PIETRACUPA (CB). Chiesa di Sant’Antonio abate e chiesa rupestre di S. Antonio abate

Chiesa ex parrocchiale.

Salita campanile  https://goo.gl/maps/xdC4hPssUatbm5e68

La costruzione dell’edificio ecclesiastico dovette incominciare nella seconda metà del secolo XVII in sostituzione, probabilmente, di un precedente edificio. La data di consacrazione è fatta risalire al 1726, anno in cui dovettero esser terminati tutti i lavori. Il portale d’ingresso risale al 1700. In quell’anno si dovette procedere alla definitiva costruzione della facciata.
La copertura interna è a capriate lignee. Esse risalgono al secolo XVIII.
L’ubicazione della chiesa è proprio a ridosso di una grande roccia, che ne ha condizionato la stessa costruzione, con la facciata posta a ridosso di un notevole salto di quota.
La facciata principale è a capanna caratterizzata da un unico portale d’ingresso, sovrastato da un timpano che contiene al suo interno un motivo geometrico. Si può accedere alla chiesa anche dall’ingresso laterale collocato sulla navata destra.
La chiesa è a tre navate divise tra loro da due ordini di due pilastri quadrati sorretti da archi a tutto sesto. Le navate laterali hanno dimensioni inferiori a quella centrale sia per altezza che per larghezza. Le pareti della chiesa, in parte costituite da roccia, sono interrotte da nicchie. L’abside risulta scavato nella roccia. Il soffitto presenta le capriate di legno con arcarecci e tavolato. Il pavimento è in cotto.

Una statua in legno e vetro di sant’Antonio abate della seconda metà dell’Ottocento che misura 134 x 58 x 47 cm, è opera della bottega dello scultore abruzzese Michele Falcucci (notizie 1858-1889). Il Santo è ritratto nell’iconografia e con gli attributi abituali: tau sul mantello, bastone, libro con sopra il fuoco, maiale ai piedi.

Link:

https://www.beweb.chiesacattolica.it/gebaude/gebaude/26929/Pietracupa+%28CB%29+%7C+Chiesa+di+Sant%27Antonio+Abate

https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/1400071894



Chiesa rupestre (Cripta)

Salita Piave, 13 https://goo.gl/maps/jBb5V5rHHcUVJaY69


Molto probabilmente, tra il VI e il VII secolo la grotta apparteneva a un cenobio, comunità di persone che, nell’incalzare delle invasioni, nell’assenza di ogni protezione, si rifugiavano in luoghi solitari implorando la clemenza di Dio. Poi, verso l’anno 1000, anche sulla cima della Morgia si costruì un castello a difesa della valle. I monaci cenobiti si trasferirono in un’abbazia nella contrada S. Pietro, e nella grotta più grande si stabilì un posto di guardia, mentre nel 1360 si costruiva per la popolazione una chiesa dedicata a S. Gregorio.
Quando questa fu distrutta da un terremoto nel dicembre 1456, è molto probabile che la grotta sia stata restituita alla sua funzione sacra: nel paese è stata ricordata come “la Chiesa vecchia” fino a qualche anno fa. Tale rimase fino a che la chiesa di San Gregorio non fu ricostruita circa cento anni dopo: nel 1575 è attestata di nuovo l’esistenza in Pietracupa della chiesa archipresbiteriale di S. Gregorio. La grotta fu quindi utilizzata come tribunale del barone e come prigione. Ancora oggi sono visibili segni dei sistemi giudiziari dell’epoca, come incatenamenti e tratti di corda.
L’ingresso che dava sulla piazza franò nel terremoto del 1805, e il vano fu chiuso da una finestra. Scavato un secondo ingresso, la grotta divenne abitazione, stalla, magazzino, discarica. Fu utilizzata dalla popolazione anche come riparo dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1977, su proposta del parroco don Orlando di Tella, il lavoro volontario dei pietracupesi la recuperò come chiesa. All’esterno rimane un portale sormontato da un arco e, sulla chiave di volta, il bassorilievo di un Cristo giudice rovinato dal tempo, con la scritta “salvador”.
Una macina di mulino divenne l’altare e su di esso fu sospeso un antico crocifisso senza braccia trovato nella grotta tra i rifiuti, volutamente non restaurato (“Le mie braccia siete voi”). Intorno all’altare le panche in cerchio rimandano ad un’intensa visione comunitaria. La chiesa infatti accoglie oltre alle cerimonie religiose anche attività sociali e culturali, e con la sua stupenda acustica è sede di concerti.
Vi sono conservati, e sono esposti e utilizzati nelle feste di Natale, un Bambino Gesù di legno d’olivo, a grandezza naturale, proveniente da Nazareth, assieme ad un calice ligneo, acquistato a Betlemme, ambedue benedetti da papa Giovanni Paolo II.

 

Link:
https://www.e-borghi.com/it/sc/2-castelli-chiese-monumenti-musei/campobasso-pietracupa/1050/chiesa-rupestre-di-sant’antonio-abate.html

TAVAGNACCO (Ud), fraz. Feletto Umberto. Chiesa di Sant’Antonio abate.

La chiesa di Sant’Antonio Abate è la parrocchiale di Feletto Umberto, fraz. di Tavagnacco, dove già nel XII secolo esistevano diversi oratori, dato che ogni borgata era dotata di una cappella[3].
Nel 1593 è attestata la presenza di una chiesa presso la quale sorgeva il camposanto; di tale edificio si conserva una descrizione, contenuta nella relazione della visita pastorale del 28 ottobre 1601 di monsignor Agostino Bruno.
Successivamente, il patriarca di Aquileia Giovanni Dolfin autorizzò gli abitanti del paese di ingrandire la chiesa.
All’inizio del XVIII secolo la vecchia chiesa non era più adatta a soddisfare le esigenze della popolazione e, così, si pensò di demolirla per farne sorgere al suo posto una più capiente; la concessione di radere al suolo l’edificio fu data il 3 giugno 1721.
L’attuale parrocchiale venne poi portata a termine nel 1751 e consacrata il 22 agosto di quello stesso anno dal patriarca di Aquileia Daniele Dolfin.
Nel 1935 il campanile, che sorgeva presso la canonica, dovette essere demolito per motivi di viabilità; quello nuovo fu solo progettato ma mai costruito a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Ad oggi le tre campane che si trovavano sul campanile (fuse da Giovanni Battista De Poli di Udine nel 1929) sono poste su un traliccio davanti alla facciata della chiesa.
Nel 1976 il terremoto del Friuli danneggiò la chiesa, che venne restaurata tra il 1984 e il 1986 su progetto dell’ingegnere udinese Giannantonio Gross.
La facciata della chiesa è tripartita da quattro lesene poggianti su degli alti basamenti e sorreggenti la trabeazione e il timpano di forma triangolare, all’interno del quale s’apre un oculo. Nell’intercolumnio centrale è presente il portale, caratterizzato da un timpano curvilineo, sopra il quale si apre una finestra rettangolare in cui è inserito un Crocifisso.
Ai lati della facciata vi sono due corpi dotati di una porta ciascuno che costituiscono, quello di sinistra, un corridoio che mena alla sagrestia, mentre quello di destra un ambiente di servizio.
L’interno dell’edificio, che si compone di un’unica navata sulla quale si aprono delle nicchie in cui sono ospitati gli altari laterali, è ritmato da delle lesene composite sorreggenti un cornicione; l’aula termina con il presbiterio, rialzato di tre gradini e a sua volta chiuso dall’abside di forma semicircolare.
L’opera di maggior pregio qui conservata è la pala raffigurante San Giuseppe e Sant’Ermacora mentre viene consacrato da San Pietro, eseguita nel XIX secolo da Giuseppe Ghedina.

Info:
P.za Libertà, 5, 33010 Feletto Umberto UD
Tel. 0432 570792

PIATEDA (SO), frazione Piateda Alta. Chiesa di Sant’Antonio abate

La chiesa sorge su un ampio terrazzamento a circa 700 metri di altitudine.
https://goo.gl/maps/1rcR9zzzVf7vrdHc8

Citata per la prima volta in un documento del 1385, nell‘anno 1589 ottenne l‘indipendenza dalla chiesa matrice di Tresivio.
Prima delle trasformazioni seicentesche, il campanile era più basso e la chiesa aveva una facciata a capanna con rosone centrale, un presbiterio chiuso da un alto cancello in ferro e una navata ampia quanto l’attuale, coperta da un soffitto ligneo e illuminata da strette finestre rettangolari. Inoltre, la facciata e il portale maggiore erano ben visibili poiché il collegamento con la casa parrocchiale fu costruito solo verso il 1737, mentre il campanile fu sopraelevato a fine Ottocento e poi ancora nel 1961.

Con l’ampliamento seicentesco alla navata unica centrale furono aggiunte quattro cappelle laterali. A destra dell’ingresso principale fu costruita quella di San Carlo Borromeo, dotata nel 1647 di un bell’altare ligneo dipinto e dorato e una tela raffigurante S. Carlo. A seguire la Cappella della Beata Vergine del Rosario con una pala della Madonna del Rosario col Bambino, San Domenico e una devota dipinta da Angelo Ligari (1801 – 1885), mentre le pareti e la volta mostrano medaglioni affrescati, replicati anche nella cappella di fronte (S. Orsola). Sul primo altare a sinistra vi è una tela con S. Orsola entro un’ancona lignea 1659 mentre nel secondo altare a sinistra è posta una statua della Madonna di fine fattura (XVII) e in una nicchia una statua lignea di S. Dorotea (XVI).
Una quinta cappella intitolata alla Madonna della Cintura fu infine ricavata sulla sinistra, in prossimità del presbiterio verso il 1908, anno al quale risale anche la costruzione della grande volta a botte della navata, affrescata da Luigi Tagliaferri .
Sono opere seicentesche anche il fonte battesimale (1618), il pulpito, la cantoria, il confessionale e gli altari laterali, salvo forse quello dell’Immacolata, che sembra successivo.

L’altar maggiore risale al 1760 e ad esso si accompagnano le due edicole laterali dove sono ora custodite le reliquie di Sant’Orsola, inviate a Piateda verso la fine del 1664. Sulla parete di fondo del presbiterio è invece appeso un dipinto firmato Giacomo Pedrazzi 1844.
La chiesa possiede anche due busti reliquiari in legno dipinto e dorato (XVII) e due altri a forma di cassetta finemente intagliati (1687 circa); una coppia di angeli ceroferari in legno policromato (XVIII), due croci astili, di cui una in metallo dorato (XVII) e l’altra in lamina d’argento (XVIII), un elegante ostensorio in ottone dorato (XVI-XVI) a forma di tempietto gotico (XVI) e tre calici, uno in ottone dorato (XV-XVI), il secondo (1540) e il terzo (XVIII) in argento. Sono pure pregevoli un turibolo in argento, una navicella, sei candelieri in lamina di rame argentato (XVIII), altri candelieri in ottone, tre lampade pendule (XVIII) e sei ceroferari in ferro battuto (XVIII).

Sul retro della chiesa c’è il quattrocentesco oratorio di San Giovanni Battista, che fu anche sede della Confraternita del Santissimo Sacramento. Il nucleo originario dell’oratorio, attualmente composto da due campate coperte da volte a crociera, è individuabile nella seconda campata, sulla cui parete di fondo è visibile un grande affresco cinquecentesco al quale era stata addossata una tela di notevoli dimensioni. Ciò accadde quando la cappella, che originariamente doveva essere aperta su tre lati verso cimiteriale, nel 1653 fu trasformata in sede della Confraternita In quell’occasione furono probabilmente murate le arcate e fu aggiunta sul davanti una campata con sottostante sepolcro. Accanto all’oratorio dei confratelli sorge un elegante ossario a tre arcate.

Link:
https://www.parrocchiapiateda.com/piatedaalta-ciat%C3%A8daolta

POSTALESIO (SO). Chiesa parrocchiale dei SS. Martino e Antonio abate

Via Rodello, 27
https://goo.gl/maps/XeCxmxk2NX9ecbEY7

Intorno al 1685-98 fu eretta la chiesa di Sant’Antonio (in seguito intitolata ai Santi Martino e Antonio), che sostituì l’antica parrocchia di San Martino (Scamozzi 1994). L’edificio fu consacrato nel 1780 (Visita Archinti 1614-1615, note) e completato nel 1784; il campanile fu eretto, invece, nel 1774, ed è stato recentemente restaurato.

La chiesa presenta una facciata a capanna divisa da due cornici, una nicchia vuota nel frontone e due nell’ordine superiore, in quello inferiore due riquadri ai lati del portale sormontato da una cornice elaborata con un tondo a rilievo con la figura di s. Antonio.

Nel 1775 il pittore luganese Giuseppe Antonio Torricelli (1710 – 1808), con il quadraturista ticinese Francesco Massalli (notizie 1761-1765), affrescò due Storie di S. Antonio nelle due pareti opposte del presbiterio della parrocchiale.
I riquadri misurano 540 x 400 cm.
1) Tentazioni di sant’Antonio abate

L’affresco, di forma ovale, è inserito entro una finta cornice con volute e decorazioni floreali. Centralmente, in primo piano, è raffigurato sant’Antonio inginocchiato con le braccia aperte e protese verso lo sperone di roccia con la nuvola su cui siede Gesù Cristo. Ai piedi del Santo, tra l’erba, è poggiato il crocifisso, il libro delle Sacre Scritture, una campanella e un teschio. Alle spalle del Santo, sulla destra del dipinto, tra anfratti rocciosi, sgorgano le fiamme rosse dell’inferno, verso cui discendono due diavoli.

2) Sant’Antonio abate e San Paolo eremita nutriti da un corvo.

L’affresco, di forma ovale, è inserito entro una finta cornice con volute e decorazioni floreali. Raffigura i due Santi all’interno di una piccola costruzione diroccata, inserita in un semplice paesaggio montano. Al di sopra un corvo offre un pane che regge nel becco. Sant’Antonio, in piedi, con le mani giunte in segno di preghiera, regge con il braccio sinistro il bastone e indossa una tunica rossa coperta da un mantello blu. San Paolo, invece, è seduto e coperto solamente da foglie.

 

Link:
http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/1i010-00150

https://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/1i010-00149/


Nella frazione Ca’ Moroni vi è un dipinto murale con a sinistra della Madonna, la figura di sant’Antonio abate.


Il nucleo di Ca’ Moroni è posto a mezza costa (m. 833) sul versante a monte di Postalesio, leggermente spostato verso est e distante circa 1h e 30 di cammino dal paese.

 

Immagine e info da:
http://www.paesidivaltellina.it/postalesio/camoroni.htm

Rilevatore: AC

MASCALUCÍA (CT). Tempio di Sant’Antonio abate

L’edificio sorge all’interno del cimitero comunale di Mascalucia, a sud del centro storico, in Via Etnea
https://goo.gl/maps/oK8SbwTk6L4wN65A9

 

L’architettura del Tempio risale a epoca anteriore alla venuta dei Saraceni nell’anno 827; esso in origine e per lungo tempo deve essere stato sotto la giurisdizione dei Benedettini, che per donazione di Tertullio, padre di San Placido, ricevettero immensi beni, tra cui molte terre nei dintorni di Catania.
La tradizione popolare vuole che il Tempio di Sant’Antonio sia stato in seguito anche sotto la giurisdizione dell’ordine Teutonico e poi, abolito questo, sotto quella dell’ordine dei cavalieri Gerosolimitani, detti poi anche di Malta. Sono state ritrovate monete col conio del Gran Maestro dell’Ordine.
Essendo unica chiesa tra le contrade etnee, fu parrocchia dei paesi limitrofi (San Giovanni Galermo, Gravina, Tremestieri e altri). Nel 1446, per elevare a Collegiata la chiesa parrocchiale di S. Maria dell’Elemosina di Catania, il Papa Eugenio IV associò varie parrocchie di pertinenza alla vasta Diocesi CCatanese, fra cui quella di S. Antonio abate di Mascalucía, chiamata allora San Nicola, alla quale ordinò di pagare annualmente alla Collegiata, unitamente con la parrocchia di Santa Maria dell’Itria di Catania, la somma di 42 fiorini.
Nel 1903 l’Amministrazione di Mascalucia ordinò dei restauri al monumento: la ricostruzione del tetto, sprofondato nel 1828 in seguito al terremoto del 1818, e il consolidamento delle mura.
Il tetto fu di nuovo rifatto nel 1967 ed anche parte del pavimento. Nel corso degli ultimi decenni sono stati eseguiti restauri non adeguati all’importanza storica-artistica dell’edificio.

A poco più di un metro di distanza dallo spigolo di sud-est della facciata principale del tempio, sorge la torre campanaria che si appoggia a questo con un arco di mattoni rossi; è una costruzione quadrangolare di pietra lavica lavorata a blocchi, priva di aperture, e di circa 2,5 x 1,6 m. Alla sua sommità, una campanella.

La facciata a capanna, in pietrame a vista, mostra la realizzazione in due epoche diverse: il portale e la finestra rotonda che lo sovrasta, di architettura arabo-normanna, sono innestate in una costruzione di più antica data. Come tutte le chiese del primitivo cristianesimo, l’ingresso principale guarda ad oriente. Il portale è a tutto sesto con pilastri di pietra lavica, arco di calcare e in rilievo sui pilastri due colonnine arabescate con capitelli adorni di foglie ben scolpite. Il rosone è formato da pietre rettangolari bianche e nere alternate e di semplice fattura.
Sul muro esterno di mezzogiorno è incastrata una porticina a sesto acuto alla quale fanno contrasto due finestre di forma circolare. Di queste finestre, in parte murate, una sola, è appena visibile; l’altra fu nascosta dalla sovra costruzione della cappella di Maria Vergine innalzata lì dentro dai cittadini di Mascalucia intorno al 1719. Nel muro di occidente vi era un’altra finestra uguale alle precedenti, ma anche questa fu otturata dall’edificazione di una cappella dedicata a S. Nicola di Bari.

All’interno, un grande arco gotico divide la navata da presbiterio che è più alto di un gradino.
La navata, fino al 1964, era attraversata per tutta la sua lunghezza da un gradino di pietra lavica nera e lucida, squadrato a mano, avente la stessa altezza (10 cm) del presbiterio. Questa striscia servì quale divisore dei due sessi nell’ascoltare le funzioni religiose. Il gradino, rimosso durante un “restauro”, fu sostituito da un divisore che non ha nessuna somiglianza con quello originale se non la medesima materia di cui è composto. Questo particolare fa risalire le origini del tempio ai primi secoli del Cristianesimo, quando le donne erano separate dagli uomini; inoltre le prime si servivano della porta laterale, gli altri della porta anteriore. Nella Chiesa primitiva, nelle basiliche a tre navate, gli uomini stavano dalla parte dell’Evangelo, le donne da quello dell’Epistola e il clero nel mezzo. Quando però la navata era una sola, come nel Tempio di Sant’Antonio abate, allora un semplice rialzo serviva alla distinzione dei sessi, caratteristica che non fu più adottata dopo l’avvento dei Normanni.
Il pavimento, in piastrelle di terracotta di gusto siciliano, è valorizzato da lapidi in marmo bianco, ognuna con epigrafi ad alto valore morale.
All’interno della Chiesa, al centro della parete di fondo della tribuna, s’inarca una piccola abside in cui è collocato un altare. Nell’abside, simile ad una nicchia, si possono notare degli affreschi non ben decifrabili e delle cornucopie.


Link:

https://www.comunemascalucia.it/index.php/luoghi-di-culto/62-tempio-di-sant-antonio-abate.html

https://mascaluciadoc.org/tempio-di-santantonio-abate-al-cimitero/