interno, a tre navate, sono custoditi antichissimi affreschi, eseguiti e stratificatisi tra il XII e il XV secolo: una parte dei più antichi, riportati alla luce nel XX secolo, è ancora visibile nella parte sinistra della navata centrale e sopra l’arco dell’abside. Il catino absidale è dominato da un grande Cristo Pantocratore tra la Vergine e San Pietro del XIII secolo.
I restanti affreschi sono del XV secolo: tra essi quelli che fanno da cornice alla cappella di San Sebastiano, sovrastata da volta a crociera, all’innesto dei cui costoloni vi è la mano di Cristo Pantocratore; qui è la sede del fonte battesimale, inserita tra il colorato racconto delle vicende agiografiche di San Sebastiano, tra le quali degno di nota è la raffigurazione, di grandi dimensioni, del Martirio.

 

Bibliografia:
– Crespi, Leonardi, Zanato, Magia del colore. Chiese affrescate della Marca Trevigiana, Vianello
libri, 2008.
– Fossaluzza G., La pieve di San Pietro di Feletto e i suoi affreschi, Terra Ferma, 2008.
– Vittorio Sgarbi, San Pietro di Feletto. Gli affreschi, B&M Edizioni, Treviso, 1986.

Fonti:
– www.magicoveneto.it
 www.prolocosanpietrodifeletto.it
– www.marcadoc.com

Info:
Via Roncalli, 1, 31020 San Pietro di Feletto (TV)
L’orario di apertura è garantito solo la domenica e nei giorni festivi il pomeriggio dalle 15 alle 19.

CASARANO (Le). Chiesa di Santa Maria della Croce, con affresco di sant’Antonio abate.

Conosciuta per i suoi splendidi mosaici, la Chiesa di S. Maria della Croce, nota anche come Chiesa di “Casaranello“, rappresenta uno dei monumenti più antichi della Puglia. Essa, inoltre, è un punto di riferimento per lo studio delle decorazioni musive nelle chiese paleocristiane e trova confronti con la Grecia (Salonicco) e l’Italia bizantina.
Oltre alla raffinata qualità decorativa dei suoi mosaici, la Chiesa di “Casaranello” è rinomata per le sue pitture bizantine ascrivibili ad un periodo compreso tra il X e il XII secolo e per i cicli decorativi, realizzati in piena temperie tardo-sveva (metà XIII secolo). Altre decorazioni sono state realizzate nel tardo medioevo, epoca che coincide con alcune trasformazioni architettoniche. L’età post-medievale, infine, ha lasciato traccia in alcuni dipinti di fattura popolare.
chiesa-di-casaranelloControversa risulta essere la questione delle origini del sacro edificio oggi intitolato a “Santa Maria della Croce”, chiamata volgarmente di Casaranello. Ubicata nell’antico insediamento romano di Casarano parvum, denominazione riscontrata nei registri di cancelleria Angioina, al fine di distinguerlo dal feudo di Casarano magnum. Erano questi due feudi separati con due parroci, ma uniti dal punto di vista amministrativo.
La chiesa vanta origini antichissime ascrivibili ad una datazione che oscilla tra V-VI secolo. Incerta inoltre anche la funzione originaria. Non essendo un martyrium, poteva svolgere la funzione di chiesa battesimale, cioè uno dei complessi realizzati per venire incontro alle esigenze della popolazione rurale.
Non abbiamo tracce decorative riferibili ai secoli altomedievali, anzi è dubbia la frequentazione della chiesa in quella fase. Dobbiamo spostare l’attenzione al X secolo per riscontrare ulteriori decorazioni: di questo secolo infatti sono i primi affreschi, con iscrizioni greche e in puro stile bizantino. Dal pieno medioevo sino alla fine del XIV secolo, la chiesa di Casaranello continua a svolgere un ruolo emimente nel segmento meridionale della Terra d’Otranto, prova ne sia la decorazione spesso rinnovata e aggiornata alle più moderne tendenze stilistiche ed iconografiche; il sacro edificio infatti ospiterà almeno un ciclo per secolo.
Nella fase bassomedievale subì modifiche architettoniche, sicuramente in facciata, mentre con la prima metà del XVI secolo il tempio fu interessato da un nuovo ciclo decorativo, di fattura più popolare.
Edificata con blocchi cavati ad hoc, senza conci di riutilizzo, la chiesa esibisce oggi una facciata dilatata in ampiezza, animata dalla presenza di una sola porta d’accesso lunettata e un piccolo rosone scolpito in asse, di datazione tardomedievale; ai lati, in corrispondenza delle navate laterali, si aprono due finestre di forma rettangolare. Sulle due estremità laterali, in alto, come se fossero degli acroteri, sono poste le statue di Santa Lucia e Santa Caterina.
La chiesa consta di un ulteriore ingresso sul lato nord, mentre sull’ala meridionale del transetto, stranamente rientrato rispetto alle navatelle laterali, spicca il campaniletto a vela, elementi entrambi frutto di successive modifiche.
L’interno presenta un impianto a tre navate divise da pilastri raccordati a sua volta da ampie arcate. Un transetto non aggettante lateralmente e in altezza introduce, precedendo verso est, al presbiterio e all’unica abside, decisamente aggettante e di impianto rettangolare.
I mosaici rappresentano una pellicola smagliante che rivestono la cupola, la volta a botte del bema e l’abside. Assieme a quelli del battistero di Canosa, del complesso di San Giusto a Lucera e del battistero della cattedrale di Siponto rappresentano una delle decorazioni musive più antiche della regione. Ad oggi rappresenta l’unico mosaico parietale tardo-antico conservato dell’antica Calabria.
Di datazione incerta, il mosaico è legato alle origini del monumento e pertanto oscillante tra il V e il VI secolo.
Sulla parete di fondo dell’abside, si intravedono ancora oggi, in alto al centro, una porzione di nimbo rosso su fondo celeste: doveva essere riprodotta, probabilmente, una Madonna con Bambino stante o in trono, come in altri esempi già presenti in Puglia a Canosa (fine V-prima metà VI secolo) e nella cattedrale di Trani originaria dove la Madonna con Bambino è affiancata da due Magi offerenti.
Nella volta a botte del bema, il tappeto musivo sopravvissuto dà vita a splendide cromìe, risaltato da cornici multiple che si intrecciano nei due riquadri simmetrici che ospitano motivi di natura zoomorfa e fitomorfa, non sempre di immediata identità.
La cupola è dominata da una volta stellata al centro della quale galleggia una croce di tessere d’oro, con racemi che si inalveolano sinuosi su un fondo bianco nei pennacchi, è pervaso da una luce azzurrina, la tonalità predominante.
Il più antico ciclo decorativo risale alla fine del X secolo, sulla base di confronti convincenti con alcuni affreschi, in parte datati (per esempio quelli di Carpignano Salentino, del 959 e 1020).
Proprio alcune iscrizioni sono incise sull’affresco eseguito sull’ultimo pilastro di sinistra della navata centrale, dove è campita una Vergine con Bambino. L’affresco è intriso di ieraticità e rappresenta una delle massime espressioni della pittura bizantina, con i caratteri di aspazialità ed atemporalità, con la benedizione del Bambino alla greca. I due Protagonisti sono allineati: la Vergine ostenta il Figlio come se fosse una teca e non avesse peso.
Sul pilastro frontale, ovvero l’ultimo a destra, è affrescata Santa Barbara, come ci ricorda l’iscrizione esegetica. Appartenente allo stesso ciclo, ma probabilmente da attribuire ad una mano diversa rispetto all’affresco precedente, Santa Barbara indossa, come di consueto, sontuose vesti bizantine, con vistosi orecchini semilunati di modello bizantino anch’essi: colpisce il volto, costruito con lievi pennellate, e con lumeggiature sapientemente distribuite a segnarne i tratti salienti.
Allo stesso ciclo dovrebbe appartenere il dittico absidale sulla sinistra, di recente identificato. Sono santi ambedue accompagnati da iscrizioni votive in greco fatte realizzare dai committenti Giorgio e Demetrio: il santo a sinistra è un vescovo e dovrebbe essere identificato quale san Nicola. Per il santo martire accanto al vescovo dell’abside, i confronti vanno estesi a comprendere la bella figura, acefala, del santo martire raffigurato sulla parete destra della chiesa di S. Pietro a Giuliano di Lecce. Potrebbe trattarsi di san Demetrio, constatate le lettere superstiti dell’iscrizione esegetica. Sotto questo strato pittorico, è forse visibile un ciclo più antico, probabilmente da ascrivere al secolo precedente.
Alla stessa epoca risalirebbero anche le tracce pittoriche affrescate sui primi due pilastri rivolti verso la navata centrale: il santo riprodotto a sinistra dovrebbe essere Michele, ritratto con le sembianze di archistrategos, mentre stringe il labaro e indossa il loros; frontalmente, poche ed evanescenti tracce, forse San Gabriele. In controfacciata infine, sulla sinistra, una santa con il pane, probabilmente Santa Parasceve, sulla scorta di confronti effettuati con altre pitture bizantine.
Il rinnovamento continuo della decorazione pittorica, eseguito talvolta a poche decine di anni di distanza fra loro, via via aggiornato alle più nuove tendenze stilistiche e iconografiche, sottolinea il ruolo della chiesa come una sorta di paradigma, e insieme antologia, della pittura medievale in Terra d’Otranto.
Al pieno XII secolo, si situa un’ulteriore campagna decorativa che interessò le pareti della navata centrale, ove sono campite alcune immagini cristologiche. Colpisce il fatto che il susseguirsi delle scene superstiti, ovvero quattro scene appartenenti al ciclo della Passione, non rispetti la sequenza da destra verso sinistra, poiché le prime scene sono ubicate sulla parete sinistra della navata centrale, in senso antiorario, proseguendo sulla parete destra, e cioè La Crocefissione e Il Bacio di Giuda a sinistra, e poi probabilmente Le Pie donne al sepolcro, prima scena, poco leggibile, a destra cui segue una monumentale e scenografica Anastasis, di cui si intravedono a destra Salomone e Davide sotto una specie di tenda e, a sinistra, i progenitori. Gli spazi vuoti e le dimensioni delle scene superstiti fanno ipotizzare che il ciclo fosse articolato in dodici scene, il classico ciclo del dodekaorton.
In seguito ai recenti restauri, è ben chiaro come al ciclo cristologico bizantino si sia sovrapposto il celebre ciclo tardo svevo, che narra per immagini il martirio delle Sante Caterina e Margherita, particolarmente venerate in quest’epoca. Probabilmente nello stesso tempo in cui il frescante svevo dipingeva le storie di queste sante, un secondo artista si occupava della nuova decorazione dell’abside, sovrapponendo alle figure dei due santi bizantini poste a sinistra, un ulteriore strato, il terzo, cioè il grande pannello, ora staccato e posto sulla parete perimetrale della navata destra, in cui è raffigurata una Deisis, nella quale si colgono alcune varianti.
Sotto il profilo iconografico questa immagine rappresenta una summa di varianti alla Deisis tipo, dalla sostituzione del Battista con un altro santo, giovane e imberbe, forse Giovanni Evangelista, allo stesso Cristo, non in piedi bensì seduto in trono, e ancora all’inserimento di un quarto personaggio, una santa con una croce in mano, la cui presenza concorre a squilibrare l’originario ductus ternario della composizione. Evidentemente si tratta di una santa che godeva di particolare venerazione in questa chiesa.
Sulla navata destra, in prossimità dell’apertura che immette alla sacrestia, è posto il pannello pensile della Vergine con Bambino, un tempo sito sull’altare maggiore. Apparterrebbe alla serie pugliese di icone bizantineggianti non anteriori al tardo Trecento, ma la presenza di ridipinture rende non agevole la datazione che appare tuttavia probabile. La Vergine dona un fiore al Bambino, ma colpiscono gli occhi della Protagonista, pieni di malinconia e tristezza. In basso, a destra, il committente in atteggiamento orante.
L’affresco di Urbano V copriva un tempo quello di Santa Barbara ed è oggi pensile sulla navata destra. Il pontefice è assiso in torno, come mostra il piviale che, rialzato dai polsi, ricade ai lati e poi risale bruscamente per sovrapporsi alle ginocchia. Del trono non si vede che il baldacchino cuspidato, aperto da un arco decisamente acuto, a lobi intrecciati, di carattere tardo-gotico. Fra l’estradosso dell’arco e i pioventi della cuspide il pittore volle imitare un tessellato di tipo vagamente cosmatesco. L’identità del santo viene corroborata dalla presenza delle teste dei Santi Pietro e Paolo, su un vassoio.
Nel ‘500 la chiesa si arricchisce di nuove pitture. Un tempo posto nell’intradosso della prima arcata a destra e oggi ubicato come pannello pensile in controfacciata è l’affresco di San Bernardino da Siena, santo francescano la cui presenza è attestata a Nardò nel 1433.

800px-Casaranello3La chiesa ospita un altro piccolo dittico che oggi si trova sulla navata destra e datato precisamente al 1538. Si tratta dei Santi Eligio e Antonio Abate, raffigurati entrambi con la consueta iconografia, ovvero il primo con gli abiti vescovili e gli attrezzi da fabbro con animali “da ferrare”, mentre il secondo con abiti monacali mentre si appoggia al bastone “a tau”, con in basso un piccolo suino. Allo stesso ciclo appartiene il frammento del santo francescano posto in controfacciata, Sant’Antonio o San Francesco.
Un dipinto palinsesto del 1643 è inoltre visibile sulla navata sinistra, raffigurante una Madonna con Bambino, di chiara fattura popolare ma che ricorda il modello della Galaktotrophousa.

 

Links:
http://www.casaranello.it
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_della_Croce_(Casarano)
https://www.comune.casarano.le.it/casarano/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/12

VALGRANA (CN). Cappella dei Santi Bernardo e Mauro con immagine di s. Antonio abate.

Sulla strada che porta a Montemale si trova la Cappella dei santi Bernardo e Mauro affrescata dal pittore Pietro di Saluzzo.
A pianta quadrangolare, è preceduta da un portico seicentesco. L’edificio conserva affreschi quattrocenteschi.

La campagna decorativa, databile agli anni Settanta del XV secolo, è riconducibile a Pietro Pocapaglia da Saluzzo, pittore molto apprezzato in tutta l’area cuneese nel corso del Quattrocento e particolarmente attivo in Valle Grana.
La decorazione inizia sulla facciata, con l’Annunciazione nella parte alta e due grandi riquadri a lato: santa Caterina a destra e san Bernardo da Mentone, dedicatario della cappella a sinistra.
Nel sottarco d’ingresso un affresco san Sebastiano e sant’Antonio Abate.
Sulla parete di fondo, seduta su un ricco trono intagliato, è la Madonna con in braccio il Bambino, affiancata nuovamente da san Bernardo e san Giovanni Battista.
Particolarmente bella è la volta a costoloni, che ospita nelle quattro vele – raggruppati a due a due e seduti su sontuosi scranni – gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa; essi sono riconoscibili dalle iscrizioni in lettere gotiche dipinte sui leggii e si distinguono per atteggiamenti caratteristici e particolari curiosi, tipici nella produzione di questa bottega, come san Matteo che si è tolto un sandalo e porta alla bocca il pennino, san Marco che tempera la matita o Sant’Ambrogio con piccoli occhiali “pince-nez” calzati sul naso.

Per visitare l’interno della Cappella, chiedere le chiavi in Parrocchia tel. 017198198

 

Links:
https://www.chieseromaniche.it/Schede/582_SAN_BERNARDO_E_MAURO_VALGRANA.htm#home
http://www.comune.valgrana.cn.it
http://archeocarta.org/valgrana-cn-cappella-dei-santi-bernardo-e-mauro-e-chiesa-di-santa-maria-della-valle/

Rilevatore: Angela Crosta.

NIELLA TANARO (CN). Cappella di San Bernardo, con immagine di s. Antonio abate.

La cappella di San Bernardo, in frazione Poggio, dietro l’altare conserva un dipinto del XV secolo raffigurante la “Madonna col Bambino tra sant’Antonio Abate, san Gottardo vescovo e san Bernardo d’Aosta (o da Mentone)”.

Links:
http://comune.niellatanaro.cn.it
http://archeocarta.org/niella-tanaro-cn-cappelle-di-san-pantaleone-e-di-san-bernardo/
http://www.cappelledeltanaro.it/pubblicazioni.html

Data compilazione scheda: 20/05/2020

Nome rilevatore: Angela Crosta